Hanno lasciato l’impronta

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Skate, roller e biciclette. Arrivano così sul palco i Ragazzi per l’unità (Rpu) che aprono il Supercongresso 2002. Saggi di sport, gioco, break dance. Un’esplosione di vitalità che coinvolge e travolge i diecimila ragazzi venuti da tutti i continenti per il loro appuntamento mondiale quinquennale. Il Palaghiaccio di Marino (Rm) fatica a contenerli… per numero e per dinamismo. Vengono da 92 paesi. Conosciuti o meno. Come la Réunion, un’isola vulcanica dell’Oceano Pacifico a sud est del Madagascar, da dove sono arrivati in quattro. Per la prima volta sono presenti Rpu dalla Lettonia. Ci sono anche Elisa, Aqqalu, Anike, Mikkel e Paaenannguaq dalla Groenlandia. Vengono da paesi in guerra o minacciati da gravi disordini civili, dal Pakistan e dall’India, dall’Argentina e dal Medio Oriente. Non li hanno fermati le difficoltà economiche né gli ostacoli burocratici o politici. I quattro del Madagascar hanno avuto il visto solo la mattina della partenza; in Brasile hanno fatto di tutto per riuscire a venire in quattrocento; in Africa hanno trasportato pietre più pesanti di loro per guadagnarsi qualcosa per il viaggio… Insomma, il 25 e 26 maggio era una data a dir poco attesissima. Essere dentro quel Palaghiaccio era per tanti un sogno realizzato, grazie anche a quella rete di amore concreto nella quale tutti hanno dato tutto realizzando una comunione dei beni che ha permesso loro di pagare i viaggi. Certo che non sarebbero riusciti a fare tutto da soli. I ragazzi avevano coinvolto adulti ed istituzioni, trovando pieno appoggio in tanti. In Italia il comune di Roma e la regione Lazio hanno concesso il patrocinio apprezzando contenuti e finalità. Il programma? L’avevano pensato loro stessi, minuto per minuto, partendo da un’inchiesta che già due anni fa aveva raccolto esigenze, richieste, interrogativi, idee, proposte. “Vogliamo affrontare il tema del dolore, della morte, della solitudine. E poi vita del gruppo, uso della libertà, disgregazioni familiari, consumismo. Tutti cerchiamo la felicità vera, ma come trovarla in questo mondo che a volte sembra impazzito?”. Come tanti altri loro coetanei, anche i Rpu vivono sulla loro pelle le contraddizioni che spesso rendono difficile la vita di tanti ma quello che volevano in questo Supercongresso era trovare delle risposte per andare oltre il problema, proporre delle soluzioni. “Ragazzi, ce la faremo a fare un mondo più giusto? – si chiede sul palco Lucia dell’Argentina -. Ci sono troppe differenze tra ricchi e poveri”. “Anche in Cile tanti bambini cercano da mangiare nella spazzatura” aggiunge Nicolas. “Forse – esclama Maria – non ci rendiamo conto che molti ragazzi in tante parti del mondo hanno problemi molto più grossi dei nostri. Noi siamo qui, sempre e solo su questo muretto. Ragazzi, secondo me a questa vita manca qualcosa che ci renda veramente felici. Ci deve essere!”. Parte da queste battute fra sei ragazzi intorno ad un ideale “muretto” il musical che, sullo sfondo della storia di Chiara Lubich, attraverso cinque quadri presenta le risposte che i Rpu hanno trovato ai loro perché. Come mai la storia di Chiara? “Perché lei e le sue prime compagne – spiegano Davide e Serena – avevano la nostra età e nel cuore, come noi, un solo desiderio: vivere per qualcosa di grande”. E sul muretto alcuni iniziano a raccontare la loro vita rivoluzionata da una scoperta: Dio ama tutti. Tante sono le testimonianze di ragazzi che non si sono arresi davanti al dolore. Come Jaime ed Ismei che, in Salvador, hanno visto le loro città distrutte dal terremoto e, mentre si rimboccavano le maniche per aiutare altre famiglie, hanno ricevuto gli aiuti dai Rpu di vari paesi che hanno permesso loro di ricostruire la casa. O come Rose Angela del Kenya che, colpita accidentalmente ad un occhio da un ragazzo, ha perso la vista. “Anche se tutti intorno a me avevano risentimento – dice -, io sentivo di dover perdonare, aiutando anche la mia famiglia a fare altrettanto”. L’anno scorso, durante un viaggio in Italia, grazie ad un trapianto è riuscita anche a riacquistare la vista. La vita in scena. Anche sul muretto si sciolgono i dubbi: questo stile di vita che chiede di amare in ogni momento è l’unica maniera per essere felici sempre. Federico della Sicilia, Paola di Firenze e alcuni Rpu della Colombia evidenziavano come quest’ideale dell’unità che da Trento ha raggiunto il mondo illuminando i vari campi dell’agire umano è in grado di suscitare anche nei ragazzi un approccio nuovo alla politica, all’arte, ai mass media. E poi il “colloquio” con Chiara Lubich. Dieci le domande. Da come fare per dire a tutti che Dio è amore anche di fronte a situazioni di guerra, attentati e catastrofi naturali, a come comportarsi con gli amici che non hanno gli stessi ideali; dalla domanda su come affrontare il dolore e la morte a quella sull’esistenza del paradiso; dai sogni per il futuro, alla vocazione, al segreto per concorrere a costruire la fraternità. E infine una richiesta: quale il contributo dei ragazzi perché su tutta l’umanità si realizzi il disegno di Dio? Chiara non risparmia parole forti, inviti totalitari, proposte audaci. Conosce questi ragazzi, ha fiducia in loro. Ha da sempre considerato la loro una generazione di santi e dunque non chiede di meno. La moda? Guardare al vangelo. Parlare dei ragazzi? “Non sono mica da sfuggire: Guardate che bei ragazzi che ci sono qui”. I computer? Utilizzarli per il bene. Come a dire che nella vita di Gesù c’è la risposta a tutto e niente è “proibito” a chi ama veramente perché in questo amore si trova la luce per evitare di compiere il male. I sogni per il futuro? “Converrebbe lasciar sognare un Altro, quello che vi conosce, che vi ha creati, che conosce la vostra intelligenza, i vostri talenti, che è Dio”. Via ogni paura. Di fronte al dolore pensare che Gesù ha preso tutto su di sé. E quando qualcuno muore dire “Arrivederci, perché così è”. E poi il paradiso. “Io ci credo. Ma come si fa ad arrivarci? Amare, amare, amare senza limiti. Pensate ragazzi, sapete cos’è l’inferno? È il rammarico di non poter più amare”. E la consegna: “Conquistate i ragazzi “. Intanto parte l’azione mondiale “Schoolmates”: un euro al mese per diventare “compagni di banco” da una parte all’altra del globo, come è accaduto a Pamela delle Filippine, diventata “compagna di classe” degli studenti di una scuola dei Castelli Romani che sostengono i suoi studi. Attraverso un sito Internet le classi che lo desiderano possono mandare il loro indirizzo e quindi essere messe in contatto con altre classi: lascialatuaimpronta. net raccoglie le adesioni di quelli che ci stanno. Si va al Colosseo Non è che il programma del Palaghiaccio si fosse svolto a porte chiuse. Satelliti, Internet e tv avevano ampliato il perimetro del palazzetto di Marino al mondo intero. Ma certo offrire una testimonianza pubblica, magari in una grande città, magari in un posto simbolico, avrebbe reso più completa la manifestazione. Ecco allora l’idea: andare tutti a Roma, al Colosseo, la domenica mattina. Ad aspettarli non mancano personalità civili e religiose: dal sindaco di Roma Walter Veltroni che dà il saluto di benvenuto, al card. Arinze che legge il messaggio del papa ai partecipanti. Molti anche gli adulti ed i ragazzi in rappresentanza di varie associazioni e movimenti: Lisa Palmieri, di religione ebraica, vicepresidente della sezione europea della Wcrp (Conferenza mondiale delle religioni per la pace); il rev. Keishi Myamoto del movimento buddhista Myochicai con alcuni ragazzi; Vinu Aram, una delle presidenti della Wcrp, accompagnata dai ragazzi indù del movimento gandhiano Shanti Ashram. Dal Giappone è presente anche una rappresentanza di ragazzi buddhisti della Rissho Kosei kai accompagnati dal sig. Hoshina. Ci sono ancora lo sheikh Palazzi, presidente dell’associazione Giovani musulmani d’Italia; il sig. Balbilr Singh-lall, guida spirituale della comunità sikh di Roma con cinque ragazzi; mons. Mauro Parmeggiani delegato del card. Ruini. E poi ragazzi della Comunità ebraica di Roma, Buenos Aires e San Paolo del Brasile, e musulmani di 15 paesi; ragazzi della Prateep Foundation della Thailandia; un gruppo di Chernobyl, in Ucraina; due rappresentanti del Dogo-dogo Center della Tanzania che si occupa di street-children, i ragazzi dell’Azione Cattolica e della Comunità di Sant’Egidio. Chiara Lubich, in risposta ai fatti dell’11 settembre, indica due soluzioni: la preghiera e l’amore come forze capaci di rinnovare il mondo. E poi ci sono i ragazzi, assoluti protagonisti di questo incontro. In un alternarsi di testimonianze e coreografie mostrano la serietà con la quale già cercano di mettere in pratica la Regola d’oro che, come dicono in una canzone, “apre le porte del mondo intero verso l’unità” e porta a “scoprire ogni tuo tesoro e fare a te quello che farei per me”. Una regola nella quale Sveta di Chernobyl vede la chiave per evitare disastri come quello della sua città, del quale anche lei porta le conseguenze. Una regola che ha aiutato ragazzi degli Stati Uniti a non cedere alla discriminazione verso i mediorientali, neppure dopo il crollo delle Torri, ed ha rinsaldato, negli Usa come in Medio Oriente ed in Pakistan, l’impegno dei ragazzi cristiani e musulmani per la fraternità universale. Una regola che ha spinto Samuel rischiare la vita per salvare alcuni musulmani che, negli scontri etnici della Nigeria, i cristiani volevano uccidere. Ed ancora che ha aiutato George, street-children della Tanzania, a ricominciare una nuova vita e diventare avvocato per difendere i diritti di tutti i ragazzi. L’impronta apposta simbolicamente su un grande pannello da alcuni ragazzi in rappresentanza delle varie religioni presenti suggella l’impegno di tutti e dà il via alla marcia che colora le strade di Roma fino San Pietro, dove si chiude l’edizione 2002 del Supercongresso. Poco distante dalla capitale, in quei giorni, veniva sancita la fine della guerra fredda con l’ingresso della Russia nella Nato. Certo la contiguità temporale è stata casuale, ma non sarà che se la Nigeria è il paese di Samuel, gli Usa la nazione di Joyce, nella Terra Santa vive Hind. Se i musulmani sono come Dalel, gli ortodossi come Sveta, gli anglicani come Miles, gli ebrei come Salvina, gli zoroastriani come Neville, i buddhisti come Issara, gli indù come Wajiha. Se nessun paese è anonimo e nessuna religione sconosciuta, quel patto dell’amore reciproco stipulato da questi ragazzi equivale a porre le basi di una pace vera. Forse allora è nata una nuova superpotenza. Ne parleremo ancora. Stupiti da questi ragazzi Card. Arinze, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso: “Abbiamo visto persone che stanno insieme, ragionano insieme, vogliono vivere insieme: un mondo migliore è possibile”. Lisa Palmieri, vicepresidente della sezione europea della Wcrp: “Questo entusiasmo dei giovani è travolgente. Fanno vedere che per la pace bisogna muoversi”. Francesco Storace, presidente della Regione Lazio: “Grazie per la vostra presenza che testimonia un cammino controcorrente, augurandoci che tale cammino di solidarietà verso tutti si diffonda sempre più”. Walter Veltroni, sindaco di Roma: “Chiara chiede quello che questi ragazzi hanno già nel cuore “. Olimpia Tarzia, assessore alle politiche familiari della Regione Lazio: “È sicuramente una provocazione per gli adulti. Quando ai giovani si parla di grandi ideali cui dedicarsi, sono i primi che rispondono”. Paolo Ruffini, direttore di Raitre: “Talvolta mi pare che la televisione descriva i ragazzi dentro un presente senza ideali; invece qui si riesce a vedere e capire che ci può essere un presente che ha degli ideali, e quindi un futuro”.

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