Il mercato dei giornali

I giornali «sono una merce qualsiasi da vendere e da comprare. Sono armi da usare nelle guerre con altri poteri», scriveva Giampaolo Pansa nel 1977

I giornali «sono una merce qualsiasi da vendere e da comprare. Sono armi da usare nelle guerre con altri poteri», scriveva Giampaolo Pansa nel 1977 in Comprati e venduti. I giornali e il potere negli anni ’70, pubblicato nel 1977. Nei giorni scorsi, non senza forti dissensi interni, la Cir della famiglia De Benedetti ha venduto alla Exor guidata da John Elkann, l’erede e il capo della dinastia Agnelli, il suo 43,7% cioè la quota di maggioranza del gruppo editoriale Gedi per 102,4 milioni. Gedi è sorto il 2 marzo 2016 dalla fusione delle attività editoriali dei De Benedetti e degli Agnelli e controlla Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, L’Espresso, i quotidiani locali dell’ex gruppo Finegil e alcune radio e “vale” un quinto dei media italiani. Inizialmente pareva che la famiglia che controlla Fiat Chrysler avesse trovato il modo di liberarsi dei suoi giornali, ma con il senno di poi questa lettura si è rivelata del tutto errata.

La realtà è che per un gruppo globale come Exor, che controlla anche il settimanale inglese The Economist, investire 100 milioni nell’editoria italiana è puntare l’argent de poche, mentre per Cir non era sostenibile continuare a svenarsi per ripianarne le perdite (120 milioni nel quinquennio 2014-2018). Specie adesso che Exor tratta la fusione tra Fca e Psa, il gruppo francese che controlla Peugeot. Un’operazione dalla quale la famiglia Agnelli potrebbe ottenere un maxidividendo da 5,5 miliardi. Usare meno del 2% del proprio guadagno futuro per assicurarsi un fondamentale strumento di pressione su governi, politica, parti sociali e opinione pubblica, con cui gestire i problemi delle ricadute sociali e occupazionali della fusione transalpina, è un prezzo che John Elkann può permettersi tranquillamente.

Tutto il resto sono dettagli. D’altronde già Ambrose Bierce nel suo Dizionario del diavolo del 1911 spiegava che l’inchiostro «può essere usato per creare reputazioni e per distruggerle, annerirle e smacchiarle… Ci sono uomini chiamati giornalisti che hanno creato bagni di inchiostro in cui alcune persone pagano per entrare, altre per uscirne. Non di rado accade che una persona che ha pagato per entrare paga il doppio per uscire».

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