La speranza non è reato. Primo Maggio in Sicilia

In Sicilia sindacati e associazioni hanno celebrato il Primo Maggio scegliendo due luoghi simbolo della battaglia per la legalità e i diritti dei lavoratori. Le parole del fondatore di Libera sulla tragedia di Dauda Diane, l'importanza della sua denuncia e contro la convergenza di mafia e politica
Primo maggio Sicilia
(Foto: Francesca Cabibbo)
  1. La speranza non è reato. Il Primo maggio in Sicilia da Portella della Ginestra ad Acate.
  2. La speranza non è reato. Le parole di don Ciotti ad Acate, nel ricordo di un giovane immigrato scomparso

Acate e Portella della Ginestra.

Due luoghi simbolo della battaglia per la legalità, la giustizia, la tutela del lavoro in Sicilia.

I sindacati si sono dati appuntamento nella vallata a 30 chilometri da Palermo dove, nel 1947, la banda guidata dal bandito Salvatore Giuliano aprì il fuoco contro i contadini che manifestavano per il primo maggio, uccidendo undici persone. Viene ricordata come la prima strage dell’Italia repubblicana, un momento ed un luogo simbolo della battaglia per i diritti dei lavoratori.

Anche quest’anno, erano presenti i rappresentanti dei sindacati Cgil, Cisl, Uil, hanno aderito numerose associazioni e, tra queste, il Centro Studi Pio la Torre, nel ricordo dell’uomo politico siciliano che si batté per i diritti del lavoro, contro la mafia e che per questo venne assassinato. Ha partecipato anche la neosegretaria del Partito democratico, Elly Schlein.

Da un versante all’altro dell’isola, si giunge ad Acate. In questa cittadina di 11.000 abitanti, nel centro della fascia trasformata, una tragedia si è consumata dieci mesi fa. Il 2 luglio dello scorso anno, un lavoratore ivoriano, Daouda Diane, è scomparso misteriosamente senza lasciare traccia. Quel giorno, uno dei giorni più caldi dell’afosa estate siciliana, Daouda si era recato al lavoro presso un cementificio: una sorta di secondo lavoro, in nero, cui si dedicava spesso nei giorni liberi dal suo lavoro di mediatore culturale.

Daouda lavorava sodo, spesso in condizioni difficili e cercava di racimolare i soldi per la sua famiglia, la moglie, il figlioletto di otto anni, altri familiari che non vedeva da quattro anni e che di lì a qualche giorno avrebbe dovuto raggiungere. Aveva già acquistato il biglietto aereo e il 21 luglio sarebbe dovuto salire su quell’aereo che lo avrebbe riportato in patria per qualche giorno. Ma su quell’aereo non è mai salito. Sognava di poter portare in Italia la sua famiglia. Il sogno è rimasto nel cassetto. La sua famiglia, in Costa d’Avorio, lo attende invano e non ha più sue notizie. E non ha più chi pensi al loro sostentamento.

Le indagini, finora, non hanno dato nessun esito. Daouda sembra scomparso nel nulla. Quella mattina aveva realizzato un video, inviato al fratello in Costa d’Avorio e al suo coinquilino ad Acate. Si trovava dentro una betoniera, che forse stava ripulendo con un martello pneumatico in mano. «Qui si muore» aveva detto. Sono le ultime parole pronunciate. Poi è scomparso nel nulla. Misteriosamente. Di lui più nessuna traccia.

La Cgil ha scelto Acate per la manifestazione del Primo Maggio. Lo ha fatto insieme a Libera per una manifestazione che ha visto anche la presenza di don Luigi Ciotti.

Sul palco, il fondatore di Libera e del gruppo Abele, ha pronunciato parole di giustizia e di speranza.

«Senza diritti il lavoro non è libero, non è dignitoso – ha detto don Ciotti –. Le logiche del profitto trasformano il lavoro. La denuncia di Daouda è importante. Questa è una terra meravigliosa, ma è una terra ferita. Daouda ci ha parlato del lavoro e dei suoi diritti, quel lavoro piegato. Troppi sono costretti a fare genuflessioni». Ha parlato delle convergenze tra mafia e politica, laddove spesso la politica trova delle strane convergenze con la mafia. E ha citato il nome dell’ex sottosegretario agli Interni, il trapanese Antonio D’Alì, di recente condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. «Si è creata una convergenza di metodo – ha aggiunto – tra la logica del capitalismo di mercato e la mentalità e i metodi delle mafie. La mafia cerca la libertà di agire al di sopra delle regole. E su questi temi oggi, in Italia, la differenza la fa l’indifferenza. E in questo clima proliferano il gioco d’azzardo, la droga. Proliferano le mafie. Oggi le mafie e alcuni settori della politica e dell’economia parlano la stessa lingua: quella dell’egoismo, del privilegio e della sopraffazione sui deboli».

Don Ciotti ha parlato dei diritti dei migranti, usando parole forti. «La speranza non è reato. Fuggire e cercare un futuro migliore non può essere un reato». Le sue parole hanno scardinato la logica di chi oggi cerca di limitare gli arrivi e i diritti dei migranti, anche economici, nel nostro paese.

Don Ciotti ha ricordato l’enciclica di papa Francesco “Laudato sii”. «Deve diventare LAUDATO QUI! Nella concretezza dell’impegno». Ed ha ricordato che «Papa Francesco la rese nota nel giorno dell’inizio del Ramadan. I segni sono. Importanti. Sono un messaggio di fratellanza».

Un messaggio di fratellanza che viaggia anche con l’appello per le Ong, che salvano le vite umane, con l’invito rivolto alla cittadina di Acate, ad adottare la famiglia di Daouda. «Questa città, che è stata la sua città, adotti la sua famiglia. È un fratello vostro un cittadino di questa città».

Ha chiuso ricordando Rosario Livatino e con un messaggio di speranza. «Noi continuiamo a sperare che ci siano politiche lungimiranti, che sostengano coloro che aiutano la speranza di un futuro migliore. Livatino scriveva nel suo diario: «Alla fine della vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili».

Sul palco anche le testimonianze di alcuni lavoratori, di alcuni sindacalisti, tra cui il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni.

In una terra carica di problemi, nel profondo sud del paese, alcune notizie rivelano la presenza di una società civile e di istituzioni mature e responsabili. A Marina di Acate, frazione che si torva nel cuore della fascia trasformata, dove vivono centinaia e migliaia di lavoratori stranieri, spesso in condizioni precarie, opera, da dieci anni, il «Presidio Caritas». Il direttore Domenico Leggio ha raccontato cosa viene fatto per accompagnare e tutelare i diritti degli ultimi. Tantissimi i volontari che operano lì. Il sindaco di Acate, Giovanni Di Natale, ha ottenuto l’istituzione di una scuola materna. Già 25 bambini sono iscritti per il prossimo anno. Sono bambini che potranno vivere un momento di socialità e di scolarizzazione. Oggi spesso i genitori sono costretti a lasciarli da soli a lungo per andare a lavorare nei campi.

Sul palco il magistrato di Cassazione Bruno Giordano (fino al dicembre scorso direttore dell’Ispettorato nazionale del Lavoro) ha parlato delle difficoltà nella tutela dei lavoratori.

Qualcosa si muove e in una terra difficile e controversa, una tragedia porta con sé segnali di speranza. Insieme all’impegno, che tanto spesso non fa notizia, di chi sceglie di lavorare al fianco dei più deboli. Per tutelare i diritti del lavoro, i diritti delle persone, la legalità.

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