Maryvonne, infermiera a domicilio

Un altro modo di affrontare gli imprevisti di un mestiere. Con fiducia e vivendo bene il presente

È venerdì e sono le sei quando torno a casa dopo aver dato le consegne alle mie colleghe. Mi sento leggera e felice al pensiero della settimana di vacanza che sto per cominciare con la prospettiva di poter finalmente giocare alla turista in questa bella regione del Vallese, dove tutto l’anno lavoro come infermiera della salute pubblica. La neve è caduta in abbondanza già dall’inizio dell’anno e ho invitato un’amica a passare con me qualche bella giornata sugli sci. Come di solito, la segreteria telefonica annuncia una chiamata: è un messaggio dell’amica che aspetto: «Sai la novità? Mi trovo in ospedale. Oggi pomeriggio mi sono rotta un braccio sciando nei dintorni. Potresti chiamarmi al pronto soccorso?». Per fortuna sono seduta. Mi viene da esclamare: «Perché proprio ora?».

Eppure, mi dico, niente succede a caso! Nel giro di un’ora raggiungo l’amica in ospedale. Mi sorprende la serenità di lei, sofferente certo, ma nella pace. Accetta la proposta di venire a casa mia. Sorridendo, mi dice: «Non ho un’infermiera a domicilio, ma sono al domicilio dell’infermiera». Inizia così una settimana di vacanza ben diversa da quella prevista, ma ancora più ricca.  È un’occasione per vivere la Parola di Vita che è nostro impegno comune.

Lunedì, sotto una pioggia torrenziale, partiamo per recuperare i bagagli in un albergo dove lei alloggiava prima di rompersi il braccio. La strada è pessima e il tempo grigio, ma pensando alle numerose inondazioni che ci sono state nei Paesi vicini accettiamo questi piccoli contrattempi senza lamentarci. Di ritorno a casa, tanto per cambiare, la segreteria telefonica lampeggia: è la moglie di un malato in fin di vita del quale mi sono occupata in queste ultime settimane; sta molto male e desidera vedermi. Ho capito: per andarsene, non c’è orario e i piccoli imprevisti sopravvengono per prepararci ai più grandi. Prendo subito la macchina e mi reco da loro. Tutta la famiglia è intorno al letto del papà, che riposa tranquillo. Negli ultimi tempi abbiamo avuto numerose occasioni per parlare della morte e prepararci a quest’istante. Ora sembra che non ci senta più, eppure è pienamente presente. Improvvisamente apre gli occhi e mi vede. Si esprime con un gesto di riconoscenza, mentre ne approfitto per offrirgli un bicchiere d’acqua. Poi, con l’aiuto del figlio, lo faccio coricare. Sua moglie mi dice: «Veramente tutto è avvenuto al momento giusto. Stamattina ho ancora potuto chiamare il sacerdote che gli ha amministrato i sacramenti. Èstato un bellissimo momento. Poi ha fatto lo sforzo di mangiare con noi ed è tornato a coricarsi. Sa, mio marito non è mai stato egoista…».

Sulla via del ritorno m’invade un sentimento di gratitudine a Dio e gli affido questa persona. La notte stessa il malato è deceduto. Nel frattempo ha iniziato a nevicare e questa volta è mia sorella che mi chiama: il suo programma per il fine settimana è completamente cambiato, perché è bloccata in montagna a causa della neve. Mi chiede se posso occuparmi di mio fratello, ammalato, rimasto solo in casa… Poi ricevo la telefonata da mia cognata che deve lavorare anche la domenica per sostituire una collega. Le propongo d’invitare la sua famiglia a pranzo da mio fratello. Così domenica ci ritroviamo tutti a casa mia, intorno a una fonduta. Il telefono però ha deciso di non tacere! Questa volta è una giovane mamma che mi chiama preoccupata: «È domenica, mi scusi, ma mia figlia ha la testa piena di pidocchi. Cosa posso fare?». La sento così agitata che, dopo averle spiegato i primi interventi, le prometto di passare da lei alla fine del pomeriggio.

Così, partiti gli invitati, mi ritrovo a lavare la testa della bambina in una famiglia che fino a quel momento non conoscevo e che ora mi sembra di conoscere da sempre. La corrente d’amore è passata e avverto una pienezza di gioia nel rientro a casa. Di che cosa meravigliarsi se la mia segreteria telefonica lampeggia ancora? È un’amica un po’ disorientata che soffre perché suo padre è in fin di vita. L’ascolto e capisco che l’esperienza che sto vivendo non è una grazia solo per me, ma anche per gli altri. Così posso semplicemente raccontargliela. La nostra conversazione diventa un dono reciproco.

La settimana che si apre s’annuncia veramente difficile, perché il nostro programma di lavoro è messo completamente sottosopra… Bisogna riorganizzarci per dare la caccia ai pidocchi in tutte le scuole della regione. Non posso impedirmi di pensare al viaggio a Roma previsto per mercoledì, ma ciò che ho vissuto mi ricorda che devo solo avere fiducia e vivere l’attimo presente.

Il martedì sera sono esausta, ma contenta. Le mie colleghe mi hanno assicurato che potranno sostituirmi nel fine settimana. Non mi resta che pensare a fare la valigia. Ma ecco che il telefono squilla di nuovo. Signore, non importa, sei certamente tu! Mi comunicano che c’è lo sciopero dei treni. Un’ora dopo vengo a sapere che la partenza è rinviata alle 9 di sera… In questa mattina piena di sole non posso che rendere grazie a Dio che mi offre un pomeriggio di sci imprevisto su delle piste con neve farinosa e sotto un cielo radioso!

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