La famiglia risorsa per il Long-Covid

Chi ha contratto il coronavirus in forma grave, anche dopo la guarigione può presentare forti disagi, psichici e fisici. Manca una rete di sostegno e aiuto. L'articolo è pubblicato sull'ultimo numero di Città Nuova 3/2021

In questi mesi siamo costantemente sommersi da informazioni che riguardano il Covid-19. Come spesso accade, l’attenzione ricade principalmente sulla fase acuta della malattia o su come prevenirne l’insorgenza. Ma cosa avviene dopo, durante il Long-Covid? Come vive una persona che, dopo aver affrontato la malattia, finalmente entra nella categoria dei “guariti” o, come alcuni dicono, dei “sopravvissuti” alla pandemia? Sì, perché per molti dei pazienti che lo hanno contratto in forma grave, quella contro il Covid-19 è una vera e propria battaglia, e come tale lascia delle cicatrici che durano nel tempo.

Diversi studi evidenziano, infatti, che la maggior parte delle persone che hanno sviluppato sintomi di una certa gravità, dopo la guarigione non ritorna a una condizione di completo benessere. I disagi possono riguardare sia la sfera fisica che quella psichica e spesso si protraggono per alcuni mesi, motivo per cui questa condizione ha preso il nome di Long-Covid.

Tra le lamentele più comuni riportate da chi ne soffre vi sono stanchezza, difficoltà di concentrazione, ansia, insonnia e sentimenti depressivi. Secondo un recente studio condotto in Italia e pubblicato nella rivista Brain, Behavior and Immunity, è circa il 56% dei pazienti ospedalizzati per Covid, dopo un mese dalle dimissioni, a lamentare manifestazioni cliniche di tipo ansioso-depressivo. In alcuni casi i sintomi che la persona presenta sono assimilabili a quelli di un disturbo post-traumatico da stress, un problema clinico che si manifesta quando si vive o si assiste a un evento traumatico, soprattutto quando ad essere messa a rischio è l’incolumità psicofisica della persona.

I sintomi respiratori (specialmente la dispnea, detta anche fame d’aria), l’isolamento, la paura di morire e di non rivedere più i propri cari, sono tutte esperienze che possono configurarsi come un vero e proprio trauma. Questi ricordi possono ritornare nella mente della persona in maniera intrusiva e disturbante, anche sottoforma di flashback che fanno rivivere l’evento, con tutto il carico emotivo che esso comporta.

Il Long-Covid e le sue conseguenze sulla qualità di vita non riguardano solo la persona stessa, ma anche i familiari, che dopo le emozioni intense vissute durante la fase acuta, si trovano ora a dover fronteggiare un’ulteriore condizione di sofferenza. Si vorrebbe chiudere il capitolo della malattia, ma ci si rende conto che non è ancora possibile: essa continua a gettare un’ombra sulla vita familiare, rendendo più difficile il ritorno a una serena quotidianità.

Sulla gestione di questa fase si è ancora molto impreparati e spesso manca una rete che possa sostenere l’ex-paziente e la famiglia, con le professionalità di cui hanno bisogno, per monitorare e trattare gli eventuali problemi.

Per i sintomi della sfera psicologica può essere molto importante intraprendere un percorso di sostegno psicologico individuale e/o familiare, che possa aiutare nella rielaborazione del vissuto traumatico e nell’attivazione delle risorse individuali e relazionali.

La famiglia può aiutare creando un contesto accogliente che permetta alla persona di ripercorrere i momenti dolorosi, di esprimere le proprie emozioni, in modo da poterle rielaborare attraverso la narrazione. Al tempo stesso, per ciascun componente della famiglia, compresi i più piccoli, è importante poter dare un nome a ciò che si è vissuto, con la certezza di essere sostenuti e compresi dagli altri.

Diventa così possibile scoprire il messaggio racchiuso dentro il dolore, trovare insieme un orizzonte di senso all’interno del quale poter collocare l’esperienza vissuta, per integrarla con la propria storia, alleviando il sentimento di solitudine che spesso il Covid porta con sé.

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