Il mio segreto contro i furti in azienda

Un’impresa di famiglia che si risana grazie al dialogo aperto con i dipendenti

«Mancano 700 mila pesos. Gli incassi registrati non corrispondono all’inventario, quindi ci sono stati dei furti». Christian non poteva credere a Norma, la sua assistente alle vendite, mentre con franchezza e dispiacere gli comunicava l’entità dell’ammanco. Quando negli anni ’80 il papà aveva cominciato un commercio di pitture, nessuno avrebbe immaginato che 30 anni dopo quel piccolo emporio si sarebbe trasformato in 21 punti vendita con 45 impiegati. Eppure era accaduto anche a Città del Messico, una megalopoli di 9 milioni di abitanti, dove il salario minimo si attesta sui 3.70 euro l’ora e gli stipendi mensilivariano da 160 a 480 euro con una svalutazione della moneta galoppante. «Io volevo fare lo psicologo e non il commerciante e ora quell’ammanco paria 30 mila euro metteva in dubbio la scelta di continuare l’azienda di famiglia». Questa era la situazione della Comex PPG nel 2013. Nel 2015 l’ammanco è sceso a 150 mila pesos e nel 2016 a fine anno la sorpresa è stata trovare i conti in ordine, con vendite corrispondenti alla merce registrata. Nessun impiegato aveva sottratto latte di vernice da vendere in nero e nessuno aveva finto di dimenticare quanti acquisti erano stati effettuati dai clienti. Rigidità dei controlli? Informatizzazione del magazzino? Severità con i dipendenti? Cosa ha ridotto allo zero i furti nei negozi? «Abbiamo applicato la logica della comunione e abbiamo cominciato a valutare la felicità nella nostra azienda, perché chi ruba non è certamente felice», spiega Norma con convinzione.

«Questo ha comportato aprire un dialogo con i dipendenti, capire l’entità degli spostamenti, la situazione familiare, se erano padri o madri single, se il tenore di vita superava di fatto il salario percepito». Determinante sia per Christian che per la sua assistente, ora diventata sua moglie, è stato partecipare proprio nel 2013 a una scuola dell’Economia di Comunione, un progetto che lega migliaia di imprenditori nel mondo da oltre 25 anni e li impegna a condividere parte degli utili con i più poveri e uno stile di gestione aziendale improntato sulla persona e sulla partecipazione ai valori e agli obiettivi. «Nonostante le perdite dovevo ricominciare, ma senza rabbia. La scuola mi aveva insegnato ad accompagnare i miei dipendenti anche nei momenti difficili», mi dice Christian, mentre nel suo sguardo passa un’ombra che porta il nome di Suzana. Era una delle sue migliori dipendenti, con un grande talento, eppure era stata una delle “ladre” più incallite. Lui le aveva offerto una seconda possibilità ma lei era tornata a sottrarre gli incassi e la merce. «È una ragazza madre e sapevo che non era semplice, ma non era rubando che si sarebbero risolti i problemi e il suo metodo rischiava di diventare contagioso per altri». La tristezza rende la voce di Christian, grave: quel licenziamento continua a pesargli.

«Questa storia mi ha insegnato che tutti dobbiamo formarci al lavoro e alla condivisione di danni e benefici: un metodo che dopo tre anni mi ha permesso di scrivere zero, accanto alla parola furti in azienda».

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