Nucleare sì, nucleare no

La questione del nucleare impone importanti riflessioni. Articolo pubblicato sul numero di Settembre di Città Nuova
Nucleare

In seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, si è imposta drammaticamente la questione energetica a seguito della decisione europea di affrancarsi dalla dipendenza da Mosca (nel 2021 l’Ue era dipendente dalla Russia per il 61% degli idrocarburi utilizzati). Bruxelles, però, in questa situazione di crisi ha approntato anche un piano per una transizione ecologica, fondato sulle fonti rinnovabili di energia (solare, eolica, idrica, ecc.) puntando a raggiungere il 45% entro il 2030, inserendo però in questo piano anche le centrali a gas e quelle nucleari, con una votazione ad hoc del 6 luglio scorso e sollevando un acceso dibattito in seno al Parlamento europeo.
Se le centrali a gas in realtà rimangono pienamente nell’ambito del consumo di combustibili fossili (come anche il petrolio), il discorso per le centrali nucleari è differente. Attualmente nel mondo vi sono 440 centrali dislocate in 32 Paesi, che producono circa il 10% dell’energia mondiale. Per costruire una nuova centrale gli esperti parlano di 10 anni ed altrettanti dovrebbero servire per sperimentare quelle di quarta generazione, più sicure e ad impatto ridotto. Pertanto tra il periodo di sperimentazione e quello di realizzazione correrebbero almeno tra i 15 e i 20 anni, senza peraltro saperne i costi finali (elemento non secondario). A livello di impatto ambientale vi sarebbero non solo le questioni connesse all’estrazione, alla purificazione e all’arricchimento dei materiali fissili attraverso un uso abbondante di acqua e sostanze chimiche, ma anche quelle legate allo smaltimento delle scorie radioattive. Queste ultime hanno tempi differenziati e necessitano di siti sicuri, che non abbiano eventuali conseguenze ambientali (ad esempio, inquinamento di falde idriche sotterranee). In caso di incidente poi, il fallout radioattivo con gli elementi più pesanti (uranio, plutonio ecc.) si concentrerebbe nelle zone limitrofe, mentre quello con gli elementi più leggeri si distribuirebbe su zone molto più vaste, anche a centinaia di km (vedi Chernobyl con contaminazione plurimillenaria), e con tempi di dimezzamento assai diversi: dagli 8 giorni per lo iodio131 ai 4,5 miliardi di anni per l’uranio238!
Rimangono altre due importanti questioni connesse alla sicurezza delle centrali nucleari (obiettivi strategicamente sensibili in caso di conflitto, vedi il caso della centrale di Zaporižžja in Ucraina) e all’oligopolio produttivo, a fronte della vasta dispersione sul territorio degli impianti delle energie rinnovabili, che possono essere installati sui tetti di una miriade di edifici o in zone rurali o marine. Insomma, sarebbe il caso di riflettere bene su scelte che coinvolgono l’intera umanità.

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