La violenza non è da uomini

Per affrontare il flagello del femminicidio, il ministero della Donna della Repubblica Dominicana ha deciso di arruolare gli uomini come protagonisti di un imprescindibile cambio culturale, cominciando da un'inedita “marcia degli uomini”

Un fiume di magliette arancioni ha riempito mercoledì le strade del centro di Santo Domingo.

Le indossavano centinaia di uomini, in marcia con cartelli di protesta… contro gli uomini! O meglio, in favore della pace, del rispetto e della non-violenza sulle donne. «L’uomo la valorizza, non la umilia»; «L’uomo la rafforza, non la fa crollare»; «L’uomo va ammirato, non temuto»… erano alcuni dei messaggi del corteo. Li portavano solo uomini, quelli che hanno risposto all’appello del ministero della Donna, al quale si sono associati quello della Pubblica Istruzione, il comandante della Polizia e il Programma Onu per lo Sviluppo (Pnud).

L’inedito corteo ha voluto essere l’inizio di un mese di «guerra frontale alla violenza». Una guerra a tutto campo, condotta insieme da donne e uomini. Anzi, soprattutto dagli uomini, poiché sta nella caricaturesca figura del macho e nel mal inteso valore del maschilismo il pericolo numero uno per l’incolumità di tante donne e, in conseguenza, per la sopravvivenza degna di tante famiglie e bambini. La scommessa è quella di un profondo cambio culturale.

Nella Repubblica Dominicana, come in tutta l’America Latina, il femminicidio è un dramma complesso e in crescita. Sono ben 74 le donne assassinate nei primi 11 mesi di quest’anno, per mano dei loro mariti, fidanzati o ex. La media degli ultimi anni è di 102. E parliamo di una nazione di soli 10 milioni di abitanti. Sebbene la quasi totalità degli Stati della regione abbia messo in atto politiche di deterrenza e prevenzione contro la violenza intra-familiare, il numero di donne uccise per motivi legati al semplice fatto di essere donne (gelosia, violenza durante liti della coppia) è in aumento esponenziale. In parte ciò dipende dal fatto che oggi hanno meno remore nel rivolgersi alla Polizia rispetto al passato – specie nelle aree rurali – quando uno schiaffo, delle grida o altri atteggiamenti violenti erano considerati quasi “normali” (anche se non mancano testimonianza di atteggiamenti denigranti subiti nei commissariati al momento della denuncia). La donna era praticamente proprietà privata dell’uomo capofamiglia.

La crescita economica e sociale ha condotto a un’emancipazione femminile a tutto tondo che tuttavia presenta sull’altra faccia della moneta gli effetti di una mascolinità dall’orgoglio ferito e disorientata da questi cambiamenti. L’autonomia economica delle donne lavoratrici e la gelosia per le troppe ore fuori di casa, uniti all’alcolismo e a un concetto di violenza e del “farsi rispettare” inerente alla mascolinità hanno fatto emergere ciò che c’era sotto la punta dell’iceberg. «Marciamo per una miglior mascolinità», era lo slogan di questo corteo dominicano, insieme ad un altro: «Fermare la violenza verso le donne è anche cosa da uomini».

Hundreds of men march to stop violence against women in the Dominican Republic

Alla fine della marcia, emblematico l’intervento di un bambino, Dariel Mesa, che ha elencato dieci principi «che ci faranno sentire uomini migliori», come «riconoscere che uomo e donna sono complementi della stessa creazione» o «accettare da uomo un errore è un valore che mi fa più grande». «La mia mascolinità non mi è stata data per imporre le mie verità e i miei criteri, bensì per condividere la vita», ha anche affermato.

Di fronte alla serietà e all’ampiezza del problema, la ministro della Donna, Janet Camilo, ha dichiarato la sua impotenza, non sapendo che cos’altro fare per fermare il fenomeno, che ha attribuito alla «mancanza di amore dell’essere umano». «Oggi ho camminato per mia madre, per mia moglie, per le mie figlie, per mia sorella assassinata da uno che si considera un uomo», sono state le scioccanti parole del comandante della Polizia Nazionale, Ney Bautista Almonte. Spesso sono proprio militari e poliziotti i carnefici delle donne.

Il ministro della Pubblica Istruzione, Andrés Navarrao, ha enfatizzato la necessità di abbordare l’educazione a un nuovo concetto di mascolinità negli scolari. In causa sono gli insegnamenti tradizionali che proibiscono ai maschietti di piangere, per esempio, come anche di esprimere i loro sentimenti e difficoltà. È ancora presto per valutare l’esito della campagna di prevenzione messa in atto nelle scuole.

Intanto, il procuratore generale della Repubblica, Jean Rodríguez, ha annunciato l’avvio di un piano nazionale di risposta alle vittime, in termini di immediatezza e di maggiore preparazione specializzata del personale, che aumenterà anche in termini quantitativi. «Poiché siamo di fronte a un problema culturale – ha affermato Rodríguez –, stiamo cercando la collaborazione dei diversi settori della società», e ha promesso che tutti i distretti del Paese avranno a disposizione un efficiente servizio di assistenza.

Come detto, l’evento è stato solo l’inizio di un mese di intensa attività. In effetti il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro la donna, e la scelta della data è dovuta alla corrispondenza con l’uccisione delle sorelle dominicane Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, avvenuta nel 1960, verso la fine della terribile dittatura militare di Rafael Trujillo Molina. Simbolicamente, la “marcia degli uomini” si è conclusa davanti a busti eretti in loro onore, e da qui vuol partire un più che mai necessario cambiamento culturale.

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