Padri

Mamma Rai pensa anche al papà. Il babbo, poco (e spesso male) raccontato dal cinema e della televisione, si è preso una rivincita in Padri, film tv in due puntate trasmesso da Raiuno e prodotto da Claudia Mori, moglie di Adriano Celentano. I protagonisti sono cinque amici quarantenni che non si frequentano dai tempi in cui formavano un complesso musicale abbastanza noto negli anni Settanta. Si ritrovano ad anni di distanza e le loro vite, così cambiate, tornano ad intrecciarsi. In comune adesso hanno la passione per la musica, ma soprattutto una paternità difficile, naturale o spirituale. Uno di essi, Giulio (interpretato da Enzo De Caro), è un prete e gestisce una comunità che accoglie ragazzi in difficoltà. L’attore napoletano della Smorfia aveva già interpretato questo ruolo in tv. E in effetti quello del sacerdote impegnato nel sociale è ormai quasi uno stereotipo. Un vizio, quello del già visto, che contamina anche altri personaggi di questa fiction diretta da Riccardo Donna. C’è il padre che sta sempre al lavoro e insidia la segretaria e quello che fa un lavoro frustrante e ha una moglie insopportabile; quello che ha figli da più matrimoni e quello che deve cercare d’essere papà per la figlia della sua nuova compagna. Sono figure già utilizzate in molti altri film, spezzoni di pellicole già note che però, riunite nel collage originale di Padri, hanno un loro valore. Il film mantiene dignità e leggerezza, evita i vicoli ciechi della trasgressione, ed è capace di suscitare dibattiti in famiglia. Le vicende vissute dai protagonisti sono infatti verosimili ed è molto facile identificarsi nei casi di questi padri tutti un po’”sbagliati”. Un’immedesimazione che può essere un utile esercizio per capire cosa significhi essere padre oggi, e quanto sia importante incentivare il dialogo con i propri figli. Max e Tux Solenghi e Lopez non hanno sbagliato candeggio. Max e Tux, sono candidi e non fanno “strapp”, come la camicia bianca dello spot. Fare comicità “pulita” di questi tempi è un’impresa quasi impossibile, e bisogna dare atto ai due terzi del vecchio trio di aver provato a far ridere imitando Mister Bean e Benny Hill, senza però cadere nei trappoloni della scurrilità. Il problema è però proprio questo: la striscia quotidiana non fa ridere. Suscita sorrisi di circostanza per gag antidiluviane e soprattutto imbarazza per la filosofia che sembra stare alla base. Dopo il tiggì l’Italia deve distrarsi, vuol ridere e non pensare. E se di lì c’è il Gabibbo, di qui deve esserci il remake fuori tempo massimo di Stanlio e Ollio. Peccato che fino a due mesi fa al posto di Max e Tux ci fosse Enzo Biagi. Certo non faceva ridere. Ma al di là delle valutazioni politiche, il giornalista bolognese assicurava qualità e sostanza, e mandava gli italiani a letto con un’idea più precisa di quel che accadeva nel mondo. Anche un giornale come Libero lo ha urlato nei giorni scorsi: Aridateci Biagi. Sottoscriviamo.

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