Il papa torna a casa

Far della società una famiglia, che la famiglia sia società. Questo il messaggio finale di Bergoglio in partenza dagli Stati Uniti
Lynchbourg Tennessee © Michele Zanzucchi 2011

La Repubblica a p. 20, il Corriere a p. 22, La Stampa a p. 10, e solo due pagine per ogni quotidiano. Francesco torna nella norma, dopo un'abbuffata di aperture e di pagine interne. Un po' perché l'ultimo discorso ha avuto luogo quando già i giornali italiani erano chiusi, un po' perché oggi il papa ha parlato di famiglia, tema che non piace molto alla nostra stampa laica.

 

Una buona scusa per mettere la sordina ai suoi messaggi chiari sul nucleo basilare della società, e di parlare di un argomento peraltro ineludibile, come la condanna assoluta degli abusi sessuali commessi da uomini e donne di fede: «Per coloro che hanno subito l’abuso da parte di un membro del clero, sono profondamente dispiaciuto per tutte le volte che voi o le vostre famiglie hanno denunciato gli abusi e non siete stati ascoltati o creduti. Vi prego di credere che il Santo Padre vi ascolta e vi crede. Mi dispiace profondamente che alcuni vescovi abbiano mancato nella loro responsabilità di proteggere i bambini. E’ molto preoccupante sapere che in alcuni casi siano stati i vescovi stessi a commettere gli abusi. Vi prometto che seguiremo la strada della verità, ovunque possa portarci. Clero e vescovi saranno chiamati a rendere conto se hanno abusato di bambini o non sono stati capaci di proteggerli».

 

Alle famiglie il papa ha presentato una famiglia aperta, radicalmente cristiana nella sua apertura: «Magari ciascuno di noi si aprisse ai miracoli dell’amore per il bene della propria famiglia e di tutte le famiglie del mondo – e sto parlando di miracoli d’amore –, e per poter così superare lo scandalo di un amore meschino e sfiduciato, chiuso in sé stesso, senza pazienza con gli altri! Vi lascio come domanda, perché ciascuno risponda – perché ho detto la parola “impaziente”: a casa mia, si grida o si parla con amore e tenerezza? E’ un buon modo di misurare il nostro amore».

 

E ha concluso con un auspicio: «Come sarebbe bello se dappertutto, anche al di là dei nostri confini, potessimo incoraggiare e apprezzare questa profezia e questo miracolo! Rinnoviamo la nostra fede nella parola del Signore che invita le nostre famiglie a questa apertura; che invita tutti a partecipare alla profezia dell’alleanza tra un uomo e una donna, che genera vita e rivela Dio. Che ci aiuti a partecipare alla profezia della pace, della tenerezza e dell’affetto familiare. Che ci aiuti a partecipare al gesto profetico di prenderci cura con tenerezza, con pazienza e con amore dei nostri bambini e dei nostri nonni. Ogni persona che desideri formare in questo mondo una famiglia che insegni ai figli a gioire per ogni azione che si proponga di vincere il male – una famiglia che mostri che lo Spirito è vivo e operante –, troverà la gratitudine e la stima, a qualunque popolo, religione o regione appartenga».

 

Credo che chi vuol capire capirà. Qui c'è un "mite" concentrato di teologia e pastorale, di affermazione di difesa della vita dall'inizio alla fine e un grande sguardo sull'intera umanità. Piace che il papa abbia concluso la sua visita a Cuba e negli Stati Uniti (peraltro estremamente "politica") con la politica più cristiana che esista, quella dell'essere in società, del fare della società una famiglia.

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