L’intervista impossibile

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Il protagonista è l’assente di cui tutto il tempo si parla. Dentro la precisa intelaiatura dell’elementarità di una trovata lo schema de L’intervista è quello di una conversazione dalla dinamica irregolare e imprevedibile, piena di leggero umorismo. Marco, un giornalista timido e inesperto, aspira a intervistare un brillante economista e organizzatore politico, del quale è un entusiasta ammiratore. Ci prova una volta raggiungendolo da Roma nella sua casa nella campagna toscana, ma l’altro è partito all’improvviso. Ci riprova a distanza di un anno, ancora senza fortuna, per riuscirci infine, ma costretto, dieci anni dopo quando ormai ha abbandonato il giornalismo e l’uomo famoso è dimenticato e infermo. Nel frattempo si è instaurata un’amicizia con le due donne della casa: la giovane sorella di lui e soprattutto Ilaria, la convivente che vive nell’ombra dell’uomo celebre. La storia si regge sull’eterno parlare e sullo scambio di confessioni alla pari, fra il giovane e quest’ultima. Due mondi diversi senza, apparentemente, nulla in comune.

 

 La più famosa commedia di Natalia Ginzburg – portata ora alla ribalta da Valerio Binasco, anche interprete con Maria Paiato e Azzurra Antonacci – piace ancora forse per quel senso della quotidianità che in qualche modo ci appartiene; per la parlata semplice, la voglia di non ammaestrare, ma allo stesso tempo di dire qualcosa, sul nostro vivere. Perché, come dice una battuta chiave della commedia, sotto le inezie si nascondono le vere tragedie della vita, i dolori, gli impercettibili spostamenti del cuore e anche le piccole felicità che fanno le nostre microstorie di persone.

L’intervista è, in questo senso, un testo emblematico. Segue i suoi personaggi nell’arco di dieci anni, dal 1978 al 1988, facendoli vedere sempre più rassegnati, più vinti, anche se hanno ottenuto qualche successo. Traspaiono citazioni sottratte a Cechov. Anche qui, infatti, il tema è il senso delle cose che cambiano nel tempo, la memoria immobile, l’impossibilità della vera comunicazione.

 

Nella scena essenziale di un interno a più piani di scale in controluce, Maria Paiato, bravissima, dall’animo evanescente nella sua quasi immobilità di movimenti – spesso sulla poltrona –, cattura al cuore il personaggio in un ritratto di umanità ricco di sfumature. E non è da meno Binasco, di naturale vivacità e leggerezza.

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