Maria Maddalena de’ Pazzi

La singolare esperienza della mistica carmelitana, umile strumento nella mani di Dio per la Chiesa e l'umanità.
Maria Maddalena de' Pazzi

Caterina de’ Pazzi nacque a Firenze il 2.4.1566. A sedici anni entrò nel monastero delle Carmelitane di Santa Maria degli Angeli, per conoscerne la Regola e verificare se questa rispondeva alla vocazione divina. Il 3.1.1583, vestì l’abito carmelitano e prese il nome di sr. Maria Maddalena.

Cenni biografici

Durante l’Avvento di quell’anno, ebbe un eccesso di amore simile a quello sperimentato da bambina nel giardino della sua villa di Parugiano, nei pressi di Prato. Ai primi di marzo del 1584 fu colpita da una grave malattia, misteriosa nella sua eziologia, tanto che i medici la dettero per spacciata e suggerirono ai superiori di farle emettere la professione religiosa. Era il 27 maggio 1584.

Guarita il 16 luglio per intercessione della beata Maria Bagnesi, la giovane professa intraprese un cammino spirituale molto intenso, segnato di grazie, visioni, estasi e altri fenomeni mistici, penitenze e sofferenze d’ogni genere, qui di seguito accennate.

Proprio il giorno della sua professione ebbero inizio le estasi che terminarono il 15.8.1584, estasi raccolte poi nei “Quaranta Giorni”. La sera del 24.3.1585, vigilia dell’Annunciazione, le vennero scritte nel cuore da sant’Agostino le parole “Verbum caro factum est”.

Il 15 aprile, le furono impresse per sempre le stimmate invisibili, mentre il 28 dello stesso mese ricevette dalle mani del Signore l’anello dello sposalizio con lui. Tra l’8 e il 15 giugno 1585, giorno e notte ebbe delle estasi, raccolte in “Revelatione e intelligentie”.

Dal 20 luglio 1586 sino alla fine di settembre ebbe altre estasi sulla Renovatione della chiesa. Il 25.2.1588 ricevette il dono del “fascetto della Passione” e il 3.5.1592 fu colpita da un eccesso d’amore tanto da correre in giro gridando: “Venite ad amare l’amore!”

Il 7.3.1594 le fu concesso il matrimonio spirituale. Il 1° maggio 1595, Maria Maddalena chiese al Signore di fare esperienza del “nudo patire”. Nell’autunno del 1602 si ammalò gravemente tanto da avere sbocchi di sangue. Era stata colpita da tubercolosi polmonare.

Il 24.6.1604, ultimo giorno di estasi, entrò nel “nudo patire”, una fase posteriore alla trasformazione del matrimonio spirituale, grazia unica nella storia della mistica. Visse così “con gran desolatione” fino alla morte che ebbe luogo il 25.5.1607.

Ad eccezione di tre lettere, Maria Maddalena non scrisse nulla di proprio pugno. Poiché i suoi confessori volevano appurare l’origine della sua vita straordinaria, fu costretta a riferire tutto quanto le accadeva tramite le sorelle, che scrivevano quello che lei diceva fuori dell’estasi o durante le stesse esperienze mistiche.

Furono così prese dalla sua voce, quindi dettate, le relazioni delle sue esperienze mistiche, raccolte in quattro grossi volumi di manoscritti originali, da lei stessa riveduti e corretti1.

Una mistica sponsale

Maria Maddalena de’ Pazzi è senza dubbio una delle migliori rappresentanti dell’esperienza mistica sponsale, oggettivamente trascritta dalle consorelle che l’assistevano durante le sue estasi, mentre lei era “astratta da’ sensi”. L’insieme delle estasi è sottesa da una visione teologica del mistero di Dio Trinità d’amore e del suo disegno di salvifico-comunionale. È una vera e propria dottrina dell’incarnazione, non teologicamente sistematizzata, ma variamente abbozzata e disseminata qua e là nella globalità della sua esperienza mistica.

L’esperienza di Maria Maddalena segna in questo modo il passaggio da una teologia mistica speculativa a una sorta di “mistica oggettiva”, sulla quale così ebbe ad esprimersi D. Barsotti: “Se la memoria di santa Maria Maddalena de’ Pazzi è rimasta nel calendario della Chiesa universale, anche dopo il rinnovamento liturgico, vuol dire che ella ha ancora un messaggio attuale da dare alla Chiesa e al mondo intero… e dona alla teologia speculativa delle chiare direttive soprattutto nei riguardi della carità, che è al cuore del cristianesimo stesso”2.

Nell’intera esperienza della carmelitana fiorentina la dottrina della carità passa, come si può notare, attraverso il mistero dell’incarnazione. Maria Maddalena è una donna innamorata, che intuisce e accoglie attraverso il filtro dell’Amore amato ed arricchisce la sua conoscenza mistica rielaborandola alla luce della fede, prima perché non si fida di quanto va sperimentando durante i fenomeni estatici e poi per giungere alla “verità tutta intera”.

Theologia cordis

Quel che Maria Maddalena ha lasciato in eredità – e si offre anche all’elaborazione della teologia – non sono i fenomeni mistici, ma la vita carità che ha animato e nutrito la sua vita. Vita interiore che rimanda, per così dire, a una dottrina dell’amore, appresa nella contemplazione del mistero divino e ripresentata come sintesi di esso.

Ancora una volta Barsotti ci aiuta a penetrare nelle profondità della mistica oggettiva della carmelitana fiorentina: “Più vertiginosa nelle sue intuizioni è Angela da Foligno, più essenziale e metafisica Caterina da Genova, insuperata per profondità e ricchezza di analisi psicologica Teresa di Gesù; nessuna di loro tuttavia ci ha dato una contemplazione teologica del mistero cristiano come Maria Maddalena de’ Pazzi”3. Maria Maddalena è una mistica teopatica: subisce il divino, l’azione dell’amore divino.

Difatti, “Revelatione e intelligentie” è l’opera in cui Maria Maddalena manifesta una penetrazione teologica del mistero di Dio Amore. Guidata dallo Spirito Santo, acquista via via una particolare familiarità con i misteri contemplati, soprattutto con l’amore di Dio, che, per lei, si fa storia di creazione e di salvezza.

A tale proposito corre alla mente la Lettera agli Efesini dove san Paolo riporta la sua esperienza teologica sull’amore di Dio (cf Ef 1-3). Come san Paolo, anche Maria Maddalena contempla il progetto d’amore divino, il “consiglio” di Dio e, a partire da questo lo sguardo si estende a tutto il mistero salvifico, non già in una visione estatica, ma viva e dinamica nel suo svolgersi storico e teologico.

Il “consiglio di salvezza”, concepito in Dio, attuato in Cristo per opera dello Spirito divino e continuato nella Chiesa, è forse la sintesi più eloquente del pensiero di Maria Maddalena. Nei “giorni dello Spirito santo” (8-15 giugno 1585), ella vi ritorna con riferimenti continui a una immagine di fondo: “Il Verbo morto sommamente attivo nel seno del Padre – come afferma P. Visentin nell’introduzione al testo di “Revelatione e intelligentie” – [ella] vi ritorna svolgendo di qui come da un punto sicuro e chiaro la sua contemplazione; e, nell’incontro con Dio, lo allarga, spazia nei misteri della Trinità, di Cristo, dello Spirito, nella visione della Madre di Dio; si sofferma sugli elementi della sua ascesi carmelitana; mentre alla fine, in una ‘ricapitolazione’ che luminosamente precisa tutta la sua visione, riaffermando a se stessa ciò che Dio le ha dischiuso, si affida al suo amore, al suo Spirito che la investe, perché la luce diventi vita”.

L’intuizione che la monaca carmelitana ha della verità del Dio di Gesù Cristo va, dunque, al di là della ragione, per attingere nella sua esperienza vitale direttamente alla theologia cordis, perché resa partecipe del mistero dell’Amore intradivino.

La visione della vita spirituale di Maddalena ruota e si snoda attorno a questo asse portante della fede cristiana: Dio è essenzialmente amore. È questa l’affermazione centrale del cristianesimo, ripetuta infinite volte dalla grande estatica, affermazione che, mentre lascia intravedere il mistero di Dio, illumina il senso dell’intera esistenza e spiega la trama della storia della salvezza umana.

In Dio, tutto è amore, ragion per cui per sovrabbondanza d’amore dà tutto per amore, fa tutto per amore, castiga persino per amore: “Se procede dal Padre: amore; se procede dal Figliuolo: amore; se procede dallo Spirito Santo: amore. La potenza tua: amore; la sapienza tua; amore; la bontà tua: amore; l’eternità tua: amore; ardirò di dire che ancora la giustizia tua è amore” (II, 756).

Essendo Dio essenzialmente amore, anche la creazione si presenta agli occhi di Maddalena come un sovrabbondare di questo amore infinito. È l’uomo in modo particolare oggetto dell’amore predilezione di Dio, perché creato a “sua bella immagine e similitudine”, e perché ricapitola in sé le perfezioni dell’essere divino (III, 46).

La creatura umana, però, in seguito al peccato originale perse la sua innocenza originaria. Di qui l’incarnazione del Verbo divino che ha come scopo primario il dono della propria vita per riscattarla dal peccato e restituirgli la comunione con Dio.

Per questo la santa fiorentina presenta la vita terrena dell’uomo come un cammino di ritorno alla patria beata, al paradiso di Dio, da cui un giorno si allontanò, attraverso “una sola via”, ossia la mediazione dell’Amore incarnato.

Questi è la via d’accesso al mistero d’Amore intratrinitario, l’unica che rende possibile il ritorno dell’uomo alle sue origini. L’unione con Dio, termine del ritorno nel grembo divino, preceduto da rinunce e abnegazioni consiste nell’interazione tra l’amore di Dio e quello dell’uomo che è chiamato ad abbandonarsi all’azione dolorosa e unificante di Dio.

Questo abbandono totale dell’uomo a Dio, raccomandato vivamente dalla santa carmelitana, è l’espressione di un amore generoso e di fiduciosa umiltà. Esso consente l’azione dello Spirito Santo, che operando con grande soavità nell’anima, “illumina l’intelletto, ordina la memoria, infiamma la volontà col suo fuoco divino” (II, 494).

Lo Spirito Santo “vien, come fonte, diffondendosi nell’anima e l’anima si annega in Lui. E sí come dua fiumi, sboccando, si uniscono insieme a tale che il minore di essi lassa il suo nome, pigliando quello del maggiore, così fa questo Spirito divino quale viene nell’anima per unirsi con lei. Ma bisogna che essa che è la minore perda il nome e lascilo allo Spirito Santo. E deve ciò fare con trasformarsi tanto in esso Spirito che divenga con Lui una stessa cosa” (III, 186).

L’unione e trasformazione della creatura umana in Dio esige, pertanto, l’annientamento di quanto di umano è rimasto nella creatura per essere pienamente trasformata in Dio, ossia diventare Dio per partecipazione. Il passaggio da ciò che è sensibile e umano alla sfera spirituale, ove si può incontrare con Dio nella purezza dello spirito, è frutto dell’amore, o per meglio dire, è opera dello Spirito Santo “che infonde se stesso nell’anima” (II, 622). In breve, è la trasformazione per amore nell’Amore divino.

“Amor puro” e “amor morto”

Questo spiega perché Maria Maddalena insiste fino alla noia sull’amor puro. Ed è proprio questo l’insegnamento più grande che ella ci ha lasciato: lasciarsi guidare dallo Spirito divino dall’amor puro – dei “Quaranta giorni” – all’amor morto degli ultimi libri. L’amor morto vuole essere nel pensiero della santa fiorentina l’espressione più alta della sua dottrina sull’amore.

Nei “Quaranta giorni”, Maria Maddalena parla soltanto dell’amor puro, in particolare dell’ebbrezza d’amore. La sua anima ricolma dell’amore divino tracima da tutte le parti. Ella dovrà soffrire molti anni, affinché tutto in lei divenga amore puro, cioè ebbrezza dell’amore morto, violenza tipica dell’amore divino nel suo intimo.

Le pagine in cui compare la veemenza di tale amore sono quelle che riportano la cronaca di un’estasi durata forse tre giorni, da lunedì 11 a mercoledì 13 luglio 1584. Il 15 luglio concludeva così il suo insegnamento a tale riguardo: “Et mi pareva che l’anima mia particolarmente volessi così, et intendevo l’Amore che si diceva che non voleva ch’io amassi Dio né per me né per Esso Dio; e non voleva che io conoscessi cosa alcuna fuora di Esso Dio”.

Maria Maddalena, ormai trasformata in Dio, non ritrova più se stessa: è perduta nell’amore di Dio, quindi non ha coscienza di sé, ma solo di Dio. Dio, attraverso Maddalena, si conosce e si ama.

A questo punto della vita spirituale è Dio che è soggetto e oggetto d’amore. Nel possesso di Dio è Dio solo che attraverso l’anima si conosce, si ama, si possiede.

Tutta la profondità della sua unione trasformante in Dio viene così descritta dalla carmelitana di Firenze: “In un subito mi trovai tutta unita con Dio ed ero in tale modo trasformata in lui che astratta da tutti i sentimenti corporali non sentivo nulla, come se fussi una morta… Non sapevo se ero morta o viva, se ero in corpo o anima, se ero in terra o in cielo, ma solo vedevo tutto Dio glorioso in se stesso amar se stesso puramente, conoscer se stesso interamente, capace di se stesso infinitamente, amare tutte le creature puramente d’amore infinito, essere una unione in Trinità, una Trinità individua e uno Dio d’amore infinito di bontà sommo, incomprensibile, in scrutabile, di modo che io per essere in Lui, non trovavo nulla di me ma solo vedevo me essere in Dio, non vedendo però me, ma solo Dio… (25 giugno, lunedì)”. In questo brano, forse il più alto dei “Quaranta giorni”, Maria Maddalena afferma il primato di Dio Amore nella sua vita.

Conclusione

Come si è potuto osservare finora, il nucleo centrale del messaggio spirituale di Maria Maddalena è la grandezza dell’amore gratuito di Dio. Per questo ella può essere definita la santa dell’amore vissuto.

Già la carità! Questa suprema virtù teologale, che trasformò la sua vita in un continuo incendio d’amore, costituisce tutta l’essenza della sua dottrina spirituale e della sua teologia ecclesiale.

La vita intima di Dio è essenzialmente amore, crea per comunicare l’amore, il Verbo s’incarna per eccesso d’amore, il Sangue e la Croce sono pazzia e consumazione di amore, la rinnovazione della Chiesa è possibile solo con l’amore: “O anime create d’amore e per amore, grida la Santa, perché non amate l’amore? E chi è l’Amore se non Dio? Questo mio amore non è amato né conosciuto. O amore, tu mi fai struggere e consumare, tu mi fai morire e pur vivo. Amore, gran pena mi fai sentire a tal che il corpo ne partecipa ancor lui! Ad amare, anime, venite ad amare l’Amore da cui siete tanto amate, ad amare venite!” (II, 830)4.

 

NOTE

1 Sono questi: (I) I Quaranta Giorni; (II) I Colloqui; (III) Revelatione e Intelligentie (o I otto giorni dello Spirito Santo); (IV) La Probatione – Renovatione della Chiesa. 

2 Da una conversazione inedita, tenuta all’eremo di Santa Maria degli Angeli.

3 D. Barsotti, Presentazione in B. Papasogli – B. Secondin, La parabola delle due spose. Vita di santa Maria Maddalena de’ Pazzi, Torino 1976, p. IV.

4 Per una conoscenza più approfondita e scientifica della dottrina di Elisabetta si rimanda a E. Ancilli, S. Maria Maddalena de’ Pazzi: Estasi – Dottrina – Influsso, Roma 1966 e a B. Secondin, Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, esperienza e dottrina, Roma 1974.

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