Haiti, gli impegni dimenticati

Mentre in Europa si conclude l’anno dedicato alla lotta alla povertà e G20 e Fondo monetario internazionale puntano alla crescita delle economie in crisi, chi è povero continua ad esserlo.
Haiti

Mentre in Europa si conclude l’anno dedicato alla lotta alla povertà e G20 e Fondo monetario internazionale puntano alla crescita delle economie in crisi, chi è povero continua ad esserlo. È la tragedia di Haiti, ritornata drammaticamente alle cronache.

 

A far vittime questa volta è la malattia dei poveri, il colera. Eppure dopo il devastante terremoto del 12 gennaio la macchina degli aiuti sembrava inarrestabile. Sbarchi sotto i riflettori delle televisioni, politici e diplomatici sulla passerella a proporre soluzioni per la ricostruzione e, soprattutto, per lo sviluppo di Haiti. Il Paese, infatti, secondo il linguaggio internazionale, è il più “povero tra i poveri”, e non per il terremoto. Si intrecciano corruzione, dittature, colonialismo, carenza di risorse. Per gli abitanti di quella parte dell’isola di Hispaniola (sull’altra la Repubblica Dominicana presenta una stabilità di sviluppo) è impossibile vivere anche con meno di un dollaro al giorno.

Oggi pesano gli oltre 20 milioni di metri cubi di macerie, e i due milioni di persone nei campi di prima emergenza post terremoto diventati stabili, con condizioni igieniche inesistenti, la cura di malati precaria, affidata a nuclei di volontari. Poi l’alimentazione scarsa e legata agli aiuti esterni, mentre è ancora lontano l’arrivo di sementi necessarie per scongiurare un’altra crisi di raccolto e quindi la fame.

 

E gli impegni annunciati? Si contano quelli di Austria, Brasile, Norvegia e Venezuela. Degli 11 milioni di dollari promessi dagli Stati Uniti sono utilizzati i fondi necessari per mantenere 20 mila marines sull’isola. Dei 350 milioni di euro stanziati dalla Francia rimane poca cosa includendo anche la cancellazione del debito con Parigi. Quanto all’Onu, oltre all’Unicef per i bambini, il Consiglio di sicurezza ha prolungato la missione dei caschi blu per una “adeguata protezione” alla popolazione e agli sfollati.

Ma non basta.

 

Permane un deficit di fraternità, quella su cui gli haitiani costruirono la loro indipendenza e che oggi potrebbe farli uscire dall’isolamento della povertà.

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