La voce e il libro

Il 16 aprile la giornata mondiale della voce, il 23 quella del libro
voce

All’inizio era il grugnito. Circa 5 milioni di anni fa alcune scimmie in Africa cominciarono a dare il via a quella che è tuttora l’avventura più straordinaria avvenuta sul nostro pianeta: lo sviluppo dell’umanità. Un percorso travagliato, nel quale la chiave del successo, come dice lo storico israeliano Yuval Harari, «non è stata la nostra razionalità individuale, ma la nostra incomparabile capacità di pensare collettivamente». Per pensare collettivamente è però necessario capirsi, elaborare qualche pensiero complesso e trasmetterlo agli altri. Il grugnito non è sufficiente. È necessaria la voce. La parola. Gli studiosi non concordano su quando gli esseri umani abbiano iniziato a parlare. La voce, come si sa, non lascia traccia, se non nei cuori e nelle menti dei propri simili. Non è come un’anfora, uno scheletro o un’utensile di pietra, che si può dissotterrare e studiare. Quindi si va per approssimazioni. C’è chi sostiene all’incirca 164.000 anni fa, chi va indietro fino a 500.000 anni fa. Comunque, dopo milioni di anni dominati dal grugnito, ci fu la parola. E tutto cambiò. Si iniziò a raccontare delle storie.

Le parole si perdevano, sì, nel vento, ma mettevano radici nei cuori e nelle menti degli esseri umani che le ascoltavano. Nascevano le culture. Un salto di tempo. Siamo a circa 5500 anni fa. Alcuni uomini, in Mesopotamia, in Egitto, in Cina, trovarono il modo di trascrivere i suoni della voce. L’uomo cominciava a formare una memoria esterna a se stesso, non basata soltanto sul ricordo di racconti ascoltati, ma depositata per i posteri mediante segni fatti su tavolette di argilla, su papiri, pergamene, carta. Passarono i secoli, i millenni. Fino a che, nel 1457, uno stampatore di Magonza, Johann Gutenberg, realizzò la celebre Bibbia in latino. Era l’inizio di una nuova epoca. Un ebreo di Soncino, Yehoshua Shelomon, riassunse quel momento di euforia nel colophon di un libro che finì di stampare il 19 dicembre 1483: «Prestissimo si faranno molti libri, fino a tanto che la terra sarà piena di sapere».

Voce e libro. È singolare che questi due traguardi dell’evoluzione umana vengano ricordati in due giornate mondiali celebrate a pochi giorni di distanza: quella della voce, istituita nel 1999 e festeggiata ogni anno il 16 aprile; quella del libro istituita nel 1996 e festeggiata ogni anno il 23 aprile. La giornata mondiale della voce ha una valenza prevalentemente medica. Vuole ricordare l’importanza di salvaguardare questo elemento importantissimo di ogni individuo, contro tutte le forme di disturbi e malattie a cui può essere soggetta la voce. La giornata mondiale del libro si celebra nel giorno in cui si ritiene siano morti, nel 1616, tre celebri scrittori: Miguel de Cervantes, William Shakespeare e il peruviano Garcilaso de la Vega chiamato “El Inca”. Che in realtà fu il solo dei tre a morire effettivamente il 23, perché Cervantes morì la notte del 22 e Shakespeare sì il 23, ma del calendario giuliano che alla sua epoca era ancora in vigore in Inghilterra (secondo l’attuale calendario gregoriano, sarebbe morto il 3 maggio).

La voce è probabilmente il primo stimolo che percepisce ogni essere umano. Il bambino sente vibrare la voce della madre mentre si sta formando nel suo ventre. Esperti sostengono che sia il segnale acustico più intenso misurato nell’ambiente amniotico, e quello che il feto sembra preferire. Freud parlava del grembo materno come di un mondo magico che l’uomo ricercherà sempre nella vita adulta e che, se sarà fortunato, potrà ritrovare con l’amore. La voce è la chiave di quel mondo incantato. Ma la voce ha un contraltare. Il silenzio. Voce e silenzio sono due facce della stessa medaglia. La frase “ma tu mi ascolti quando non parlo?” simpaticamente raffigurata in tante vignette, esprime una realtà profonda. Per comprendersi non è sufficiente saper ascoltare la voce. È necessario capire anche la sua assenza, il silenzio.

Il libro è la chiave della persistenza. Che cosa sarebbe rimasto del popolo di Israele se alcuni uomini, tenacemente, nel corso dei secoli, non avessero messo per iscritto la Bibbia? Difficile dirlo, ma probabilmente sarebbe scomparso come tanti altri popoli antichi.  Oggi voce e libro si trovano di fronte a nuove sfide. L’Intelligenza Artificiale potrà creare voci sintetiche con cui far dire a chiunque qualunque cosa, anche quello che non si è mai sognato di pensare. Potrà creare libri in cui l’autore umano avrà una parte marginale. Sarà quindi compito dell’etica fare in modo che i progressi della scienza contribuiscano allo sviluppo, e non alla distruzione, del significato stesso di umanità. Che dai primi grugniti a oggi ha fatto tanta strada. E tanta ne farà ancora. Come, dipende da noi.

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