La lezione della Sapienza

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Povera Sapienza, le mancava solo quello. Quasi 145 mila iscritti, 4.500 docenti, 21 facoltà, 130 dipartimenti ed istituti, 127 scuole di specializzazione, 21 musei, oltre 150 biblioteche e, adesso, un buco nero. Uno di quel li che risucchiano tutta la serietà e la professionalità dell’ateneo più grande d’Europa e ne macchiano la plurisecolare storia e l’immagine nella comunità internazionale. All’università La Sapienza, fondata nel 1303 da Bonifacio VIII, papa Ratzinger ha preferito non andare. Il 17 gennaio si inaugurava l’anno accademico, ma ha evitato di trasformare la città universitaria in un distretto blindato con reparti antisommossa schierati per difendere la sua persona. Chissà cosa farebbe qualsiasi altro ateneo nel mondo per accogliere un ospite tanto illustre, mentre nella città in cui è vescovo gli è stato impedito di parlare in nome della laicità, della libertà di parola e di ricerca. E meno male che nel 2008 si celebrano l’Anno europeo del dialogo interculturale e l’Anno mondiale dei diritti umani! Nel più importante ateneo romano a far da protagonista è stata una caricatura della laicità – ha commentato lo storico liberale Ernesto Galli della Loggia -, quella scomposta e radicaleggiante, sempre pronta ai toni dell’anticlericalismo . Ecco il punto. Quello che, dell’intera vicenda, ha colpito e amareggiato è l’intolleranza. Il fatto della Sapienza non spunta, purtroppo, fuori dal nulla. Stiamo assistendo da qualche anno – ha rilevato il giurista cattolico Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte costituzionale – a una sorta di imbarbarimento nei rapporti politici, sociali e civili, che producono spesso un linguaggio e delle manifestazioni inaccettabili. Ne sono prova le nostre televisioni. Però si poteva sperare che almeno il mondo dell’università rimanesse immune da queste forme d’intolleranza. L’invito al papa a parlare all’inaugurazione dell’anno accademico fu osteggiato nel novembre scorso da una lettera al rettore, pubblicata sul Manifesto, da parte del prof. Marcello Cini, che definiva la proposta del rettore improvvida e lesiva dell’immagine de La Sapienza nel mondo. Di Benedetto XVI scriveva: Non potendo più usare roghi e pene corporali, ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l’effige della Dea Ragione degli illuministi come cavallo di Troia per entrare nella cittadella della conoscenza scientifica e metterla in riga. Al contenuto e al tono di questa missiva, n’è seguita una seconda, firmata da 67 docenti della stessa università, che condividevano le critiche di Cini. Per dare maggiore forza alle loro posizioni, hanno citato un discorso dell’allora card. Ratzinger, in cui riprendeva un’affermazione del filosofo Feyerabend – Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto -. La riprendeva, certo, ma per confutarla. Mentre questo non si ricava dal testo della lettera dei firmatari. Una distrazione? Una leggerezza, magari prendendo la citazione incompleta da Wikipedia? Un’intenzionale manomissione? Chissà… Una volta rese note, delle due lettere non se n’è più parlato. Se non che, pochi giorni prima dell’inaugurazione dell’anno accademico, i due testi sono stati improvvisamente (e astutamente?) rilanciati da alcuni quotidiani, spiazzando gli autori stessi delle missive e accendendo i fuochi della polemica. Dopo l’annullamento della visita papale, i docenti firmatari della nota di protesta sono stati definiti cattivi maestri e fatti oggetto di pesanti epiteti e critiche. Ma va detto chiaro che anche nei loro confronti valgono il principio della tolleranza, l’apertura alla diversità di posizioni e il rispetto delle persone. Non a caso, come reazione, è stata avviata a loro sostegno una raccolta di firme tra i docenti di tutte le università, con pressioni ad aderire all’appello, come ci viene riferito. Comunque la si voglia considerare, la vicenda della Sapienza è stata un duro colpo per il mondo laico. I maggiori esponenti hanno scritto e dichiarato la loro disapprovazione per una tale manifestazione d’intolleranza. Posizioni oneste, che vanno tenute a mente per evitare affermazioni generalizzate anche da parte di talune componenti ecclesiali, più inclini alla scorciatoia della logica e del clima da muro-contro-muro. Anche da parte cattolica, infatti, non è il momento né della rivalsa dopo l’increscioso episodio all’ateneo romano, né del trionfalismo e di prove di forza, ma quello di un dialogo realmente rispettoso delle posizioni diverse. Nel testo, che Benedetto XVI avrebbe dovuto pronunciare nell’Aula magna della Sapienza, l’indicazione è chiara. È una riflessione da leggere e conservare e tornare a meditare. Come le espressioni da lui usate subito dopo la recita dell’Angelus in una piazza San Pietro con oltre 200 mila romani venuti a manifestargli affetto e vicinanza dopo la forzata rinuncia. Vi incoraggio, cari universitari, ad essere sempre rispettosi delle opinioni altrui e a ricercare, con spirito libero e responsabile, la verità e il bene. Una logica controcorrente, quella del papa, rispetto a quanto anima tanta parte del mondo universitario italiano, tradizionalmente legata alla cultura di sinistra. La fine dell’ideologia marxista ha prodotto molti orfani e un vuoto che è stato riempito da posizioni laiciste e scientiste (la scienza unica fonte di verità) assurte piano piano ad ideologia che non ammette la presenza di posizioni diverse, soprattutto del pensiero della Chiesa. Ancor più di un papa come l’attuale, già docente universitario, che vuol favorire il dialogo tra cultura e religione, tra verità e libertà, tra fede e ragione, tra Chiesa cattolica e mondo contemporaneo. Papa Ratzinger è accusato soprattutto di intromettersi nel dibattito politico italiano e internazionale. In realtà, sono anche le nuove scoperte scientifiche – ha sostenuto Galli della Loggia – a porre problemi di carattere morale e politico sui quali la Chiesa trova necessario intervenire, provocando la reazione dell’ideologia scientista. Da un’ulteriore contrapposizione tra credenti e non credenti nessuno ci guadagna. Quanto accaduto alla Sapienza potrebbe piuttosto favorire, se prontamente avviata, una riflessione sul senso stesso della laicità, valore umano e cristiano di fondamentale rilevanza, che deve stare a cuore a tutti, perché serve il bene comune. La laicità italiana è stata definita malata. I segnali emersi sono chiari: il papa è stato fatto oggetto di una censura preventiva; la prassi della provocazione è diventata consuetudine nel mondo politico; i diritti di veto di piccole minoranze stanno inasprendo la vita quotidiana della gente. Il rischio è la diffusione della logica dell’intolleranza e dei suoi nefasti approcci ad altri settori della vita civile con il risultato di imbarbarire la convivenza. Benedetto XVI, dall’ostracismo di alcuni della Sapienza, ha finito per trarre imprevisti benefici: la sua assenza si è trasformata in una presenza ancora più pregnante; le parole del mancato intervento sono andate molto al di là dell’abituale cerchia degli estimatori e sono state lette con un’attenzione decisamente maggiore. Dall’accaduto potrebbe derivare una spinta positiva al dialogo tra credenti e non credenti sui rapporti tra ragione e religione, tra fede e scienza negli atenei italiani. Quanti hanno a cuore questi temi sono chiamati ad uscire allo scoperto, a creare reti di relazioni e di iniziative, a favorire una conoscenza reciproca per avviare o accentuare un dialogo serio e sereno, profondo e costante. Docenti e studenti universitari potrebbero divenire gli artefici di efficaci laboratori da cui la società civile e il mondo politico potranno mutuare metodi e logiche. Allora, quella porta chiusa alla Sapienza avrà aperto prospettive prima impensate. DOCENTI Creiamo percorsi di dialogo Nell’università di Catania pochissimi hanno solidarizzato con i docenti romani contrari all’intervento del papa, mentre il preside di Scienze politiche ha inviato a tutti i professori il testo dell’intervento di Benedetto XVI. Nel mio campo, l’ecologia, non ci sono difficoltà di dialogo tra credenti e non credenti. La riflessione avviene in serenità e libertà sia in occasioni locali che nazionali. Lo scorso anno, con l’Accademia Gioenia di scienze naturali, abbiamo organizzato una serie di seminari sull’origine e l’evoluzione della vita, ed uno di questi seminari ha avuto come tema il rapporto tra fede e scienza. Giuseppe Giaccone Ecologia Scienze, Catania La Chiesa e quei 67 professori Sorprende e rattrista vedere nella vicenda tanta superficialità, se non si vuole pensare ad altro. La Chiesa, che non è stata responsabile di nulla, potrebbe far presente, anche ufficialmente, che rispetta – anche se non condivide – le opinioni dei 67 docenti e che dissente dal linciaggio mediatico cui sono stati sottoposti. Una scelta del genere potrebbe contribuire a risolvere i rapporti tra mondo della scienza e Chiesa. Lamberto Rondoni Istituzioni di matematiche Politecnico di Tori O comunità o frammentazione Avviare un dialogo richiede un alto senso di responsabilità. L’università dovrebbe ripensare sé stessa come universitas, aperta al dialogo e al confronto dei saperi, ma ancor più come comunità, cui concorrono tutte le componenti. Anche il lavoro di ricerca e di insegnamento va trasformato in occasione d’incontro e di ascolto, cominciando con gli studenti. Spegnere la conflittualità o l’ostilità significa diventare capaci di accogliere le diversità. Non è raro oggi, purtroppo, vedersi escludere per le proprie convinzioni. Adriana Cosseddu Diritto penale commerciale Giurisprudenza, Sassari L’emergenza multiculturale aiuta La vicenda si situa in un contesto culturale in molti casi vittima di processi di frammentazione e di disintegrazione, in cui sembrano a volte prevalere isole di intolleranza e di presunzione, forme di integralismo travestite di laicità. Nel mio ateneo si muove, com’è tradizione, un confronto vivace, dove mi sembrano prevalenti le posizioni attente e disponibili all’ascolto reciproco e al rispetto delle diverse posizioni. Per di più, l’emergenza interculturale obbliga credenti e non credenti, appartenenti ai diversi contesti culturali e religiosi, ad incontrarsi. Bisogna assumere umilmente il dialogo come metodo, come dimensione esistenziale, culturale, politica. Giuseppe Milan Pedagogia interculturale Scienze della formazione, Padova Docenti cattolici non vescovi Non mi è piaciuta l’eccessiva criminalizzazione dei docenti che non si sono detti d’accordo. La vicenda è stata gestita nel modo più favorevole agli estremisti, a scapito della possibilità di un dialogo sereno. Come recuperarlo? Forse potrebbe essere utile avviare dibattiti sul tema del rapporto scienza-fede, ma direi in forma di contraddittorio (spero pacato) con discussione, facendo intervenire, da parte cattolica, professori ben preparati, piuttosto che vescovi o sacerdoti. Benedetto Gui Economia politica Economia, Padova STUDENTI La paura del dialogo l’assenza di molti Cerchiamo di ragionare, perché mi interessa capire le motivazioni di tanta ostinazione. Non riesco a spiegarmi la ragione profonda della richiesta di annullare l’intervento di Benedetto XVI: rispettabilissima, perché viviamo in democrazia; assurda, esattamente per lo stesso motivo. Da matricola, appena entrata nella comunità universitaria, certe domande me le pongo: pazienza con gli inesperti giovinastri, ma i docenti? Che esempio ci danno? L’impressione è che abbiano paura. Ma di cosa? Di un confronto con papa Ratzinger? Con una persona che per anni ha insegnato all’università e che resta pur sempre uno dei più grandi teologi del Novecento?. Maria Dams musica, Bologna aicismo e scientismo La vicenda è stata estremizzata da gruppi minoritari che avevano dei loro specifici interessi politici e ideologici sia interni che esterni all’ambito universitario. Cercano di avversare la Chiesa, rappresentante e portatrice di valori in antitesi con quelli di una certa cultura contemporanea. Il dialogo ancora manca o stenta a decollare. Il laicismo ne è un ostacolo, mentre in ambito scientifico si sta rischiando una deriva scientista, secondo la quale viene tolta ogni dignità e validità a quelle discipline, come la filosofia e la teologia, che non attingono al metodo sperimentale. Gli scienziati non credenti e tendenti allo scientismo non riconoscono validità alle ragioni dei colleghi credenti. Vi sono invece docenti non credenti ma ben lontani dalla deriva scientista, con i quali è possibile intavolare un confronto e raggiungere un buon grado di dialogo. Michele, Scienza dei materiali Tor Vergata, Roma E i 140 mila della Sapienza? Resterà un fatto: 100 studenti e 67 docenti hanno urlato il loro no!, senza ammettere repliche. Ma stupisce, considerato che gli iscritti alla Sapienza sono circa 140 mila, l’ingiustificata assenza del popolo studentesco e di tutti gli altri docenti, che avrebbero dovuto, mai come in questo momento, presentarsi alla società come comunità accademica responsabile e unita. Esiste una maggioranza silenziosa, soprattutto tra noi studenti, che resta a casa e di cui nessuno parla. Una maggioranza che vive la dolorosa solitudine sociale e culturale, causa di assenza, spesso inconsapevole, di responsabilità. Per noi studenti, perciò, non è l’epoca dei grandi leader da seguire ma quella di avvicinare il collega di facoltà, affrontare con lui le difficoltà della relazione e del confronto per giungere ad una partecipazione attiva, degna della vita accademica. Marco, Scienze Politiche La Sapienza, Roma

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