Il ricordo delle foibe per dire “Mai più la guerra!”

Da una parte all’altra della frontiera, abbattuta dall’Europa unita, emerge la consapevolezza che la memoria delle tragedie del 900 sono un invito alla nostra umanità a non ripetere gli errori del passato e debellare il pericoloso germe dell'odio
Foibe Giorno del Ricordo Mattarella ANSA

L’Italia ha istituito, da 20 anni, il 10 febbraio quale Giorno del Ricordo dedicato alla tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra.

Come ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in quel limes orientale del Paese, «nelle martoriate ma vivacissime terre di confine, che da secoli ospitavano popoli, lingue, culture, alternando fecondi  periodi di convivenza a momenti di contrasto e di scontri, il secolo scorso ha riservato la tragica e peculiare sorte di vedere affiancati, a pochi chilometri di distanza – in una lugubre geografia dell’orrore – due simboli della catastrofe dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista: la Risiera di San Sabba, campo di concentramento e di sterminio nazista, e la Foiba di Basovizza, uno dei luoghi dove si esercitò la ferocia titina contro la comunità italiana».

Vivendo questa ricorrenza in Slovenia, ricordo che qualche anno addietro il settimanale cattolico Družina di Lubiana pubblicò un articolo da un giornalista triestino intitolato: “Senza il fascismo non ci sarebbero le foibe”, che problematizzava la duplice interpretazione ideologica della storia. Il giorno del ricordo delle vittime delle foibe è insieme con la Giornata Mondiale della Memoria, il 27 gennaio, uno dei giorni di commemorazione più importanti che, di fronte alle atrocità della Seconda Guerra Mondiale e delle sue conseguenze, cerca di risvegliare le coscienze dell’umanità con un messaggio chiaro, ma purtroppo troppo spesso non sentito: mai più guerra!

Nell’articolo citato sopra, l’autore affermò che «L’argomento più forte che abbiamo, e la verità che disturba molti esponenti della sinistra slovena e italiana, è che le uccisioni sono state principalmente il risultato della violenza che si diceva rivoluzionaria. Nelle foibe intorno a Trieste e Gorizia, sia sloveni che italiani scagliarono italiani, sloveni e altri: veri nemici militari e politici e presunti, potenziali oppositori del nuovo ordine, in cui il regime comunista e lo Stato erano la stessa cosa».

Purtroppo, nonostante i risultati della Commissione mista interstatale storico-culturale del 2000, il pericoloso germe dell’odio e del potenziale conflitto si annida ancora in una o nell’altra visione ideologico-politica degli atti criminali tra le due guerre e del dopoguerra in relazione alla Seconda guerra mondiale.

Foibe – Mito e verità” è stato il tema dell’incontro scientifico tra esperti italiani, sloveni e croati tenutosi lo scorso 9 febbraio a Zagabria, che ha concluso, tra l’altro: «Nell’interpretare e ricostruire questi eventi drammatici, dobbiamo evitare di interpretare la storia dal punto di vista di una singola nazione. Dobbiamo invece sforzarci di avere una visione sovranazionale e oggettiva delle cose. Ogni interpretazione nazionalista della storia deve essere contrastata. Le foibe e l’emigrazione di massa sono il passato comune delle tre nazioni. Le immense sofferenze dell’Istria, del Litorale sloveno e di tutte le aree slovene e croate occupate dagli italiani, così come le sofferenze causate dagli esuli e dalle esecuzioni nelle foibe, possono essere comprese solo se si promuove una cultura di rispetto, tolleranza e integrazione».

La conclusione incoraggiante della consultazione di Zagabria è stata che il «confine tra Croazia, Slovenia e Italia non deve essere una barriera tra le nazioni, ma una porta per la cooperazione reciproca», e io aggiungerei che questi tre Paesi sono nella attuale situazione mondiale chiamati a essere modelli di arricchimento reciproco e di convivenza amichevole».

Come ha detto il presidente Mattarella nel suo discorso al Quirinale sulla Giornata del Ricordo «Le divisioni, i conflitti, i drammi del passato – la cui memoria ci ferisce tuttora con forza e sofferenza – ci ammoniscono. Onorare le vittime e promuovere la pace, il progresso, la collaborazione, l’integrazione, aiuta a impedire il ripetersi di tragici errori, causati da disumane ideologie e da esasperati nazionalismi; e a non rimanere prigionieri di inimicizie, di rancori, di dannose pretese di rivalsa. Se non possiamo cambiare il passato, possiamo contribuire a costruire un presente e un futuro migliori. All’Europa, e al suo modello di democrazia e di sviluppo avanzati, guardano nel mondo milioni di persone. L’unità dei suoi popoli è la sua forza e la sua ricchezza».

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