La notte della luce

Pasqua a Zagorsk, la città delle 19 chiese, dalle mura bianche e dalle cupole d’oro, nel cuore dell’ortodossa Santa Russia. Indimenticabile per chiunque abbia l’avventura di celebrare il mistero di Cristo Risorto nel monastero di San Sergio con lo splendore della sua liturgia, delle sue icone, della sua architettura, simboleggianti il cosmo trasfigurato nell’unità dell’umano e del divino: risorto con Cristo. In tutta la Chiesa d’Oriente la Pasqua è solennizzata come la Festa delle Feste, ed ha un posto privilegiato nel cuore dei fedeli. Si racconta che nel secolo scorso non era raro incontrare in Siberia dei forzati, fuggiti dai campi di lavoro per venire alla veglia notturna: il desiderio di partecipare alla liturgia pasquale era così forte da vincere sui rischi che una ricattura comportava. Nel buio della notte, immagine del dolore nell’esistenza irredenta, si accende una luce, e la fiamma passa da uno all’altro, in una selva luminosa di ceri (…). Che significa questa notte? Perché vegliamo?. Anche nei più antichi scritti cristiani si ritrova la domanda che già il racconto dell’Esodo suscitava tra gli ebrei. E come accadde per le comunità ebraiche anche in quelle cristiane, pur nell’unità della fede nello stesso mistero di Cristo morto e risorto, si delinearono due diverse pratiche liturgiche. Nell’Asia minore si mantenne la Pasqua di Resurrezione al 14 di Nissan – giorno dell’immolazione dell’agnello -, in qualsiasi giorno della settimana cadesse. Così la morte di Gesù, alla maniera dell’evangelista Giovanni, fu vista di più come glorificazione, come morte gloriosa che contiene e anticipa la resurrezione. Il resto della cristianità, quella occidentale, celebrava invece la Pasqua nella domenica successiva al 14 di Nissan, giorno della Resurrezione. Anche qui, però, si commemorava particolarmente la passione del Signore, così presente nella passione che la Chiesa viveva in quell’era di martiri. Fu a partire dal III secolo che attorno a queste varianti fiorì anche una teologia, che si tradusse nella vita cristiana con due tonalità. Nata più vicina alla tradizione ebraica, anche quando passò alla domenica, la Pasqua degli orientali risaltò tutto il cammino della Chiesa come passaggio, in una resurrezione che già compenetra la storia e solo deve manifestarsi definitivamente. I latini – per una cultura più storicistica e razionale – si soffermano maggiormente sull’avvenimento storico che viene commemorato, sulla causa della salvezza, e perciò sulla morte di Gesù che vinse ogni morte. Si tratta di due facce dello stesso mistero, che già sant’Agostino unì in una piena conciliazione (…). Io dormo, ma il mio cuore veglia , dice la voce dello Sposo nel Cantico dei Cantici, che Israele e la Chiesa ripetono particolarmente in occasione del tempo pasquale. Un antico testo ebraico celebra le quattro notti corrispondenti alle quattro grandi manifestazioni della potenza divina: la creazione, il sacrificio d’Isacco, la Pasqua, 1’ultima venuta. Per i cristiani queste manifestazioni si congiungono con la notte della Natività, la notte del Getsemani, del Venerdì santo, la notte della Resurrezione, della Parusia… Ma molte notti nella vita della Chiesa e dell’umanità furono e sono la vigilia – la veglia – in cui il sonno dello Sposo ha acceso l’ansia del risveglio. Anche la notte della divisione tra i cristiani, protrattasi per secoli, vede le prime luci della riunificazione, ed uno dei segni è il recupero di tutto il significato della morte-resurrezione di Gesù nella vita della Chiesa. L’accento sull’Incarnazione proprio della Chiesa latina, l’aspetto della Croce come eclissi del divino, in Colui che così operò il nostro riscatto, proprio della Chiesa della Riforma; la vitalità dello Spirito che rinnova la faccia della terra, così fortemente sentita nell’Ortodossia ci appaiono come tesori scaturiti da una passione, che nel suo cammino – il passaggio- la cristianità ha vissuto (…).

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