Nonni protagonisti della rivoluzione della tenerezza

In un mondo troppo spesso caratterizzato dalla «cultura dello scarto», è ancora possibile guardare al futuro con speranza? La longevità è una ricchezza o è un tempo della vita in cui non si ha più nulla da donare?
Nonna E Nonno Che Tengono Bambino In Grembo. Licenza: Pexels-Pixabay

Alla vigilia della Giornata Mondiale dei nonni e degli anziani, papa Francesco ricorda a tutti che la vecchiaia non è il tempo della rassegnazione, il momento di «tirare i remi in barca», ma è il dono di una lunga vita, è ancora l’occasione di portare frutti, di custodire la vita, di essere una benedizione per gli altri. È importante, allora, farsi prossimi alla famiglia, ai figli, ai nipoti, a chi ha bisogno di aiuto, perché «la felicità è un pane che si mangia tutti insieme».

«Sono la nonna di una nipotina, Rita, di cinque anni. Sia per me che per mio marito è la nostra “cura ricostituente”», racconta Giovanna. «Ci rende di buon umore e ci dà tanta gioia. Noi la trattiamo con tanta tenerezza, facendole capire con dolcezza quando, qualche volta, sbaglia. Spesso diventiamo “bambini” e ci divertiamo ad assecondarla ed a giocare con lei». Come i santi Gioacchino e Anna, nonni di Gesù, papa Francesco invita tutti i nonni a diventare artefici della «rivoluzione della tenerezza, una rivoluzione spirituale e disarmata» di cui il mondo oggi ha molto bisogno.

«Nella vecchiaia daranno ancora frutti (Sal 92,15)» è il tema della Giornata Mondiale. «I nonni sono persone che non solo danno ancora frutti, ma danno i loro frutti migliori proprio negli anni della loro vecchiaia perché vivono profondamente quella che papa Francesco chiama “la rivoluzione della tenerezza”», racconta Angelo, nonno di Cecilia e Nicolò. «Nel corso della vita si è presi da tanti problemi: costruire una famiglia, lavo­rare per garantire il benessere e la tranquillità ai propri cari, testimoniare le proprie idee… Quando hai un nipote, tutto passa in secondo piano, perche ti cambia la vita, soprattutto oggi che i genitori spesso lavorano e i nonni sono coinvolti in prima persona. A un nipote vuoi un bene senza limiti, diverso da quello provato verso un fi­glio, più profondo, più dolce. È una scelta di amore verso le nuove generazioni, una speranza nel futuro, il desiderio di una società più umana e vivibile. Nello stesso tempo, è un modo di continuare la nostra vita in loro. Una nipotina ha detto a suo nonno: «Nonno, quando tu andrai in Cielo, io non ti dimenticherò mai…». Finché ci sarà un nipote, i nonni continueranno a vivere.

I nonni sono capaci di un amore generoso e disinteressato, sono «maestri» nel prendersi cura degli altri, sempre attenti alle necessità di tutti, soprattutto di chi è più debole. Emma, che oggi è nonna, ricorda un episodio della sua infanzia: «Quando mio fratello di pochi anni cadde in campagna in un pozzo, nostra nonna, che non sapeva nuotare, si buttò dentro a salvarlo. In realtà, poi, dovettero tuffarsi altri per salvarli entrambi».

Ora che ha tanti nipoti, è impegnata a tempo pieno: «Per aiutare i figli che, con i rispettivi consorti lavorano l’intera giornata, abbiamo a che fare con cinque nipoti di età diverse e, quando erano più piccoli, nelle stesse ore passavamo dal sentire le tabelline alla sorveglianza della culla. Ora sono grandi ed i nostri impegni sono diretti agli studi più complessi, all’ansia per le uscite autonome, al pensiero per il loro futuro. Si ricorderanno i nipoti di noi? Chi lo sa… Per ora sono molto affettuosi ed i grandi si prendono cura di noi per quanto nelle loro possibilità, soprattutto il nipote più grande, Daniele. Ora che siamo anziani e lui ha 23 anni vive con noi e ci accompagna in auto ogni volta che ne abbiamo bisogno».

Generazioni in dialogo, che si passano il testimone, che condividono il tesoro della vita, capaci, insieme, di sognare il futuro. «Di mia nonna paterna ricordo tutto, ho vissuto con lei dalla nascita fino ai dieci anni – continua Emma -. Ero la sua unica nipote e mi ha seguita sempre fino alla morte, affidandomi anche tutti i ricordi dei figli morti prematuramente e del marito. Mi ha seguito durante la mia crescita ed i miei studi, era un’ottima pianista, diplomata al Conservatorio di S. Cecilia e mi ha fatto appassionare allo studio del pianoforte. Di lei ho un bellissimo ricordo ed ho seguito con tanto amore ed anche sacrifici i miei nipoti perché vorrei che anche loro avessero questo ricordo di me».

__

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons