Il pop della crisi

All’insegna del vecchio tormentone dei Righeira No tengo dinero: né per far dischi, né per comprarli, né per permettersi il piacere di un concerto.
In un negozio di dischi

Sarà un’estate depressa per i mercati della musica. All’insegna del vecchio tormentone dei Righeira No tengo dinero: né per far dischi, né per comprarli, né per permettersi il piacere di un concerto. Eppure l’offerta è sempre alta e il mercato della musica procede come se nulla fosse: carrettate di nuovi album, festival, tour altisonanti come quelli recentissimi dei Coldplay e di Springsteen.
Il music-business continua a sembrare quell’eterno banchetto sull’orlo di un abisso già descritto oltre vent’anni fa da Gary Herman nel suo Rock’n’Roll Babylon. Anche se da allora il mondo circostante è radicalmente cambiato: la globalizzazione, il boom tecnologico, l’11 settembre, il tracollo del sistema capitalistico hanno disegnato scenari impensabili all’epoca. Eppure, le star del pop-rock non hanno cambiato di una virgola i loro capricci, le loro nevrosi, le loro compulsioni da successo e le loro ossessioni (prima fra tutte quella di perderlo).
 
È presto per dire se siamo ormai in caduta libera nello strapiombo, certo è che se da un lato le voci più ispirate di questo circo (da Springsteen a Cohen) hanno già dato voce al tracollo circostante, l’ambiente appare nel suo complesso ancora pateticamente aggrappato a una grandeur ormai evaporata: a ingozzarsi di brioscine nelle sue Versailles, mentre tutt’intorno fremono gli uragani di cambiamenti epocali. Una miopia che ricorda quella dello sciagurato Luigi XVI alla vigilia della presa della Bastiglia, ma pure quella di tanti politici odierni; figurarsi allora quei monumenti di vanità che sono mediamente le popstar…
Eppure, al di là di questo peana fin troppo banale, la Musica (qualunque degna di tale nome, canzoni comprese) continuerà a vivere, a raccontare e raccontarci, a veicolare idee ed emozioni. Perché così è sempre stata l’arte da che l’umanità esiste. E ancora una volta spetterà alle nuove generazioni dare voce ed energia creativa a questi cambiamenti. A patto che sappiano far maturare il loro talento in modi nuovi, liberandosi dagli imbolsiti modelli imperanti senza cedere alla disperazione o al lassismo nichilista, e senza mai dimenticare che ogni cosa bella ha un prezzo da pagare, in fatica e rinunce. Perché si sa: l’arte è fatta per il 10 per cento di ispirazione, ma il restante 90 è pura sudorazione…

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