Giustizia, società e fiducia: un triangolo possibile?

Il modo in cui una società amministra la giustizia e quello in cui ogni cittadino si rapporta con il “criminale”, si possono considerare paradigmatici della relazione col diverso, con chi mette in crisi la “normale” gestione del vivere comune. Nel presente lavoro si analizza l’evolversi storico del concetto della pena, che, nel XX secolo, sempre più volgeva verso forme di riabilitazione e reinserimento del condannato. In seguito all’attentato contro le Torri Gemelle si è però assistito allo sviluppo generalizzato di una tendenza diversa – e, in alcuni casi, ad una vera e propria inversione di rotta – che torna a considerare il sistema penale esclusivamente come strumento di controllo e coercizione. In tal modo il carcere viene radicalmente separato dalla società e rinuncia ai principi di integrazione, recupero e sviluppo sociale che aveva faticosamente maturato nel secolo scorso. Non per questo, però, si dile quali la recente tendenza carceraria ha cercato di giustificare se stessa. L’Autore propone alcune indicazioni utili a ripensare l’amministrazione della giustizia: la via della fiducia (come insegnano diversi modelli virtuosi quali la Truth and Reconciliation Commission del Sudafrica, il Forgiveness Project e altri) viene qui suggerita come strada da percorrere per creare un nuovo rapporto tra società e giustizia.

 

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