L’albero del merlo Tobia

Quell’anno l’autunno era arrivato troppo in fretta. Folate di vento dispettoso sferzavano le chiome ingiallite degli alberi ed una pioggerella incessante, ritmava il passare delle ore, picchiettando sul selciato. Il bosco intorno era una meraviglia cromatica, una serie digradante di gialli, d’ocra, di rossi e d’arancioni. Una meraviglia per gli occhi degli uomini, ma l’inizio di una lunga e difficile stagione per il merlo Tobia. Il suo becco giallo gli permetteva di mimetizzarsi tra le foglie e le piume, nere come la pece, erano uno scudo perfetto durante la notte. In questo modo era possibile anche sfuggire ai cacciatori, ma, con quella stagione, trovare da sfamarsi era un vero dilemma… Per fortuna nei giardini lì intorno si erano moltiplicati gli arbusti con le bacche: sembrava che tutti gli uomini avessero deciso di piantare lo stesso tipo di pianta come recinzione. Erano proprio belle tutte quelle bacche appese a grappoli: rosse, gialle, arancioni! Per un po’ la pancia del merlo Tobia si sarebbe riempita facilmente, ad orari stabiliti e senza correre rischi o affannarsi troppo. Proprio come doveva essere per un merlo che si rispetti! Purtroppo, però, l’inverno era corso in fretta a staccare le foglie dai rami degli alberi, a seminare il gelo nei prati, a spargere un po’ di neve qui e là. Così, ai primi di dicembre, nel bel mezzo di un freddo pungente, il merlo Tobia si era ritrovato senza più cibo, visto che le bacche delle siepi erano finite da un pezzo. Tobia aveva fame, una vera fame da merli: sognava vermetti, insetti succulenti e bacche saporite… Spinto dal gorgoglio lamentoso del suo pancino, Tobia iniziò a correre a destra e a manca, in cerca di qualche cosa da mettere sotto i denti. Aveva volato talmente a lungo da sentirsi le ali rattrappite per la fatica ed il freddo. Si era persino spinto a rovistare con il becco tra i rifiuti del cestino per l’immondizia, sistemato in mezzo al parco… Una vergogna per un merlo di classe! Attanagliato dall’idea di fare qualche figuraccia e dalla fame, Tobia decise di tornare al suo nido, sperando di riuscire a prendere sonno, nonostante le viscere vuote. Volava rasente le case ed i balconi perché era proprio sfinito e temeva di non riuscire a mantenersi ad alta quota. Improvvisamente il suo sguardo captò un bagliore rosso provenire da un davanzale. Tobia si avvicinò guardingo a quella finestra e, notando un movimento dietro i vetri, si nascose un po’ più in là. Vide così un bimbo aprire la finestra e versare un poco d’acqua nel vaso di una piantina ricoperta di bacche, rosse e tonde come mele in miniatura! Lo sguardo del bambino ed i suoi gesti erano così carichi d’amore che Tobia sentì un gran caldo al cuore. Però aveva anche fame, una fame da merlo, peggiore di quella da lupi! Così, appena il bimbo fu sparito dietro la finestra, beccò rapido una bacca. Se la gustò beato, facendola roteare più volte tra il becco! Sarà stata la lunga mancanza di cibo, ma quella bacca era veramente una bontà! Il merlo Tobia tornò così al suo nido un po’ più sereno poiché, finché quell’alberello fosse rimasto sul davanzale, avrebbe avuto cibo. Ogni giorno, dunque, Tobia tornava alla casa del bambino con gli occhi pieni d’amore e si gustava una bacca. Dopo qualche giorno, però, durante la notte il merlo Tobia fu assalito dai rimorsi. Come poteva sottrarre le bacche a quel bambino tanto felice della sua pianta? Doveva trovare il modo per farsi perdonare, altrimenti quegli occhi pieni d’amore gli avrebbero frugato l’anima per un tempo infinito. Il merlo Tobia ricordò così di aver udito il bambino chiedere un abete da abbellire per la notte di Natale. Ma la madre ripeteva che non ne valeva la pena, che tanto lo facevano già tutti e quindi non c’era bisogno di recidere un altro albero nel bosco. Tobia aveva però notato che lo sguardo del bambino si era velato di tristezza. Il merlo Tobia decise così che l’albero di Natale, per il bambino con gli occhi pieni d’amore, l’avrebbe preparato lui. La notte del 24 dicembre, il merlo Tobia roteò come un pazzo per il cielo, per le strade e lungo le vie finché non riuscì a trovare nastri d’oro e d’argento, palline colorate e stelline luccicanti. Con il suo becco delicato, posò tutto questo sui rami dell’albero posto sul davanzale e, terminato il suo lavoro, si appisolò lì accanto. La mattina di Natale il bambino pieno d’amore spalancò la finestra e rimase estasiato dinanzi al suo albero: era una meraviglia di colori e di luci. Guardando nel cielo, vide allontanarsi un merlo tutto nero che gli sembrò sorridere.

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