La guerra ad Est, sul bordo del baratro

L’incidente accaduto appena al di là della frontiera polacca racconta la precarietà dei limiti della strategia militare, così come della politica
Polish soldiers begin laying a razor wire barrier along Poland’s border with the Russian exclave of Kaliningrad in Wisztyniec, Poland(AP Photo/Michal Kosc)

Non c’è ancora certezza nella vicenda dei due missili – o frammenti di missili – caduti nel villaggio polacco di Przewodov, a sei chilometri appena dalla frontiera ucraino-polacca, dal lato di Varsavia. Se il missile fosse caduto in territorio ucraino, un centimetro al di là della frontiera, non staremmo qui a scriverne e discettare su strategie e responsabilità.

La prudenza espressa dal presidente Usa Joe Biden, e in linea di massima da tutti gli attori sulla scena bellica, dice la gravità della situazione; perché, se fosse vero che i russi avessero colpito anche per errore il territorio polacco, la Terza guerra mondiale non sarebbe più “a pezzi”, ma sarebbe ormai realtà diffusa. E ciò perché la Polonia, come membro della Nato, reclamerebbe immediatamente l’applicazione dell’articolo 5 del Trattato atlantico che prevede il mutuo soccorso in caso di attacco nemico a uno dei suoi membri.

Sembra comunque che i tanti aerei di ricognizione (o di spia) che girano alle frontiere ucraine abbiano registrato la traiettoria dei cento missili scagliati ieri da Mosca contro l’Ucraina e quelli della contraerea di Kiev, e quindi anche quelli incriminati per i due morti di Przewodov, per cui a breve si dovrebbe sapere che cosa è realmente successo.

Il presidente Biden ha definito «altamente improbabile» che i missili siano stati lanciati volutamente da Mosca contro il territorio polacco dal territorio russo, e questa pare allo stato delle cose la più probabile delle verità, portando quindi a derubricare l’incidente in “danno collaterale” per un missile russo deviato nella sua traiettoria dalla contraerea ucraina. Che, peraltro, avrebbe fermato 73 dei 100 missili scagliati contro il suo territorio, solo nella giornata di ieri, migliorando di molto le proprie performance, se così si può dire, rispetto agli altri attacchi missilistici russi.

Sia come sia, quest’ultima vicenda polacca sembra denunciare crudelmente la realtà tragica della guerra in Ucraina: si sta giocando col fuoco, e si potrebbe essere dinanzi a un danno collaterale dalle conseguenze imprevedibili con l’allargamento a dismisura del conflitto armato. In questo gioco pericoloso, una vera e propria roulette russa – mai espressione è sembrata così pregnante –, non si può pretendere di calcolare tutto, l’errore può celarsi in un dettaglio che sfugge al controllo e portare a danni maggiori.

Pochi osservatori stanno sottolineando, ad esempio, un pericolo supplementare nel grande gioco della guerra: se, come sembra, i russi si trincereranno in una linea arretrata, ancora non ben definita, sulla riva orientale del Dnipro, per proteggere la Crimea, Mariupol e i loro accessi terrestri, le migliori forze di Mosca verranno spostate nella regione di Zaporizhzhia, unico passaggio possibile – la conformazione geografica rende difficile l’attraversamento del fiume − per le forze ucraine alla ricerca di una riconquista dei territori persi in febbraio e marzo e, perché no, tagliare in due l’esercito russo. Le truppe di Mosca hanno sul posto le famigerate brigate Wagner e stanno spostando le migliori truppe non più impegnate a Kherson.

Ora, tutti sanno che sulla riva sud-orientale del fiume Dnipro c’è la più grande centrale nucleare europea. Finora il sito è stato minacciato da missili e attacchi vari (da ambo le parti), ma si sono evitati incidenti maggiori. Sembra, ora, che nelle prossime settimane la centrale si troverà al centro del teatro di battaglia, con conseguenze difficilmente controllabili, forse come è accaduto per i missili caduti in territorio polacco. Un errore degli attaccanti o dei difensori, un missile potrebbe sfuggire, un bombardamento aereo potrebbe sbagliare bersaglio. E allora?

Giocare col fuoco dice quanto la guerra, e questa guerra in particolare, sia segno di immaturità politica. Solo che già si contano 200 mila morti, solo che l’economia sta scivolando giù, solo che nuove nuvole si addensano sulle relazioni internazionali. È proprio il momento di farla finita con questa guerra, se possibile nella giustizia e nel riconoscimento delle responsabilità. Le grandi potenze hanno oggi sulle loro spalle la responsabilità di quello che potrebbe accadere se…

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