L’ultima colonia africana

Dall’occupazione allo sfruttamento delle risorse naturali. Uno dei nodi internazionali affrontati a Milano con esperti Onu, esponenti del Parlamento europeo e l’organizzazione Western Sahara Resource Watch
AP Photo/Sidali Djarboub

Poco spesso si sente di parlare del Sahara Occidentale, un territorio non autonomo, o in altri termini, una colonia situata sulla costa nordoccidentale dell’Africa. Eppure, questo Paese africano è percorso dal secondo muro più lungo del mondo, che si estende per oltre 2.700 km e che oggi rappresenta il confine de facto tra la parte amministrata dal Marocco, quella che affaccia sull’Oceano Atlantico, e la restante parte amministrata dal Fronte Polisario, il legittimo rappresentante del popolo saharaui.

Il Sahara Occidentale è stato una colonia spagnola fino al 1975 e ancora oggi rimane un caso non riuscito di decolonizzazione. Quando alla fine della Seconda guerra mondiale le Nazioni Unite iniziarono il processo di decolonizzazione del continente africano, il re del Marocco, Hassan II, dichiarò che il Sahara Occidentale apparteneva al Marocco e invase il Paese, nonostante le sue rivendicazioni sul territorio saharaui fossero state smentite pochi mesi prima dalla Corte internazionale di giustizia. Migliaia di famiglie saharaui fuggirono dalle bombe recandosi in Algeria e stabilizzandosi nei campi nel deserto del Sahara, dove fondarono un governo in esilio. Dal 1967 (come Fronte di liberazione del Sahara) e dal 1973 come Fronte Polisario, combatte contro gli invasori, prima spagnoli poi marocchini. Nei territori occupati, i saharaui vivono sotto l’occupazione marocchina, dove la loro resistenza pacifica si scontra con la violenza, le detenzioni e le torture da parte della polizia marocchina. Al di fuori dei territori occupati, invece, molti saharaui vivono nei campi del deserto algerino sopravvivendo grazie agli aiuti umanitari.

Nel 1991, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riuscì a negoziare un cessate il fuoco tra Fronte Polisario e Marocco, con la condizione che si organizzasse un referendum in cui i saharaui potessero decidere se rimanere sotto l’amministrazione marocchina o diventare indipendenti. Ma ancora oggi, 27 anni dopo, i saharaui attendono la loro possibilità di esprimere il proprio voto.

Nessuno Stato al mondo riconosce l’occupazione marocchina del Sahara Occidentale e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha sistematicamente affermato il diritto dei saharaui all’autodeterminazione.

Tuttavia, la comunità internazionale e in particolar modo l’Unione europea, non sono riuscite ad agire per far rispettare tale diritto da parte del Marocco. Una delle ragioni di questa impasse è lo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara Occidentale. L’area occupata del Sahara Occidentale, infatti, è tra le zone più ricche al mondo di risorse alieutiche, di fosfati e in parte di petrolio e di gas.

Secondo le norme del diritto internazionale, l’uso delle risorse di un territorio non autonomo da parte della potenza occupante, è considerato legittimo qualora il suo popolo abbia espresso il suo consenso e goda dei relativi benefici. Tuttavia, i saharaui non hanno mai dato il loro consenso e non hanno mai ricevuto nessun beneficio dal commercio delle loro risorse.

Piuttosto, il Regno marocchino, attraverso la cooperazione con diverse multinazionali e con l’Unione europea, sta creando enormi profitti dallo sfruttamento delle risorse naturali provenienti dai territori occupati, e quest’ultime contribuiscono attivamente al supporto dell’occupazione marocchina del Sahara Occidentale.

A fine maggio, presso il Palazzo Marino di Milano, è stato organizzato un convegno che ha ospitato come relatori Francesco Bastagli, ex-Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per il Sahara Occidentale, Erik Hagen, coordinatore dell’ONG Western Sahara Resource Watch, Fabio Massimo Castaldo, Vicepresidente del Parlamento Europeo e Sarah Giampietro, attivista di Western Sahara Resource Watch.

L’incontro ha avuto come obiettivo la divulgazione delle problematiche politiche, umanitarie e commerciali del Sahara Occidentale. Diverse sono state le soluzioni proposte dai relatori durante il convegno, tra cui agire affinché le multinazionali e l’Unione europea rispettino gli obblighi derivanti dal diritto internazionale di non riconoscere l’occupazione marocchina del Sahara Occidentale o di considerare, al momento della conclusione di accordi commerciali, due regimi giuridici diversi, uno per il Marocco e uno per il Sahara Occidentale, oppure di escludere esplicitamente o implicitamente i territori del Sahara Occidentale dagli accordi con il Marocco.

 

 

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