Non di solo euro

È un dato di fatto: l’Unione europea è poco conosciuta e, spesso, poco amata. Al di là di un certo euroentusiasmo diffuso in alcuni paesi membri dell’Ue, “non ci si innamora di un mercato comune”, come suggerisce Jacques Delors, l’uomo politico francese che per dieci anni ha guidato la Commissione europea permettendo grandi avanzate nella costruzione dell’Europa comunitaria. È facile criticare in modo superficiale e demagogico l’Unione europea, ad esempio per la sua burocrazia che si dipinge – e non è vero – “omniinvadente” e sovrabbondante. Molto più difficile è criticarla, mettere in luce le sue esitazioni e debolezze, perché la si conosce in profondità e perché – mi si passi la parola – la si ama. Quest’azione critica – nel senso etimologico, di passare al vaglio ciò che è alla luce di ciò che dovrebbe essere -, costruttiva e propositiva, mi pare il filo d’oro del volume di quello che appare più come un filosofo politico prestato alla diplomazia che un diplomatico, come in effetti è Pasquale Ferrara. Che conosce l’Europa come pochi altri in Italia, per essersi occupato per vari anni delle “questioni istituzionali” – paragonabili a ciò che il sistema operativo è per il nostro computer – alla rappresentanza italiana presso l’Ue. E che, avendone penetrato i molteplici aspetti, ha imparato ad amare l’Europa, questo modellino – ci ricorda l’autore – unico al mondo di “unità nella diversità” in cui si compaginano la più stretta coesione fra stati sovrani che si conosca e il rispetto della più grande molteplicità, di lingue, tradizioni, sistemi sociali… Ferrara mette a nudo i limiti del pensiero lib-lib (liberale in politica e liberista in economia) che si è affermato come filosofia materiale dell’integrazione europea, e lo squilibrio che si è venuto a creare nel corso della storia, tra l’economicismo, oggi onnipresente ed in qualche modo onnipotente nella costruzione europea, e la finalità, non solo economica, ma sociale e politica, dell’Ue. E ci ricorda una cosa fondamentale: all’inizio non era così. L’Europa non è nata (solo) perché i suoi cittadini fossero più ricchi e le sue imprese più prospere. È nata da un atto di coraggio storico a tutt’oggi unico: per porre fine a conflitti che avevano insanguinato il continente per secoli, col mettere in comune parte della sovranità statale, proprio negli aspetti essenziali (che allora erano il carbone e l’acciaio). Non di solo euro non è però un richiamo alla memoria, tutt’altro. È una chiamata all’azione, ad un’iniezione di impegno etico, di visione, di intelligenza, anche nell’Europa di oggi. Senza questa dimensione, il rischio è reale di ridurre tutto ad un insieme di regole tecniche, senza anima e senza futuro. Mentre l’Europa ha bisogno di una nuova presa di coscienza: il primo atto fondatore dell’avventura europea, la Dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950, è stata definita dallo stesso statista francese, ai giornalisti un po’ allibiti che chiedevano delucidazioni, un “salto nel buio”. Oggi ogni passo è calcolato, alla luce di ogni minima ricaduta che potrebbe avere sui sacrosanti interessi nazionali. La logica, non dico del salto del buio, ma nella penombra governabile, è bandita. Eppure, la visione dei fondatori dell’Europa unita, non a caso tutti impregnati dell’etica cristiana, è necessaria ancor oggi. Quest’etica, ci ricorda Ferrara, deve portarci a vedere nell’altro un fratello. Nel ’50 “l’altro” era – per i francesi – l’arcinemico tedesco. Oggi sono i popoli dell’Europa centrale e orientale che, dopo la parentesi comunista, ritrovano la comune storia europea. Sono i popoli dell’Africa, del Medio oriente… L’Unione europea è già oggi il più grande donatore ai paesi in via di sviluppo. Ma non ha voce in politica estera. L’etica della fraternità, vissuta dai cittadini e dei governanti, può aprire nuovi scenari. Descritti nella seconda parte del libro di Ferrara, che disegna l’Europa quale potrebbe essere se sapremo far nostri e mettere in pratica ideali all’altezza di quelli che hanno dato vita all’esperimento europeo. Non gli stessi, perché le sfide sono nuove e in parte ignote, ma dello stesso livello di impegno morale. Questo l’ambizioso richiamo lungo cui si snoda questo libro difficile e denso, ma necessario per essere cittadini (e politici) più coscienti, più consapevoli di ciò che l’Europa è e può offrire al mondo, e più “amanti” del progetto europeo. Se sapremo esserlo, l’Unione europea – indipendentemente dalla forma istituzionale e politica che potrà assumere – non sarà più solo unione, ma “comunione”: più giusta e solidale al suo interno, più aperta al mondo, più forte nel ruolo che può e deve svolgere sulla scena internazionale. Il perché di un libro “Un libro ricco di informazione e di quella che chiamerei “aggressività culturale”. “Al di là dell’euro”, in Ferrara, non è una generica e retorica esortazione a farsi carico dei valori umani che ci uniscono in Europa, ma è una ricognizione, punto per punto, della insufficienza di un impianto che, partito sulla base di grandi ideali dei padri fondatori, e ripiegato poi sulla costruzione di una comunità economica, ha finito per trovarsi sbilanciato, perché il processo di integrazione attivava, in ogni caso, qualche cosa che andava al di là della dimensione economica. È vero che la politica economica potrebbe anche includere già un impegno per la coesione sociale, ma ha dovuto, a più riprese, cedere Ferrara è di una severità unica nel dire che abbiamo asservito la cultura al mercato, che abbiamo abbandonato la coesione sociale alla retorica di documenti senza effetto, ma lo fa in maniera costruttiva e propositiva, culminando nella proposta del ritorno alla fraternità e alla comunione europea”. Giuliano Amato, vicepresidente della Convenzione europea “Si tratta di un libro estremamente denso e ricco, con citazioni fittissime e aggiornate; è, allo stesso tempo, un libro di filosofia politica dell’Unione e un libro di attualità sulle grandi scelte sull’avvenire dell’Unione che sono ora sul tavolo della Convenzione europea. I fondatori dell’Europa guardavano al loro progetto non solo in chiave economica, ma politica e di solidarietà; e Ferrara pone oggi le questioni di una rin- novata caratterizzazione politica ed etico- politica del processo di costruzione europea: un impegno inscindibile da quello della democratizzazione “. Giorgio Napolitano, presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento europeo “Il libro di Ferrara è un viaggio nel processo istituzionale europeo che analizza le motivazioni profonde che hanno portato ad esso. In particolare, evidenzia un cambio di rotta intervenuto in questo processo, soprattutto a partire dagli anni Novanta, quando le politiche di coesione si concentrano sull’approccio economico, sul funzionamento dei meccanismi di mercato, e perdono di vista le popolazioni. Ferrara riporta il nostro interesse sulla cultura europea,sulla centralità non del consumatore, ma del cittadino in quanto uomo, portatore di diritti e di bisogni, come persona appartenente ad una comunità. E proprio la costruzione di una comunità è la motivazione che Ferrara propone come guida della Convenzione europea” Vitaliano Gemelli, presidente della Commissione petizioni del Parlamento europeo.

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