La condanna della guerra yemenita

Il Parlamento statunitense non approva la politica di Trump nel Paese sconvolto da un conflitto che finora ha fatto 60 mila morti per armi e 85 mila per fame.

Il voto del parlamento statunitense sull’appoggio all’Arabia Saudita in relazione al massacro in atto nello Yemen racconta una storia che non piace affatto al presidente Trump. E i voti dicono che 247 membri del Congresso (422 votanti) e 54 senatori (100 votanti) sono contrari all’impegno Usa nella guerra dello Yemen. La maggioranza in entrambi i rami del parlamento non condivide le scelte del governo a stelle e strisce, che sta fornendo ai sauditi e ai loro alleati supporto logistico e armi per centinaia di miliardi di dollari, con il pretesto di debellare gli houthi yemeniti, presentati dai sauditi come una minaccia terroristica diretta contro gli Usa. Ma la maggioranza dei parlamentari Usa non accetta più di stare al gioco dei sauditi che il governo Trump appoggia ad ogni costo.

Certo, in base al War Powers Act (1973), per impedire a un presidente Usa di fare o sostenere una guerra, il parlamento deve opporre una mozione contraria approvata dai due terzi dei parlamentari. Quindi i voti del 17 aprile scorso non sono sufficienti a bloccare il presidente. Eppure l’esito della votazione, anche se insufficiente, è molto indicativo: per ottenere quei numeri non hanno votato contro Trump solo deputati e senatori del partito democratico, ma anche vari loro colleghi del partito repubblicano, ottenendo una maggioranza relativa in entrambi i rami del parlamento. Trump ha pertanto esercitato contro il voto del parlamento statunitense il suo “legittimo” diritto di veto, con questa motivazione: «La risoluzione è un tentativo non necessario e pericoloso di indebolire i miei poteri costituzionali mettendo in pericolo le vite dei cittadini americani e dei coraggiosi membri dei servizi, oggi e in futuro».

Il britannico David Miliband, presidente dell’Irc, importante organizzazione umanitaria internazionale, commenta così il veto di Trump: «È di fatto la luce verde a una strategia che ha creato la peggior crisi umanitaria del mondo». Che affossa ogni tentativo di dialogo e di negoziazione. La coalizione anti-Yemen, di cui i principali membri sono Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, dal 2015 ha effettuato 19 mila raid aerei provocando circa 60 mila morti e la distruzione deliberata di tutto, compresi acquedotti, ospedali e scuole. Per la situazione che si è venuta a creare, sarebbero almeno 85 mila i bambini morti di fame o di colera e si calcolano in circa 20-22 milioni i disperati (80% della popolazione) che sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari, quando non vengono bloccati. È questo il prezzo per salvaguardare i poteri costituzionali del presidente Usa?

L’altro grande tema numerico del conflitto in Yemen riguarda l’enorme quantità di armamenti che circolano. Se la parte del leone la fanno le armi made in Usa, l’Europa non sfigura affatto, magari in modo più subdolo e apparentemente defilato. Forse gli europei vendono meno missili e contromissili di alta tecnologia, ma i cannoni francesi Caesar (gittata 40 Km) sono ben posizionati sul lato saudita del confine e rivolti verso lo Yemen.

Secondo un’indagine giornalistica di alcuni mesi fa promossa da Deutsche Welle (pubblicata da valigiablu.it), in Yemen, nelle mani dei miliziani di tutte le fazioni (compresa al-Qaeda) ci sono armi leggere e mitragliatrici prodotte su licenza della tedesca Heckler & Koch, ci sono lanciamissili di fabbricazione russa, fucili belgi, granate svizzere, armi leggere serbe e bulgare. Non mancano le micidiali bombe aeree “italiane” della Rwm (Rheinmetall) di Domusnovas, in Sardegna, di cui abbiamo ampiamente scritto. I governi europei interpellati sanno solo prendere tempo, nicchiare, promettere di indagare, oppure negare e insabbiare senza pudore. D’altronde, cosa possono fare i miopi politici europei in un sistema di produzione dove le armi sono indispensabili ai bilanci e creano posti di lavoro? Non si vede traccia di politiche europee in Medio Oriente: di europeo ci sono solo sete di petrolio, armi e qualche euro per tenere a bada la paura dell’invasione del terrorismo. Fino a quando?

 

 

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