L’affido condiviso è legge!

Il 26 gennaio u.s. il Parlamento ha definitivamente approvato il disegno di legge che introduce il cosiddetto affido condiviso di cui già avevamo avuto modo di trattare. In soldoni, il giudice che pronuncia la separazione tra coniugi dovrà verificare in via prioritaria la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi (e non più ad uno solo, come in precedenza), e solo se riterrà che l’affidamento congiunto sia contrario all’interesse dei minori stessi potrà disporne l’affidamento ad uno solo dei genitori. In ogni caso con la nuova legge assume un rilievo tutto particolare il diritto del figlio minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, a riceverne cura, educazione ed istruzione nonché a conservare rapporti significativi con i parenti di ciascuno dei genitori. Cosa si debba intendere per rapporti equilibrati, continuativi e significativi, certo la legge non lo dice espressamente, anche se poi prevede che il giudice debba stabilire i tempi e le modalità della presenza di ciascun genitore con i figli minori . Ma è intuitivo che, perché questa legge possa funzionare, sarà essenziale la collaborazione fattiva ed attiva dei protagonisti (soprattutto dei genitori) della complessiva storia familiare dentro la quale si va a collocare la storia particolare dei figli minori, risultando con tutta evidenza che l’affido congiunto ad entrambi i genitori richiede da essi un supplemento di buona volontà in più rispetto all’affido singolo e, al contrario, in mancanza di tale valore aggiunto, rischia di costituire un ulteriore intralcio nella già difficile vita di coppia (separata) con inevitabili ripercussioni proprio a discapito dei soggetti più deboli (i figli minori). È previsto infatti che l’esercizio della potestà (e cioè la facoltà ma anche l’obbligo di porre in essere tutti gli atti della vita quotidiana che possano interessare i minori) spetti ora ad entrambi i genitori [e non più ad uno solo] e che le decisioni di maggiore interesse relative ad istruzione, educazione e salute siano da essi assunte di comune accordo… Bene, ma se poi questo accordo non c’è? Se pur raggiunto faticosamente viene disatteso? Bisognerà ricorrrere di nuovo al giudice che magari dovrà stabilire se è più giusto che l’apparecchio per i denti del figlio minore sia applicato dal dentista Tizio anziché dal dentista Caio… oppure se è più giusto iscrivere il figlio minore nella tale scuola pubblica piuttosto che in quell’altra o magari in quella privata, e via dicendo. Il che, oltre a costituire un inutile aggravio a carico del già complesso e appesantito apparato giudiziario, potrà comportare sgraditi allungamenti dei tempi per addivenire a soluzioni pratiche che dovrebbero essere al contrario adottate con sollecitudine proprio nell’interesse dei figli. È stato detto da qualcuno che, anziché parlare di potestà congiunta affidata ad entrambi i genitori, sarebbe stato meglio che la nuova legge (in coerenza anche con quanto previsto da un Regolamento della comunità europea) avesse previsto la congiunta responsabilità genitoriale, e ciò proprio per far emergere la necessità di valorizzare i diritti dei figli minori piuttosto che quelli dei genitori; e che, inoltre, la nuova legge non prevede la nomina di un eventuale terzo soggetto neutrale in grado di curare gli interessi dei minori in caso di conflitto con i genitori stessi. Osservazioni forse giuste; ad esse si deve accompagnare altresì l’auspicio che i cittadini interessati all’applicazione dei rimedi previsti dalla nuova legge ne colgano le finalità (in sé pienamente condivisibili) e coltivino l’intenzione di darvi concreta attuazione con senso di responsabilità, nell’interesse primario dei figli; soprattutto disdegnando dal ricorrere ad essi in funzione – per così dire – solo strumentale . Adriano Pischetola

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