L’amore reciproco

L'inizio della rivoluzione cristiana: vivere bene tutte le piccole o grandi morti che la carità vicendevole domanda. Anche tra le chiese
Amicizia

L’amore vero, l’arte di amare, al suo culmine, è amarsi a vicenda. Amarsi a vicenda in modo tale da meritare il dono dell’unità. Perché l’unità noi non la sappiamo fare. Gesù ha pregato il Padre per l’unità, ma non l’ha comandata. Noi possiamo fare la nostra parte, che è la parte ascetica, amarci, ma la parte mistica dell’unità, la presenza di Cristo in mezzo a noi, deve venire dal Cielo.

E noi, nella nostra pratica, abbiamo visto che l’unità è effetto dell’Eucaristia. È lì che si viene veramente deificati, ci si trasforma tutti in Dio (per partecipazione), si diventa uno in lui. Gemma, perla preziosa del Vangelo è l’amore reciproco. (…) Quando il Verbo di Dio si è fatto uomo, si è adattato al modo di vivere del mondo, e fu bambino, figlio esemplare e uomo e lavoratore, ma vi ha portato il modo di vivere della sua patria celeste; e ha voluto che uomini e cose si ricomponessero in un ordine nuovo, secondo la legge del Cielo: l’amore reciproco, come si vive nella Santissima Trinità.

A conferma di ciò, Gesù ha detto che un comandamento gli è particolarmente caro e lo ha chiamato mio e nuovo: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. (…) E parlando di questo comandamento, ha dato la misura del reciproco amore: occorre amarsi come lui ci ha amato. Amatevi – ha detto – come io ho amato voi.

Ma come egli ci ha amato? Lo ha fatto dando la vita per noi. (…) Non sempre ci è chiesto di dare la vita per gli altri sì da immolarla totalmente, come ha fatto Gesù. Ma, per amare veramente il prossimo, si devono vivere bene tutte quelle piccole o grandi morti che la carità vicendevole domanda: dimenticare sé stessi, distaccarsi dalle cose, dai propri pensieri, dai propri interessi, per essere tutti proiettati negli altri: farsi uno con chi soffre, e diminuisce con ciò il dolore altrui, o farsi uno con chi gode, e si moltiplica la gioia. È questo un vero morire. Vivere per gli altri, vivere gli altri, implica l’abdicare a sé stessi, la morte spirituale di sé.

Quando poi si incomincia ad amare gli altri in questo modo e così si è pure riamati, si sperimenta di passare da un piano della vita dello spirito a uno superiore; si avverte uno scatto nella vita interiore. Si conoscono, in maniera nuova, i doni dello Spirito: una gioia mai provata, una pace, una benevolenza, una magnanimità… Si acquista una luce nuova, che aiuta a vedere ogni avvenimento in Dio.

Nello stesso tempo, questo reciproco amore testimonia Cristo al mondo. Lo ha detto Gesù: da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. Ed è l’inizio, come sappiamo, della rivoluzione cristiana (…).

Occorre che anche le Chiese si amino a vicenda: L’amore con il quale mi hai amato sia in essi – ha chiesto Gesù al Padre –, e io in loro. E noi, purtroppo, abbiamo dimenticato il suo testamento, abbiamo scandalizzato, con le nostre divisioni, il mondo, al quale dovevamo annunciare lui. E perciò ogni Chiesa nei secoli è, in certo modo, rimasta arroccata sulle proprie posizioni dottrinali, senza aperture o possibilità di incontro con le altre. Ma è tempo, oggi, per ognuna delle nostre Chiese, di un supplemento di amore; occorre anzi che la cristianità intera venga invasa da una fiumana d’amore.

Amore e amore reciproco, dunque, fra le Chiese. Quell’amore che porta a mettere tutto in comune, rendendo ognuna dono per le altre, cosicché si possa prevedere nella Chiesa del futuro che la verità, una e una sola, sarà espressa in varie maniere, osservata da varie angolazioni, abbellita da molte interpretazioni. (Da: L’arte di amare, Città Nuova Ed.)

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