Napoli milionaria

Tornato a casa dopo spaventose sofferenze al fronte, Gennaro Iovine non riconosce più il “basso” in cui era sempre vissuto, trasformato com’è in un lussuoso appartamento dalla moglie Amalia grazie ai suoi traffici di borsa nera. I racconti di quell’uomo semplice, che porta stampate nella mente visioni di distruzione, disturbano la comune aspirazione a godere e a dimenticare i guai passati. Gennaro incarna la morale altissima e Amalia le ragioni della sopravvivenza, la cattiveria della povertà. In un intreccio magistrale degli elementi comici con quelli drammatici e patetici, la storia di Napoli milionaria si snoda fino alla celebre battuta “ha da passà ‘a nuttata”, lasciando un barlume di speranza. Opera da annoverare tra i classici (se per tale si intende un testo che continua a dirci verità sempre nuove) il capolavoro di Eduardo De Filippo – che racchiude l’altra proverbiale battuta “‘a guerra nun è fernuta” – ritorna come momento di riflessione sul presente, anche a distanza di mezzo secolo dalla sua stesura. A riproporla è Francesco Rosi per il Mercadante di Napoli, nella bella scena di Enrico Job: un interno luminoso con fuga sull’esterno dei vicoli, incorniciato sul boccascena dalle rovine di un bombardamento. La linea secca e mordente della regia di Rosi, è assecondata, oltre ad un team di attori che rispetta in pieno la tradizionale qualità partenopea, da un inteprete all’altezza dell’assunto: Luca De Filippo padrone del ruolo con autorità e finezza, e da Mariangela D’Abbraccio alla quale manca però la spietatezza plebea di donna Amalia. Al Quirino di Roma e in tournée.

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