I Nobel per l’economia e la nostra vita quotidiana

L’assegnazione del premio 2016 a Oliver Hart e Bengt Holmström si presta a diverse interpretazioni. La teoria dei contratti e degli incentivi va maneggiata con cura. Nata, infatti, per ridurre il conflitto e favorire il mutuo vantaggio, può trasformarsi in una gabbia ideologica. 
Una donna firma un contratto

Immaginate di arrivare per la prima volta in una città sconosciuta. Uscite dall’aeroporto ed immediatamente vi dirigete verso un taxi per farvi trasportare al vostro albergo. Il tassista è uno sconosciuto che ha come interesse principale quello di massimizzare il suo guadagno giornaliero. Voi avete bisogno di lui e vorreste spendere per la corsa il meno possibile. In altre parole i vostri interessi sono in conflitto. La situazione è aggravata dal fatto che voi non siete in grado, se non in maniera molto imperfetta, di valutare se il tragitto che il tassista vi sta facendo fare fino all’albergo sia il più breve (il che andrebbe a vostro vantaggio) o il più lungo (il che andrebbe a suo vantaggio). Non potete farlo perché non conoscete la città, le sue vie e viuzze, magari le scorciatoie né le vie magari più brevi, ma più congestionate. Che si fa, allora, visto che le alternative sembrano essere solo due: si va a piedi o si prende una fregatura?

 

In realtà esiste anche una terza possibilità; quella di trovare un sistema, un “meccanismo” che consenta agli interessi conflittuali di allinearsi, di convergere verso un interesse comune. Per esempio si potrebbe concordare una tariffa formata da un costo fisso per la chiamata, più una parte variabile per la lunghezza della corsa. In questo modo l’interesse del tassista non sarebbe più quello di fare delle corse il più lunghe possibile, ma, a causa del guadagno fisso che ottiene per ogni chiamata, di farne tante, il numero maggiore possibile. Ma per farne tante ogni singola corsa dovrà essere breve; e che le corse siano brevi è esattamente quello che desidera ogni passeggero. Ecco che gli interessi di tassista e passeggero, “magicamente” vanno a coincidere. In realtà non c’è stata nessuna magia, ma l’utilizzo di un meccanismo, un contratto, capace di assegnare i giusti incentivi al tassista affinché questi lavori nel miglior interesse dei suoi clienti (al netto dei truffatori).

 

Questi contratti, questi schemi di incentivi, come progettarli, implementarli e adattarli ad ogni possibile situazione economica, costituiscono il cuore della “teoria dei contratti”, la disciplina al cui sviluppo hanno contribuito in maniera rilevante Oliver Hart e Bengt Holmstrom, economisti del MIT e di Harvard rispettivamente, che per i loro lavori in quest’ambito hanno appena ottenuto il premio Nobel per l’economia.

 

Pietra angolare della modernità?

I contratti regolano i nostri comportamenti attraverso l’attribuzione di incentivi, e gli incentivi sono “l’essenza dell’economia” per usare una famosa espressione Canice Prendergast, professore all’università di Chicago. Dello stesso avviso è il suo collega, sempre di Chicago, Steven Levitt, che rincarando la dose sostiene che gli incentivi non solo sono importanti in ambito economico, ma sono addirittura “la pietra angolare della vita moderna”.

 

Non può sfuggire quindi la rilevanza del recente riconoscimento assegnato a Oliver Hart e Bengt Holmstrom, ed è anche facile capire che questo Nobel possa essere letto in maniera molto differente. Fausto Panunzi, dell’Università Bocconi, scrive in un recente articolo, che «la scelta di quest’anno premia due economisti di primo ordine, che hanno avuto un enorme impatto nella professione economica. E ci ricorda quanto importanti siano gli incentivi nelle organizzazioni e nelle nostre vite. Era difficile che il premio Nobel finisse in mani migliori». Luigino Bruni, dell’università LUMSA di Roma, scrive invece, commentando lo stesso premio, che la teoria dei contratti è espressione massima di una economia “inutile, se non fosse manipolatoria”; e si chiede, retoricamente, se fosse “opportuno premiare i maggiori rappresentanti di questa teoria economica e finanziaria” della quale ancora ancora oggi “continuiamo a pagare le conseguenze disastrose”.

 

Ma questo non deve stupire, l’economia del resto è l’unica scienza nella quale non solo i commentatori hanno opinioni divergenti sul valore del lavoro di chi viene premiato con il Nobel, ma il premio stesso è stato assegnato ad economisti con posizioni diametralmente opposte, più volte, e in alcuni casi anche lo stesso anno.

(la seconda parte dell'articolo sarà pubblicata su www.cittanuova.it il 14 ottobre)

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