La nostra penitenza

Tempo di preparazione alla Pasqua, la Quaresima è momento privilegiato per la conversione del cuore e una rinnovata decisione per Dio. Questi brani sulla penitenza secondo la spiritualità dell’unità vogliono essere un aiuto in tal senso. Ogni traguardo che si vuol raggiungere, anche in questo mondo, ha bisogno di disciplina, di sacrificio, di sudore, di allenamento. È così la perfezione cristiana: rinuncia e croce… questo è il cristianesimo: vivere la morte di Gesù perché lui risorga in noi, momento per momento.Quindi, potare l'”uomo vecchio” (1) perché l’albero della nostra vita non rimanga un cespuglione inutile, ma dia frutti saporiti. Non vogliamo attendere soltanto l’ultimo momento per offrire a Dio la nostra morte quando essa sarà ormai inevitabile. L’amore per lui ci dice di morire, col suo aiuto, giorno per giorno per risorgere giorno per giorno, momento per momento. Nessuno si è fatto santo senza qualche penitenza anche corporale. lo direi di fare così: ogniqualvolta costatiamo d’aver sbagliato in qualcosa, cerchiamo di fare qualche penitenza per riparare al bene non fatto. Per esempio: siamo stati scontrosi col prossimo? Lo abbiamo urtato, l’abbiamo giudicato male? Cerchiamo di rimediare raddoppiando la dolcezza, parlando bene di lui, difendendolo se occorre. Abbiamo mangiato senza pensare a frenare la gola? Al pasto seguente offriamo a Gesù una mortificazione adeguata. Abbiamo pregato senza attenzione, proprio come non parlassimo a nessuno? Raccogliamoci un momento in profonda preghiera. Ho provato anch’io a fare così… Subentra nell’anima una certa pace, una certa gioia. E, con questa pace nel cuore, diventa più facile vivere l’unità”. Non è certo escluso che anche noi facciamo qualche penitenza corporale o spirituale, specie quelle che in certi periodi la chiesa consiglia. Ma, sotto questo aspetto, dobbiamo soprattutto imitare Maria. Ho ripensato a lei che, manifestandosi come Desolata, è stata riconosciuta da noi proprio come un monumento di santità. Riviverla nella completa rinuncia a sé stessa (giacché qui sta la virtù), imitarla nel suo saper perdere tutto, tutto, persino il suo Figlio Dio. In che modo? Mettiamoci bene nel presente e compiamo la volontà di Dio, perdendo decisamente la nostra, sacrificando tutto ciò che abbiamo in cuore o nella mente, ma che non riguarda il presente. Può essere un ricordo anche vivissimo, un sentimento anche profondo, una cosa, una persona. È una ginnastica meravigliosa: è un morire ogni volta per sempre rinascere. Nella vita cristiana ci vuole qualche piccola penitenza. Perciò anche noi siamo chiamati a fare qualcosa. Senz’altro: dando peso, però, alla nostra penitenza, che è quella di amare il prossimo, di farsi uno, di portare i pesi dell’altro e di amare per primi. Devi sempre buttarti fuori da te stesso finché ti viene una certa abitudine, che è la virtù. Perciò tener presente che le nostre penitenze tipiche sono quelle che riguardano il prossimo e in modo speciale quelle per mantenere sempre l’unità, o per ricomporla, ricomporla, ricomporla sempre. Questa è proprio la nostra tipica penitenza, senza trascurare quelle che la chiesa consiglia. Se osserviamo ciò che lo Spirito Santo ci ha sempre insegnato, vediamo che c’è un martirio tipicamente nostro: è quello che comporta l’amore scambievole così come Gesù lo chiede (2). Esso domanda di amarci tra noi fino ad essere pronti a morire l’uno per l’altro. E questo è martirio, un martirio bianco se vogliamo, ma vero, perché domanda la vita. Un martirio quotidiano, anzi, di ogni momento. Si avverte un’irrevocabile chiamata a puntare, anche in ordine alle penitenze, su quelle che comporta la carità verso il fratello. Essa infatti, se a volte porta gioia, più spesso conosce la fatica, il peso, la sofferenza, la pazienza, perché è impossibile amare i fratelli senza farsi carico dei loro gravami, dei loro pesi. Cosicchè le persone del movimento sin dall’inizio hanno trovato proprio nella pratica della carità il loro tipico modo di portare la croce, di rinnegare sé stesse, elementi essenziali per seguire Gesù.

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