La posta del direttore

PUBBLICI DISSERVIZI Domenica 9 gennaio u.s. sono stata coinvolta in un ennesimo disagio ferroviario. Il treno Torino-Palermo delle ore 18,05 sul quale sono salita, poco dopo la partenza, nella vicina stazione del Lingotto, è stato fermato per accogliere un gruppo di circa trecento ultrà tifosi di una squadra di calcio scortati da un grande numero di poliziotti in assetto da guerra. L’operazione necessitava del controllo personale di ogni tifoso e pertanto il fermo del treno si prolungava indefinitamente. Non servivano le proteste dei viaggiatori perché gli ultrà avevano la precedenza, ma intanto solo per fare qualche esempio: una signora di Genova avrebbe perso l’ultima corsa del pullman per andare a casa nell’entroterra ligure, un’altra perdeva la coincidenza con un treno a Pisa, alcuni non sarebbero più saliti sul traghetto previsto allo stretto di Messina, e così via. Non mi sembra assolutamente corretta l’interruzione della corsa così prolungata di quel treno a lunga percorrenza per favorire persone per le quali forse sarebbero stati necessari differenti provvedimenti. Nada Maggiora – Asti Nei giorni in cui il disastro ferroviario di Crevalcore ha evidenziato ben altre carenze delle nostre ferrovie, può sembrare poca cosa un ritardo come questo. Eppure anch’esso è indice di un malessere che affligge non solo le ferrovie, ma gran parte dei servizi pubblici italiani.Troppo spesso, anziché provvedere ai disguidi, si tira a campare. La tecnologia, come sappiamo, si sviluppa molto rapidamente e ci offre treni sempre più veloci e molte altre opportunità. Ma allo stesso tempo, gli uomini sembrano congiurare per annullare questi vantaggi.Troppo spesso si trascura la sicurezza e si sottovaluta le esigenze dell’utente. In questi casi protestare diventa un dovere e molte volte non è neppure un esercizio inutile. CONSENSI E DISSENSI Condivido in pieno, anche da meridionale del profondo sud, la lettera di Alex Stacchini. Caro direttore, nelle sue risposte lei finge di non capire. Nessuno le chiede che Città nuova sposi le tesi del governo o della Lega; ma soltanto che non sposi le tesi della sinistra: come invece puntualmente accade. Ma non c’è peggior sordo… Naturalmente non mi illudo che questa mia venga pubblicata. Città nuova ha già fatto una grande eccezione a pubblicare in una sola volta la lettera di Stacchini e quella di Paride Giuliani. Stacchini è una persona intelligente se non rinnova più l’abbonamento, non lo è invece il sottoscritto che si riabbonerà…. Giovanni Capone Rosarno HO CAPITO LA FINALITÀ DI CITTÀ NUOVA Vorrei dire il mio pensiero sul giornale in risposta al lettore di Coriano (vedi Città nuova n.24/ 2004). Sono un elettore del centro-sinistra, sono operaio e ho poca istruzione politica, certamente non sono stupido, credo poco alla televisione, e leggo volentieri gli articoli sulla politica di A.M. Baggio. Quando il professore Baggio critica con i suoi articoli l’operato negativo del centrosinistra (perché lo fa) o del centro destra, fa bene. Io uso parole più dure, più pesanti e forse più offensive rispetto a quelle del professore nei confronti delle due coalizioni. Certi atteggiamenti, certe esternazioni, certe prese di posizioni, o di contrasto a volte umilianti, per non dire di lite, mi danno il voltastomaco e mi fanno molto pensare. E ciò avviene molte volte per interesse propagandistico di partito e, fatemelo dire, anche personale. Anteporre al bene comune (i richiami del presidente della repubblica sono noti) gli interessi di partito di coalizione, o di governo è ributtante. Credo che la realtà italiana sia un po’ diversa da come vorrebbero farci credere i nostri politici, soprattutto quelli di governo. Caro lettore di Coriano, come te sono un abbonato a Città nuova e da molto tempo. In tutti questi anni ho capito la sua finalità anche in campo politico (e questo la fa grande). Si è sempre auspicato l’incontro nel rispetto delle opinioni dei vari partiti. In nessun giornale politico di qualsiasi colore ho letto che questi si prodigassero o organizzassero dibattiti, incontri di politici diversi su argomenti che interessano la maggior parte degli italiani. Città nuova l’ha fatto e spero lo farà nel futuro; il bello è che è sempre in positivo. Caro Alex, quando infilo la mano in tasca e la tiro fuori, e vedo che ci sono pochi soldi, credimi: una parte di colpa la do ai governi di qualsiasi colore essi siano. Saluti, e auguri di un sereno anno. Carmelo – Sicilia Ringrazio il nostro lettore siciliano, per le sue parole sincere che si commentano da sole.Vorrei però ringraziare ancora una volta Alex Stacchini per la sua lettera altrettanto sincera che ha suscitato consensi e proteste; e allo stesso tempo quanti altri ci scrivono per dissentire su alcuni argomenti trattati dalla rivista, ai quali non è sempre possibile dare spazio. Dunque anche Giovanni Capone, pure lui del profondo sud, che ci pungola a non essere sbilanciati a sinistra. Il nostro sforzo, ci creda, non è di dosare critiche e consensi, ma di dar voce agli ultimi, possibilmente rispettando la verità dei fatti. EGUALITARISMO E UGUAGLIANZA Hanno fatto notizia in questi giorni le dichiarazioni di Francesco Rutelli sulla fine dell’epoca dell’egualitarismo e della socialdemocrazia. Limitandomi al primo aspetto, non penso proprio che l’on. Rutelli abbia inteso affermare che è finito il principio di eguaglianza, piuttosto il modo di esercizio e di attuazione di tale principio nella forma che si è avuta nella seconda metà del secolo scorso. Ciò, in parte, è vero. Allora bisogna comprendere come va attuato oggi nei rapporti sociali, civili ed economici il principio di uguaglianza. Ritengo che il più grande bisogno del mondo d’oggi è conciliare due esigenze: il rispetto della dignità e dell’uguaglianza delle persone negli anzidetti rapporti e la stabilità e vitalità dei rapporti medesimi a favore della vita della comunità sociale. Bisogna inaugurare un nuovo modo di vivere le relazioni umane e sociali, che realizzi le suddette esigenze. Attraverso questo modo, che salvaguarda le identità personali e le loro differenze, il principio di uguaglianza può trovare attuazione nel rispetto delle diversità individuali e sociali, a pro del bene di ciascuno e dell’intero corpo sociale. Giovanni Caso – Grottaferrata A PROPOSITO DI INTERDIPENDENZA Ho iniziato il capodanno leggendo con interesse il messaggio del papa per la giornata mondiale della pace dal tema Non lasciarti vincere dal male ma vinci con il bene il male. Giovanni Paolo II non si limita a un esame dei mali sociali che affliggono l’umanità, ma va alla radice di essi e ripresenta le strade da percorrere per vincere il male col bene. Là dove si sofferma con particolare attenzione alla salvaguardia del bene comune, condizione per ogni vivere civile, come un essere con gli altri e essere per gli altri, ne trova una giustificazione in una prospettiva universale: l’interdipendenza che interessa tutto il genere umano. In un primo momento sono riandato al pensatore americano Benjamin Barber e alla giornata dell’Interdipendenza da lui promossa, di cui Città nuova ha parlato. Ma ben presto ho dovuto costatare che col papa stavo riscoprendo un testo del Concilio Vaticano II:Dall’interdipendenza ogni giorno più stretta e poco alla volta estesa al mondo intero deriva che il bene comune… diventa oggi sempre più universale ed implica diritti e doveri che interessano l’intero genere umano. Pertanto ogni comunità deve tener conto delle necessità e delle legittime aspirazioni delle altre comunità, anzi del bene comune di tutta la famiglia umana (Gaudium et spes 22). E ancora, dove sviluppa il concetto del bene della pace e l’uso dei beni della terra, afferma: Mai come oggi risulta determinante e decisiva, per la realizzazione della pace nel mondo, la consapevolezza dell’interdipendenza tra paesi ricchi e poveri, per cui lo sviluppo diventa comune a tutte le parti del mondo, o subisce un processo di retrocessione anche nelle zone segnate da un costante progresso (Sollicitudo rei socialis 17). Una coincidenza? Oppure vien da pensare che dove si tratta di valori autentici, rispuntano da ogni parte, quasi una sorta di istinto vitale di conservazione che sta dentro l’uomo. E ancora non si può non chiederci dove stiamo andando: verso una solidarietà tra i popoli, oppure c’è un ristagno nell’egoismo nazionalistico di chi si sente forte in casa sua? Sarebbe in questo caso la scelta di andare alla deriva coinvolgendo tutti, come afferma il papa, in una retrocessione? Sarebbe proprio uno tsunami dalle proporzioni ben più catastrofiche di quello verificatosi nei giorni scorsi. Qui il maremoto lo stiamo causando noi. Oppure possiamo prendere coscienza della fraternità universale che è il volto più umano dell’interdipendenza. Mario Bodega La storia umana è costellata di tsunami causati dall’uomo stesso che lo hanno portato a repentine e catastrofiche regressioni. Basti pensare alle guerre (quante!) o ad aberrazioni come la Shoà di cui si è appena celebrato il sessantesimo anniversario. Poi servono decenni, o in taluni casi secoli per una lenta e faticosa risalita. Ma proprio il richiamo al recente maremoto e all’onda di solidarietà che ha generato induce a sperare che, sia pur lentamente, la coscienza della fraternità possa prevalere. Il futuro, come ci piace spesso ripetere, può essere migliore del passato; e certamente lo sarà. Ci stiamo lavorando.

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