Ogm sulla graticola

A proposito dell’articolo “Quale mais?” di Aurora Nicosia e Vito Bianco pubblicato sul n. 8/2010.
Mais

Contrarietà «Per l’introduzione delle piante geneticamente modificate (pgm) e soprattutto per i microrganismi gm sono alquanto scettico, se non nettamente contrario. Se trattasi di una pianta od animale gm, in genere è visibile e si potrebbe controllare o eliminare. Ma se trattasi di batteri o virus, chi li vede? E se sfuggono, chi li controlla? Non abbiamo già delle esperienze in tal senso?

«Dal punto di vista etico-legale, è da considerare che i geni non sono creati dagli “ingegneri genetici” ma attinti da un “organismo sorgente” per introdurli in un “organismo ospite” costituito da migliaia di geni e sarebbe come avere il copyright della sinfonia di Beethoven cambiando una sola nota.

«Chi propone le piante gm lo fa per l’interesse dell’umanità o per il proprio? Dalla letteratura emerge alquanto chiaramente che alcune aziende sono interessate non tanto alla fame del mondo o dei poveri quanto a percepire le percentualisui brevettiche possiedono dei prodotti transgenici.

 

«Nei Paesi del Sud del mondo, alcune specie e varietà sono coltivate e selezionate da millenni. Un’azienda può prendere dei semi, brevettarli e poi imporre a tutti gli agricoltori di acquistare la semente da detta impresa. Questa si chiama biopirateria. Nel 2001 si contavano 132 atti di biopirateria riguardante specie vegetali originarie dei Paesi in via di sviluppo di cui 68 tipi di mais, 17 di patata, 25 di soia e 22 di grano. Da allora si è aperta una vera e propria corsa all’oro genetico.

«Altro fenomeno legato ai semi gm pare essere la miseria del contadino – e di conseguenza l’elevato numero di suicidi avvenuto nelle campagne indiane (17.513 suicidi in media all’anno nel quinquennio 2002-2006) – e la perdita della biodiversità (in India prima della “rivoluzione verde” c’erano 200 mila varietà di riso)».

Fedele Casulli

 

Giustizia sociale «Sulla questione Ogm, non posso che constatare un non facile equilibrio nel vostro articolo. La mia opinione al riguardo è necessariamente schierata (è un tema su cui difficilmente si è indifferenti): sono espressamente contro, per ragioni di giustizia sociale prima ancora che di rischio per la salute.

«Per quest’ultimo, mi augurerei che non ci siano effetti perversi sull’organismo, ma quali probabilità abbiamo di essere ottimisti? Chi ci dà garanzie? Riguardo alla questione di questi giorni, apprezzo molto la posizione dell’ex ministro Zaia e delle regioni; meno quella del governo italiano negli anni, che ha abbastanza tentennato, concedendo con un po’ di ritrosia lo smercio in Italia di varietà di altre sementi e ortaggi: non c’è stato un ‘no’ secco e senza equivoci. Perché io sono contro? Perché dai frutti si vede la pianta».

Alberto Luciano

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