La libertà non ha pizzo
A Reggio Calabria si sono riunite 58 tra associazioni, cooperative e organizzazioni sindacali per dare un'unica voce a chi si ribella al racket.
Dare un’unica voce non solo a chi si ribella al racket, ma anche a chi il pizzo lo combatte tentando di creare una nuova cultura di legalità e di giustizia. Queste le motivazioni con le quali, il presidente nazionale di Libera, don Luigi Ciotti, ha dato il via, nel pomeriggio di ieri, al coordinamento “ReggioliberaReggio – La libertà non ha pizzo”. Ben 58 tra associazioni cattoliche, sigle sindacali e organizzazioni del mondo delle cooperative si sono ritrovate nella città in riva allo Stretto, in una gremita sala dell’Auditorium San Paolo, alla presenza del vescovo della diocesi di Reggio Calabria, mons. Vittorio Mondello, e del prefetto cittadino Luigi Varratta. Il senso dell’iniziativa è racchiuso nelle parole dello stesso Don Ciotti: «Non più navigatori solitari ma un coordinamento che serva a saldare, per unire forze e competenze, con il carburante della speranza e non della rassegnazione passiva per un futuro che verrà, orientandoci attraverso la bussola della giustizia».
E così si è vissuto ieri uno dei momenti più significativi della storia della città, sulla scia di quella coscienza civica che dopo l’attentato alla Procura della Repubblica dello scorso gennaio ha cominciato a svegliarsi. Di certo non sarà un percorso semplice, come ha sottolineato Tano Grasso. Siamo solo agli inizi: i dati dicono infatti che i commercianti e gli imprenditori della città sono vessati almeno nel 70 per cento dei casi. «Dunque, non staranno a guardarci – ha evidenziato don Luigi Ciotti – ma non dobbiamo arrenderci, anzi dobbiamo continuare a contagiare altra gente, unendo quello che la mafia divide e dando speranza attraverso progetti concreti. Dovremmo spogliarci delle nostre sigle ed etichette, con umiltà e soprattutto concretezza, dovremmo confrontarci ed ascoltarci per generare percorsi di cambiamento e di proposta culturale».
Dunque più fatti e meno parole, un programma ardito che, nel concreto, è stato esposto da uno dei giovani che hanno aderito al coordinamento: «A livello politico – ha esordito Francesco Spanò – chiediamo che si migliori la legge concernente il fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura e il perfezionamento della legge regionale in materia. A livello amministrativo, chiediamo la detassazione per le vittime del racket riguardo le tasse provinciali e comunali e la ridefinizione del rapporto con le banche dal momento in cui si denuncia l’estorsione. A livello sociale, sosterremo i soggetti vittime del racket, e agli imprenditori che hanno promosso e condiviso fin dal nascere questa iniziativa di lotta alla ‘ndrangheta sarà consegnato il logo antiracket quale segno a garanzia della libertà dal pizzo e dalle logiche mafiose».
Tra le altre iniziative promosse dal coordinamento ci sarà l’istituzione di un osservatorio sociale antiracket, i cui membri saranno individuati fra gli aderenti all’iniziativa affinché si possano accogliere ed accompagnare nell’iter burocratico quanti denunciano. Il pool avrà anche il compito di valutare le istanze degli imprenditori che vorranno essere inseriti tra i membri di “Reggioliberareggio”. Non poteva poi mancare l’idea del cosiddetto “consumo critico”, lanciata con tanto successo anche in Sicilia dai giovani del movimento Addiopizzo: si chiederà ad enti ed imprese, associazioni e singoli cittadini di aderire, personalmente o come gruppo, alla campagna di educazione al consumo critico e responsabile. Ciò servirà ad orientare i consumatori ad acquistare i propri beni e servizi presso imprese che abbiano denunciato gli estortori, che rifiutino di pagare il pizzo in tutte le sue forme o che decidano di non assecondare più le richieste estorsive. L’altro aspetto su cui si focalizzerà l’impegno di “Reggioliberareggio” sarà la formazione e l’educazione dei giovani, in particolare per la diffusione di una mentalità non omertosa o mafiosa ma libera e responsabile.
Tra i momenti più significativi della serata, la testimonianza di tre imprenditori che nella provincia reggina si sono ribellati al pizzo, Tiberio Bentivoglio, Filippo Cogliandro e Salvatore D’Amico; e quella della figlia di una delle vittime del racket a Locri, Stefania Grasto. Mentre il primo logo antiracket è stato consegnato proprio ieri, dal prefetto della città dello Stretto, Luigi Varratta, alla cooperativa Rom 95, esempio di integrazione e di attività lavorativa nel rispetto della legalità.