In preghiera sulla via della Croce

Alla classica preghiera del Venerdì Santo che si svolge al Colosseo, il papa ha partecipato dalla sua residenza a Casa Marta e commentando personalmente tutte le stazioni della Via Crucis
ANSA/FABIO FRUSTACI

La preghiera come dialogo e intimità con Dio, che accompagna ogni giornata; come lotta e richiesta; come affidamento e dono. Il mondo partecipa alla grande preghiera della Via Crucis del venerdì Santo che si svolge tradizionalmente al Colosseo. Papa Francesco, che quest’anno ha voluto scrivere personalmente le meditazioni, segue il rito da Casa Santa Marta «per conservare la salute in vista della Veglia di domani e della Santa Messa della domenica di Pasqua», comunica la Sala stampa vaticana.

Circa 25 mila i fedeli presenti all’Anfiteatro Flavio, uniti in preghiera insieme alle persone che a turno hanno portato la croce e l’hanno accompagnata più da vicino. Tra loro una famiglia, alcuni giovani, consacrate e consacrati, catechisti, parroci della Diocesi di Roma, persone impegnate nella Caritas diocesana e nella pastorale sanitaria; un gruppo di migranti, persone residenti in una Casa Famiglia.

Nel testo delle meditazioni papa Francesco fa subito riferimento all’anno dedicato alla preghiera in preparazione al Giubileo 2025 e la propone come chiave di lettura di ogni mistero del dolore: nella paura, nei momenti di angoscia, Gesù ha pregato più intensamente, trasformando l’esperienza del dolore in offerta d’amore.

Accompagnando Gesù sulla via della croce, tutta la vita passa a filo dell’Amore: le tante croci della realtà quotidiana, «una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione affettiva, un figlio che si è perso, il lavoro che manca, una ferita interiore che non guarisce, il fallimento di un progetto, l’ennesima attesa andata a vuoto… Come si fa a pregare anche in quei momenti?», commenta il papa. La risposta di Gesù è una proposta: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Andare a Lui, unire alla sua croce la vita, le stanchezze, le paure, le fragilità è il cammino che dura tutta la vita.

Dinanzi al dolore che ci lascia attoniti, davanti all’ingiustizia che sembra prendere il sopravvento Gesù tace, ma il suo è un silenzio orante, pieno di mitezza e perdono: «La preghiera non nasce dalle labbra che si muovono, ma da un cuore che sa stare in ascolto: perché pregare è farsi docili alla tua Parola, è adorare la tua presenza».

Nel cammino della vita non siamo mai soli, ricorda papa Francesco. Gesù ci aspetta sempre nel Sacramento della sua presenza, l’Eucaristia, e dalla croce ci dona sua Madre, “antidoto” alla nostra preghiera spesso «veloce, sbrigativa, una lista di bisogni per oggi e domani». Maria, invece, ci aiuta a fermarci, a fare memoria dell’amore ricevuto, «a custodire la grazia, a ricordare il perdono e i prodigi di Dio, a ravvivare il primo amore, a riassaporare le meraviglie della provvidenza, a piangere di gratitudine».

Accanto a Maria, le donne incontrate da Gesù sulla via della croce e tutte quelle che oggi «non hanno voce ma si fanno sentire», che «ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze», che «non si piangono addosso, ma piangono per te, piangono sul male e sul peccato del mondo».

Sulla via della croce c’è tutta l’umanità sofferente. «Di fronte alle tragedie del mondo il mio cuore è di ghiaccio o si scioglie? Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare?», domanda papa Francesco chiedendo che si sciolga la durezza dei cuori, affinché ciascuno abbia la «grazia di piangere pregando e di pregare piangendo».

In chi ha bisogno, in chi soffre, in chi è vittima della prepotenza e dell’ingiustizia o umiliato dall’indifferenza, il papa chiede la grazia di vedere Gesù: «Tu sei stato carcerato; tu straniero, condotto fuori della città per esser crocifisso; tu sei nudo, spogliato delle vesti; tu, malato e ferito; tu, assetato sulla croce e affamato d’amore. Fa’ che ti veda nei sofferenti e che veda i sofferenti in te…».

Inchiodato sulla croce, Gesù svela «l’altezza della preghiera d’intercessione, che salva il mondo» e chiede di pregare anche per chi ci fa del male, per chi è lontano da Dio. Dalla croce, Egli cambia il corso della storia: le tenebre si cambiano in luce, «la separazione in comunione, il dolore in danza, e persino il sepolcro, ultima stazione della vita, nel punto di partenza della speranza», scrive il papa. Ma questi cambiamenti Gesù li fa con noi, mai senza di noi, senza la nostra preghiera, senza il nostro desiderio di donare, di perdonare.

Il venerdì santo, allora, sarà veramente la strada verso la Pasqua e verso la luce se nelle tempeste della vita, nel nostro perenne chiederci “perché”, riusciremo a vivere il presente con amore, a dire di a Dio chiedendo aiuto a Maria, la donna del . «Maria […] forte nella fede, credi che il dolore, attraversato dall’amore, porta frutti di salvezza; che la sofferenza con Dio non ha l’ultima parola».

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

 

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons