Non postare le foto dei propri figli online

Antonello Soro, Garante della Privacy, tira le somme del 2016 in tema di privacy sottolineando i punti che rappresentano oggi una sfida in questo ambito che diventa sempre più centrale nella nostra vita. Tra i tanti citati anche quello della pedopornografia, che dilaga con l'involontario contributo di genitori incauti

Quello relativo alla condivisione delle foto dei minori è forse uno dei temi più controversi che riguarda il nostro modo di abitare l’ambiente digitale. Antonello Soro, Garante della Privacy lancia un monito: secondo i dati, infatti, sono 2 milioni le immagini di minori censite sul Web nel 2016: tonnellate di file che ritraggono bambini e neonati che girano indisturbate su Internet e la cui fonte principale di “approvvigionamento” sono, manco a dirlo, i social network.

Cosa è il deep o dark web

Dove finisce tutto questo materiale? In Internet esiste un sottobosco dove l’illegalità la fa da padrona. Il “deep web” è una vera e propria Rete parallela, raggiungibile con una connessione “anonimizzata”. Quando noi solitamente ci colleghiamo ad Internet comunichiamo un indirizzo che ci identifica. Per raggiungere questa “terra di nessuno digitale”, grazie a particolari programmi facilmente usufruibili da chiunque, si utilizzano connessioni che non lasciano nessuna traccia. In questo sottobosco è proliferato un mercato nero dove si può acquistare di tutto: dai documenti rubati ai certificati falsi, fino ovviamente a prodotti molto più pericolosi come armi, esplosivi e droghe di ogni genere. Molto florido e richiesto è anche il mercato di materiale pedopornografico e dell’autolesionismo.

Diventa facile intuire che è questo il buco nero dentro a cui possono finire le immagini che postiamo sui social network, che per noi adulti rappresentano immagini d’amore familiare e orgoglio, e che invece per un pedofilo possono costituire un bottino prezioso. La polizia australiana, passando in rassegna milioni di scatti pedopornografici sequestrati, ha riscontrato che le immagini, nel 50% dei casi, immortalavano bambini intenti a svolgere normalissime attività quotidiane come nuotare, fare sport, giocare al parco, probabilmente rubate da Facebook o, in misura minore, da Instagram.

Immagini che poi, grazie alla facilità di utilizzo dei programmi di grafica, possono essere facilmente manipolate e trasformate da foto innocente a filmati hard. Oltretutto, se le foto sono geolocalizzate, per un pedofilo che voglia spingersi un po’ oltre diventa molto semplice sapere dove farsi trovare.

Perché non condividere foto di minori?

Il Web, ed in particolar modo i social network ci sembrano degli ambienti così naturali che a volte non ci fanno percepire i pericoli, che pure ci sono. Dobbiamo imparare invece a tener conto che, se da una parte l’ambiente digitale sicuramente ci offre tante opportunità, dall’altra parte rappresenta una grossa sfida e diventa così difficile da una parte non farsi prendere dall’allarmismo ingiustificato, ma anche imparare ad abitarlo con una certa coscienza.

La questione “postare le foto dei propri figli online” racchiude diverse questioni, non solo quella legata alla pedopornografia. Forse non abbiamo mai pensato che postando continuamente foto e contenuti relativi ai nostri figli stiamo, senza volerlo, contribuendo alla costruzione della loro identità digitale, senza il loro permesso. Siamo sicuri che raggiunta una certa età siano felici di sapere che nella loro identità digitale è presente quel video – disponibile a tutti – dove si incespicano ripetendo una poesia a memoria? Non è forse più giusto lasciare che siano loro stessi a costruirsi la propria immagine digitale, accompagnandoli, quando lo riterranno opportuno? Il Codice della Privacy stesso che tutela l’immagine quale dato personale qualora consenta di identificare la persona ritratta, disponendo che il suo trattamento sia possibile solo previo consenso espresso da parte del soggetto ritratto, a meno che non ricorra una delle ipotesi di esenzione in presenza delle quali è possibile effettuare il trattamento dei dati anche senza autorizzazione (come nel caso in cui la pubblicazione dell’immagine avvenga nell’esercizio del diritto di cronaca e libertà di espressione).

C’è un altro aspetto che non consideriamo: come si evolvono le piattaforme social. Come ribadito più volte, la gallina dalle uova d’oro siamo noi e i nostri dati. Da tempo Facebook sta affinando il riconoscimento delle immagini, anche per migliorare la nostra profilazione: già adesso è in grado di riconoscere e descrivere con molta precisione cosa c’è all’interno di una foto e quando carichiamo un’immagine a volte può succedere che ci suggerisca un possibile tag riconoscendo i volti. Quali implicazioni potrebbe avere un’evoluzione della piattaforma che renda Facebook capace di profilarci connettendo le nostre foto da bambini, giovani e adulti?

Foto e minori, quali buone pratiche?

Ok, quindi non postiamo più niente? Come sempre possono esserci delle vie di mezzo. Prima di vedere alcuni consigli, due cose importanti da avere sempre presenti:

  • tutto ciò che condividiamo su Internet e sui social network esce dal nostro controllo, per sempre, e non sappiamo in quali mani potrà arrivare
  • impostare i parametri di privacy non basta: attraverso pochi gesti è possibile fare uno screenshot (fotografia istantanea) della pagina o della schermata che vediamo e ri-condividerlo con terzi

Ecco allora alcuni consigli per provare a vivere in modo consapevole la condivisione delle foto dei minori:

  • non postare foto che contengano primi piani ma solo alcuni dettagli (le manine, i piedini, etc) oppure postare foto che ritraggono di schiena
  • non citare il nome per esteso, eventualmente creare uno pseudonimo
  • non geolocalizzare, evitare riferimenti alla scuola e luoghi frequentati
  • quando postate una foto provare a pensare: “se domani succedesse una tragedia e questa foto fosse su tutti i giornali e siti internet?” (perché tanto ormai dai nostri profili social si va a pescare in questi casi)

Ultimo consiglio: non utilizzare le foto dei nostri figli come immagine di profilo su WhatsApp. A meno di non aver successivamente impostato la privacy in diverso modo (Impostazioni à Privacy à Immagine del profilo à I miei contatti o Nessuno), infatti, di default questa immagine è visibile a chiunque abbia registrato il nostro numero in rubrica, anche se noi non lo abbiamo viceversa nella nostra. Dovrebbe essere semplice immaginare che qualche malintenzionato potrebbe, volendo, incominciare a salvare numeri a caso con lo scopo di prelevare le immagini dai nostri profili.

 

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