L’Africa alla prova dei minerali “green”

L'Africa è sempre più sotto pressione per una celere transizione verso l'energia pulita e per una rapida consegna della sua vasta ricchezza mineraria, che è parte integrante delle catene di approvvigionamento di energia pulita del mondo.

Secondo gli esperti, la transizione energetica pulita del mondo sarà impossibile senza i minerali africani. Il litio, spesso definito “oro bianco”, è essenziale per la produzione di pannelli solari e di batterie ricaricabili che alimentano i veicoli elettrici. L’Africa detiene oltre il 40 per cento delle riserve globali di minerali chiave per le batterie e le tecnologie a idrogeno, e potrebbe fornire un quinto del fabbisogno mondiale di litio entro il 2030.

Per decenni gli economisti africani si sono lamentati del fatto che le compagnie straniere estraggono minerali senza che i cittadini ne traggano beneficio. In una recente analisi su Africa Brief, Nosmot Gbadamosi ha offerto una lettura della situazione attuale partendo dallo Zimbabwe, che possiede le maggiori riserve di litio dell’Africa. Lo scorso dicembre, scrive Gbadamosi, lo Zimbabwe ha imposto un veto sulle esportazioni di litio grezzo con un provvedimento legislativo (Base Minerals Export Control Act), al fine di incrementare i posti di lavoro e le entrate locali. La Namibia ha seguito l’esempio dello Zimbabwe. Nel 2020 circa il 42 per cento delle nazioni africane ha attuato restrizioni sulle esportazioni di minerali grezzi, tra cui la Repubblica Democratica del Congo, il Ghana e la Nigeria.

L’Istituto per la Sicurezza Energetica (Ies) del Ghana ha dichiarato che «il Ghana ha esportato in passato oro, petrolio e diamanti nella loro forma grezza, rinunciando così ad enormi entrate per il valore aggiunto, necessarie per la propria crescita e sviluppo. Fino ad ora le compagnie minerarie, dopo l’estrazione, godono di tutti i benefici [mentre] lasciano le comunità nei loro bacini di utenza a sopportare il peso dei pericoli mortali associati alle loro operazioni -, ha dichiarato a Esi Africa Edmond Kombat, direttore della ricerca e delle finanze dell’Istituto per la sicurezza energetica del Ghana: – È ora di porre fine a questa pratica».

La Cina, che controlla la catena di approvvigionamento di minerali critici a livello mondiale, si trova in una posizione ideale per trarre vantaggio da queste situazioni, poiché diverse società di proprietà cinese hanno recentemente completato gli impianti di lavorazione dopo aver speso più di un miliardo di dollari per acquisire e sviluppare progetti relativi al litio dello Zimbabwe.

Anche alcuni Paesi con risorse analoghe a quelle dello Zimbabwe hanno messo in disparte diverse aziende statunitensi a favore della cinese Ming Xin Mineral Separation, per la costruzione del primo impianto di lavorazione del litio, situato nello Stato di Kaduna, in Nigeria. Il ministro nigeriano delle miniere e dello sviluppo siderurgico, Olamilekan Adegbite, ha dichiarato di aver respinto una richiesta di Tesla di estrarre litio, a meno che l’azienda non avesse installato una fabbrica per la produzione di batterie nel Paese. «La nostra nuova politica mineraria – ha detto Adegbite – richiede l’aggiunta di valore ai minerali grezzi, compreso il litio, prima dell’esportazione».

Si prevede che entro il 2030 oltre l’80 per cento dei poveri del mondo vivrà in Africa. «È logico che le nazioni africane intensifichino gli sforzi per aumentare i posti di lavoro di qualità», hanno scritto di recente Theophile Pouget-Abadie e Rachel Rizzo su Foreign Policy. «Gli Stati Uniti e l’Europa devono assicurarsi che le partnerships che stanno costruendo in Africa siano reciprocamente vantaggiose e non estrattive. Altrimenti, si scontreranno con i muri eretti da una Cina sempre più dominante».

A gennaio Washington ha firmato un memorandum d’intesa per aiutare la Repubblica Democratica del Congo e lo Zambia a sviluppare una catena di produzione di batterie elettriche. Gbadamosi sostiene, però, che «la Cina sta andando oltre, pensando a ciò di cui hanno bisogno le nazioni africane. Pechino, ad esempio, con il sostegno del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, sta promuovendo un centro di ricerca congiunto in Etiopia per accelerare l’accesso alle energie rinnovabili nel Paese».

Secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, alcuni Paesi tra cui Kenya, Tanzania e Zambia hanno attuato politiche che impongono alle società minerarie di formare personale locale.

L’estrazione di minerali e la produzione di energie rinnovabili in Africa comportano opportunità e sfide per i diritti umani. Utilizzando prove provenienti principalmente dal Sudafrica e dal Kenya, il Business & Human Right Resource Centre ha condotto uno studio (https://www.business-humanrights.org), in cui il briefing evidenzia la centralità dei diritti umani.

Tre i principi fondamentali individuati. Prosperità condivisa: gli investimenti sono strutturati in modo da creare ampi benefici attraverso modelli di comproprietà che generano il consenso dei lavoratori e delle comunità che condividono la ricchezza generata dall’energia pulita sulla loro terra. Dovuta diligente attenzione a diritti umani e protezione sociale: le aziende e gli investitori hanno il dovere di proteggere i lavoratori e le comunità vulnerabili dai danni, di mitigare i rischi e di metterli al primo posto per l’accesso all’energia, la riqualificazione e un nuovo lavoro dignitoso. Negoziazione equa, consultazione e consenso: le comunità, in particolare quelle indigene, devono sapere che ci saranno negoziati rispettosi, in cui il loro diritto al consenso libero, preventivo e informato sarà rispettato per tutta la durata del progetto e i loro leader non subiranno minacce e attacchi in caso di dissenso.

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