Il “tô” , i cavi, il prestito

Imezzi della nostra comunità sono limitati e ci è difficile soddisfare tutti i mendicanti che bussano alla nostra porta. Uno in particolare si fa vivo spesso da noi. Così anche quel giorno in cui avevamo solo un po’ di tô (polenta) che doveva bastare per pranzo e per cena. Ho dovuto mandar via quel mendicante a mani vuote, ma a tavola ero triste, non avevo più appetito. Più tardi sono andata a fare la siesta, ma non potevo riposarmi. Mi tornava di continuo alla mente la parola di vita del mese: “Date e vi sarà dato, con una misura traboccante”. Cosa fare? Le altre consorelle stavano riposando anche loro e non c’era possibilità di consultarle. Allora ho preso il rosario e mentre pregavo ho provato la spinta ad andare a prendere il resto del cibo e darlo al mendicante, che era sempre in attesa fuori della porta.Pur chiedendomi cosa avrebbero detto le mie consorelle quella sera venendo a sapere quello che avevo fatto, mi sono sentita invadere da una grande gioia. Poi sono ritornata a letto ed ho dormito bene. Al risveglio qualcuno ha bussato alla porta. Era una bella ragazza con un grande piatto di tô: “Ve lo manda la mamma”. Sul momento non mi sembrava vero! Felice, ho reso grazie al Signore. Suor Madeleine – Burkina Faso In un opuscolo dal titolo Per uno stile di vita sano avevo letto, fra l’altro, che abitare troppo vicino ai cavi dell’alta tensione danneggia la salute. E dire che proprio sopra le nostre teste passavano grossi cavi dell’alta tensione! Forte era il rammarico, più che altro per non poter fare la volontà di Dio nel custodire questo suo dono. Certo, non potevamo farci niente: così abbiamo affidato a lui questa preoccupazione. Il giorno dopo, rientrando a casa, ci aspettava una sorpresa: una squadra di operai stava smantellando i pali della luce e togliendo i cavi. Il comune aveva deciso di farli passare per una linea isolata sottoterra, per andare incontro ai cittadini. A.R. – Turchia Da una mia parente avevo ricevuto 5 milioni di vecchie lire “per aiutare delle persone bisognose”. Alcuni giorni dopo accompagnai un mio carissimo amico egiziano dal suo padrone di casa per regolare il contratto di affitto. L’anticipo era superiore alle sue possibilità, e d’altra parte quel contratto gli era indispensabile per continuare ad essere in regola col permesso di soggiorno e soprattutto perché le cure mediche intraprese lo costringevano a restare a lungo in Italia. Dopo varie contrattazioni, riuscimmo ad accordarci per 5 milioni, proprio la cifra che mi era stata data. Non fu facile far accettare la somma all’amico, una persona estremamente dignitosa che per principio cerca di non fare debiti: temeva di dover penare per mesi e mesi prima di potermela restituire. “Guarda che tu non mi devi nulla – gli spiegai per tranquillizzarlo -. Quei soldi mia zia me li ha dati per i bisognosi. Nel Vangelo Gesù dice che ciò che doniamo ai poveri in realtà lo doniamo a lui. Io credo che Gesù è Dio e perciò ho fatto un regalo a Dio, ad Allah! Io che ho lavorato in banca una vita so come fare i miei interessi: tu al massimo potresti restituirmi quel che ti ho prestato, mentre Dio mi dà già ora il centuplo…”. A questo punto l’amico mi raccontò come, nel suo ultimo viaggio in Egitto, aveva offerto ad una conoscente, vedova e con figli, i pochi soldi che aveva in quel momento. “Vedi? – proseguii -, se proprio vuoi restituire quella somma puoi donarla, quando potrai, ad Allah nei poveri”. Solo così, aprendogli una prospettiva per lui accettabile, riuscii a ridargli la pace. Insieme, poi, ci accordammo per ringraziare ogni giorno Dio perché a lui aveva dato l’umiltà di ricevere ed a me la gioia di donare. Francesco – Reggio Emilia

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