NYsferatu alla Festa di Roma

Nella sezione “Eventi Speciali” della Festa del Cinema di Roma 2017, figura anche il film di animazione NYsferatu, dell’artista multimediale Andrea Mastrovito, nato a Bergamo ma residente a New York. Il suo film rielabora il Nosferatu di Murnau (del 1922) trasferendone i personaggi nella “grande mela” di oggi, per una riflessione sulla complessità del nostro presente.

 

Incontrando il regista, la prima domanda è stata su com’è nata l’idea di riadattare il capolavoro originale?

Da tempo volevo provare a spingere il gesto del disegno oltre il limite della semplice animazione d’arte, volevo dar vita a un film. Nosferatu di Murnau si adattava perfettamente, essendo un film realizzato a camera fissa (cosa che ha permesso di disegnare i personaggi separatamente dagli sfondi, risparmiando anni di lavoro), per il suo taglio espressionista che riflette appieno la natura del mio segno (che affonda le sue radici nella grafica di Goya, Munch e Kentridge); per la mia passione per i vampiri e per l’idea stessa di “vampirizzare” Nosferatu cosi’ come Murnau aveva vampirizzato il libro di Stoker. E poi per la storia, che si adatta perfettamente alla situazione storica attuale.

Il sottotitolo del film è “Simphony of a century”, perché?

Perché NYsferatu cerca di raccontare, nelle sue dinamiche, nelle azioni dei personaggi, negli indizi sparsi in tutti gli sfondi e nelle location, la non-storia del nostro secolo.

Nel film usi in modo originale il tempo: un continuo scambio tra passato e presente, le migrazioni di inizio Novecento e quelle di oggi…

Mi sono preso la licenza poetica di fregarmene del tempo canonico. E comunque a ben guardare New York stessa, città in cui si sviluppa il film, è un posto fuori dal tempo, un luogo in cui il modernissimo convive con l’antico: non è improbabile incontrare carretti spinti a mano passare nel financial district, o calessi e cavalli davanti all’Apple store di Central Park. Anche le stesse migrazioni, nel corso dei millenni, si assomigliano tutte: ancora oggi la gente fugge in barconi o a piedi, coi propri averi in mano, proprio come Nosferatu.

Nel tuo film rimangono i personaggi dell’originale, ma sembrano rappresentare qualcosa di più ampio rispetto a quelli di Murnau. Di più politico?

Più che a livello politico, i personaggi diventano metafore delle pulsioni/sentimenti stessi dell’uomo. Sono gli sfondi, su cui scorrono le azioni, a rivelare la simbologia del film: Ellen è metafora della libertà; Hutter è il prototipo del non-pensiero, dell’azione incoerente che antepone la corsa al pensiero e lascia che l’ignoranza alimenti la paura. Orlok, tra le altre cose, simboleggia la melancolia…

Che città è la New York di NYsferatu?

La mia New York, quella che amo e odio al contempo, come fosse un vampiro che si nutre della tua vita, ma al quale non puoi resistere…

Il film parla di migrazioni, guerra e di terrorismo, ma anche della confusione che regna circa il rapporto tra questi temi. Nel pressbook del film c’è scritto che tale confusione è alimentata “dalle semplificazioni strumentali da parte del connubio tra media e politica”. In che modo NYsferatu si relaziona con questa semplificazione della realtà?

NYsferatu è un film in bianco e nero, ma potremmo definirlo un film grigio in cui il bianco e il nero si mischiano continuamente, scambiandosi di posto, creando confusione, e quell’impossibilità di credere e di giudicare che rappresenta il vero dramma del nostro secolo, dove tutto e il contrario di tutto sono validi. L’idea stessa del politicamente corretto è il mostro grigio che mangia il nostro tempo: NYsferatu non è un film buonista o che prende le difese di una parte o dell’altra. Nel film tutti hanno la loro parte di responsabilità e di colpa.

Il tuo Orlok è un personaggio complesso che parla lingue diverse..

Orlok è il cuore grigio di questo film, né buono né cattivo, semplicemente in cerca della libertà come risposta all’assurdità del vivere. Che poi questa assurdità dipenda dalla sua condizione di non-morto o dalla guerra totale che lo circonda, sta allo spettatore deciderlo. Orlok parla molte lingue perché è il frutto dei workshop con le varie comunità di migranti newyorkesi che hanno partecipato alla stesura della sceneggiatura. Parla le loro lingue: ucraino, cinese, spagnolo e arabo. È il simbolo dello straniero per eccellenza, cittadino del mondo e quindi di nessun posto.

La prima immagine di NYsferatu è la statua della libertà; la casa del vampiro ricorda la stessa statua; Hutter usa un lenzuolo sul quale è scritto “libertà o morte”. Libertà è una parola chiave per interpretare il tuo film?

Certo! L’intero film è una grande, incompiuta ricerca della libertà, come la intendeva Camus, non in senso romantico.

Nel film è citata la Dichiarazione d’Indipendenza americana: parole meravigliose come diritto, libertà e felicità; ma il film mostra grandi contraddizioni. Sta in queste il tema del tuo film?

Sì! Le continue contraddizioni nel film rispecchiano quelle della nostra società, di cui New York diventa simbolo. E poi la Dichiarazione d’Indipendenza è il libro che la Statua della Libertà ha in mano.

In un film muto come il tuo, le musiche sono fondamentali. Come hai scelto i brani da unire al tuo tratto in bianco e nero?

Mi sono affidato (con qualche mio riferimento all’heavy metal) a un compositore straordinario come Simone Giuliani e alla voce incredibile di Bisan Toron. Lei dà voce alla libertà, e difatti il suo canto, pur dolcissimo, è spesso un lamento, un grido d’aiuto.

Ci sono stati film di animazione a cui ti sei ispirato per NYsferatu?

Ho studiato a lungo Biancaneve al museo di San Francisco, prima di mettermi al lavoro su NYsferatu. Riguardo al cinema d’animazione, pur riconoscendo la straordinarietà di molti autori, rimango piuttosto distaccato. Se devo trovare una fonte d’ispirazione fondamentale per NYsferatu, non posso che citare William Kentridge e le sue animazioni. Lui è una sorta di Picasso contemporaneo, che ha saputo rinnovare completamente il linguaggio dell’incisione, del disegno e dell’animazione.

Il film finisce con una citazione dell’Antico Testamento, dal Levitico (Cap. 16) dove si parla del capro espiatorio…

Quell’aggiunta finale, dopo la parola “The End”, invita lo spettatore a rivalutare ciò che ha visto. Le azioni dei personaggi difatti contraddicono quanto appare sugli sfondi e nelle didascalie, e questo contrasto può non apparire del tutto evidente a una prima visione. Per questo il film va visto almeno un paio di volte, tenendo in mente proprio quell’ultimo frame. Fortuna che alla Festa del Cinema il film viene proiettato tre volte in due giorni!

 

Oggi 3 novembre nella sezione Eventi Speciali NYsferatu: Symphony of a Century, il film d’animazione dell’artista Andrea Mastrovito

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