Il sorriso che non ti aspetti

Nelle baraccopoli di Posadas con il “Viaggio solidale Norma e Mino Bellabona” .
I bambini di Posadas

Dal 2004 a Noventa Padovana, a pochi chilometri dal capoluogo veneto, da qualche anno, alle vincite delle lotterie nazionali si preferiscono i viaggi-premio di 15 giorni a Posadas, città argentina ostaggio del proprio degrado di periferia. Ad essere estratti a sorte sono quattro volontari delle Onlus presenti nel territorio del comune del padovano – a cui si è aggiunto nel 2010 anche un consigliere comunale –, con lo scopo di far conoscere e incentivare la collaborazione fra realtà di volontariato locale e internazionale.

«Desideravamo che l’aggiudicazione fosse casuale e il viaggio gratuito» ci racconta uno degli ideatori. La singolare iniziativa promossa dalla Onlus “Jardin de los Niños” – impegnata nel miglioramento delle condizioni di bambini ed emarginati che opera principalmente a Posadas – è dedicata a due concittadini di Noventa, due amici per molti di loro, Norma e Mino Bellabona. «Due coniugi uniti e due genitori straordinari» ci dice Stefano, ingegnere, uno dei figli.
Si erano conosciuti in Italia e al quel tempo Giacomino, Mino per tutti, lavorava per un’azienda elettrica di Brescia prima di passare all’Enel, mentre Norma, figlia di immigrati bresciani, era in visita ai parenti d’oltreoceano. Con le nozze nel 1963, il trasferimento di Norma in Italia e la nascita di Fabio e Stefano.
«Papà era creativo e vulcanico – ci racconta –. Fin dagli anni Settanta con l’associazione “Mondo giusto” aveva dato una mano a progettare e mettere in funzione varie centrali idroelettriche in Tanzania e Congo». Energia rinnovabile, cinque luci nel buio del continente africano: 200 mila persone a beneficiarne. «Mamma, affettuosa ed altruista,  si dedicava agli altri più “da dietro le quinte”». Unica argentina a Noventa, l’avevano messa in contatto con un connazionale, Emilio Marchi: un desaparecido perseguitato negli anni del governo militare argentino ed esiliato nel patronato di Noventa dal 1976. Fra Mino ed Emilio frattanto era nata un’amicizia, un sodalizio che aveva dato vita nel 1986 ai “Jardin de los Niños”. Sì, perché il quarto giorno di democrazia in Argentina, Emilio era ripartito con l’idea di fare qualcosa per il suo popolo.
 
Un richiamo a cui non hanno resistito né lui né i tanti operatori oggi a Posadas, e nemmeno i vincitori del viaggio che ogni anno visitano il capoluogo di una delle province più povere dell’Argentina dove l’urbanizzazione della zona della discarica ha seguito l’improvvisazione e la famiglia, cellula primaria della società, è minacciata da droga, prostituzione,  alcolismo e denutrizione. Oggi, grazie ai tanti progetti portati avanti, una congrua percentuale della popolazione gode di servizi impensabili fino a qualche tempo fa. Si è investito «sia a livello economico (costruendo case e concedendo microcredito), sia a livello psicologico e scolastico», spiega Susanna Marini, al suo primo viaggio. «Abbiamo alloggiato all’Hogar insieme alle ragazze madri» ci racconta un altro dei partecipanti al viaggio. Dal barrio San Francisco, «file di case in muratura con il loro giardinetto», si passa a far visita a quello di San Jorge dove sorge un centro permanente di formazione per bambini e adulti. Ma sono nate anche panetterie comunitarie di cui beneficiano circa 12 mila persone al giorno, come pure il “club dei nonni”, una casa di riposo speciale, il cui scopo è di aggregare e supportare economicamente anziani in difficoltà.

«I bambini di Posadas, quando vedono il pulmino, cercano di salirci per farsi portare un po’ in giro. È sempre stato così, tranne una volta – racconta Roberto Sartori dell’associazione “Villaggio Sant’Antonio” –. Era la sera in cui li abbiamo salutati. Ci hanno guardato immobili e in fila, in quell’unica volta in cui eravamo disposti a farli salire».
«L’immagine che mi porto dentro è quella di un bambino che gioca felice nelle fogne – racconta uno dei partecipanti dell’edizione 2006 –: sorrideva curioso ad un italiano che lo osservava e taceva».

Segni di ordinario amore, di chi non è rimasto a guardare. «Poche settimane fa a Noventa c’è stata la “Festa della restituzione” – prosegue Stefano –: una giornata in cui chi ha viaggiato cerca di riportare alla gente le emozioni vissute». Un momento importante quanto la solidarietà che nasce nel viaggio: «Tanti che non sono tornati indifferenti, infatti – conclude Stefano –, hanno iniziato a lavorare con noi e a proporre progetti di collaborazione fra associazioni. Ed è questo il vero premio del viaggio, che cambia la vita e la prospettiva di tutti».

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