La guerra in Siria tra verità e fake news

Da sempre guerra e informazione si attraggono, nel segno della menzogna più che della verità. Il conflitto in corso viene raccontato il più delle volte senza obiettività. Il caso del Sohr

Nella lettera che scrisse al presidente siriano Bashar al-Asad nel dicembre 2016, ai tempi della battaglia di Aleppo, papa Francesco esprimeva con molta chiarezza e senza mezzi termini il suo pensiero sulla guerra: «Purtroppo ci siamo ormai abituati alla guerra, alla distruzione, ma non dobbiamo dimenticare che la Siria è un Paese pieno di storia, di cultura, di fede… Non possiamo accettare che questo [patrimonio] sia negato dalla guerra, che è un cumulo di soprusi e di falsità».

Così il papa descrive la guerra in sé, quella siriana come tutte le guerre: «Un cumulo di soprusi e falsità». Beninteso, questo non è un giudizio su chi fa la guerra, ma un dato di fatto non difficile da rilevare e che descrive esattamente quello che sta succedendo in Siria.

Il problema sorge quando occorre sapere di chi è la responsabilità di un atto di guerra. E qui entra in gioco l’informazione e la controinformazione. Da sempre guerra equivale a menzogna nel campo informativo, perché i vari contendenti hanno sempre usato della falsa informazione per confondere l’avversario. Ma oggi, forse più che in passato, il “ballo delle notizie” intorno al conflitto che da sette anni insanguina la Siria è quotidiano e quasi sempre incontrollabile. E questo favorisce un uso funzionale delle notizie contraddittorie per manipolare l’opinione pubblica. Magari per giustificare una ritorsione, un bombardamento, una vendetta.

Un esempio non casuale: quando non si sa chi è stato a fare cosa, ammazzando non si sa chi, si tirano in ballo i gas, le famigerate armi chimiche. Statisticamente, molti media occidentali, quelli che fanno opinione, finiscono per attribuire l’uso esclusivo di armi chimiche ai governativi siriani. In realtà non si sa quasi mai chi ha fatto cosa, ma attribuire l’uso di armi “odiose” ai governativi serve per sottolineare che gli “altri” usano solo “oneste” bombe normali. Magari si tratta di migliaia di tonnellate sganciate su civili, ospedali e scuole, ma sono solo bombe “normali”.

Un altro esempio di qualche giorno fa. Un Tg italiano ha annunciato, senza spiegazioni: «I turchi e l’esercito siriano libero affermano di voler cacciare i curdi da tutti i territori che hanno occupato». E quali sarebbero i territori che i curdi hanno occupato? Quelli dove vivevano già nel quinto secolo avanti Cristo, come sembra indicare Senofonte nell’Anabasi?

Un incredibile esempio di ballo o babele delle notizie è fornito dall’ormai famoso e citatissimo “Osservatorio siriano per i diritti umani”, il Sohr, per usare la sigla inglese. È noto da tempo che tale osservatorio si trova in Inghilterra, a Coventry, dove è costituito e gestito da una singola persona, il siriano Rami Abdul Rahman, nome d’arte di Osama Suleiman, che in Siria non mette piede da almeno 18 anni, da quando è fuggito perché perseguitato dal padre dell’attuale presidente “ereditario” siriano. Abdul Rahman afferma di essere a capo di una rete di oltre 230 osservatori sul terreno, che lo informerebbero ogni giorno tramite alcuni coordinatori. Le notizie fornite dal Sohr sono comunque spesso inaffidabili o smentite, oppure parziali e confuse, comunque sempre frammentarie e prive di nomi o di indicazioni rintracciabili, ecc.

Ma sono notizie e di fatto il Sohr è quotidianamente citato come fonte sul conflitto siriano da organi di informazione occidentali del calibro e dell’importanza di Reuters, Bbc, Cnn, New York Times, Voice of America, Deutschlandfunk e National Public Radio. Il motivo è semplice: il Sohr produce notizie a getto continuo e non esistono altre fonti che producono informazioni a questo ritmo. I giornalisti occidentali in Siria o non sono ammessi o sono controllatissimi, ma sono sempre ad alto rischio, tanto che dal 2013 ad oggi ne sono stati uccisi fra i 130 e i 150. È evidente che il Sohr nella sua “fornitura” di notizie ne omette alcune, ne trascura altre o si sbaglia in buona fede su altre ancora. Alla fine questo favorisce comunque un uso fazioso delle informazioni. Un piccolo contributo a soprusi e falsità che va ben oltre, spero, le migliori intenzioni di Osama Suleiman.

Potremmo fare anche esempi di manipolazioni dell’informazione da parte dei governativi siriani, visto che nell’informazione bellica per forza di cose si presentano le cose in bianco e nero, se si è schierati. Tutto questo è solo per dire che quando ascoltiamo una notizia sulla Siria (e non solo) è doveroso chiedersi quale sia la fonte e cosa quella notizia intenda sostenere. Fondare giudizi di colpevolezza o di assoluzione su quelle che ad un’analisi attenta si rivelano fake-news è molto pericoloso e rischia di condannare le vittime o di assolvere i colpevoli.

 

 

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