Giornata della pace, Guterres (Onu): «Serve una tregua dai conflitti»

In questo momento l’Atlante delle guerre censisce 49 conflitti di cui 21 in Africa, 4 nelle americhe, 16 in Asia, 3 in Medioriente e 5 in EuropaUnità è il nome della pace ci offre brevi riflessioni e anche la possibilità di esercitare piccole azioni di pace nel nostro quotidiano
Antonio Guterres

Anche la giornata internazionale della pace 2020, istituita dall’Onu il 21 settembre di ogni anno, si è dovuta adeguare al Coronavirus, con pochi invitati di presenza e tanti collegati online. La giornata segna la vigilia dell’inizio dell’Assemblea generale dell’Onu, ma quest’anno il segretario generale Antonio Guterres ha anticipato a giovedì scorso la cerimonia davanti alla campana della pace, donata dal Giappone nel 1954 e posta nel giardino a fianco della sala dell’Assemblea generale a New York. «Al di là delle zone di guerra, la pandemia sta evidenziando e sfruttando le disuguaglianze di ogni tipo, mettendo le comunità e i paesi l’uno contro l’altro», ha affermato Guterres, richiamando l’arte giapponese del kintsugi che ripara le cose rotte con l’oro e in questo modo ne fa ritrovare la bellezza. «Questo principio dovrebbe servire da guida anche per il mondo fratturato di oggi mentre navighiamo fuori dalla pandemia COVID-19», ha continuato il segretario generale prima di chiedere un minuto di silenzio, “di calma” per le vittime delle guerre e dei conflitti in tutto il mondo. Una tregua necessaria che Guterres ribadirà anche in apertura della 75esima Assemblea generale dell’Onu. In questo momento l’Atlante delle guerre censisce 49 conflitti di cui 21 in Africa, 4 nelle americhe, 16 in Asia, 3 in Medioriente e 5 in Europa.

Seminare il mondo, un territorio, una comunità, di speranza, di riconciliazione, di fraternità è stato il sogno di Chiara Lubich ed è tutt’oggi l’impegno di migliaia di persone che hanno fatto della spiritualità dell’unità, da lei iniziata, un percorso di perdono, di risoluzione dei conflitti, di ricostruzione del tessuto sociale, ma anche di quello privato e intimo. Città Nuova, nell’anno del suo centenario ha pubblicato un piccolo libretto che in dieci passi descrive la strategia di pace di Chiara, che è nel nome dell’unità: una strategia che ha saputo arrivare al cuore di potenti e di semplici, invitandoli a vedere in tutti dei candidati alla fraternità , a trasformare la categoria del nemico, a credere nella reciprocità  e nella forza del perdono, ad allargare il concetto di patria.

Unità è il nome della pace ci offre brevi riflessioni e anche la possibilità di esercitare piccole azioni di pace nel nostro quotidiano, accompagnati dall’esempio di altri che dalla Siria, alla Florida, alla Sardegna, al Centrafrica, hanno saputo costruire spazi di riconciliazione tra conflitti sanguinosi e tra le strade ordinarie delle nostre città. «Dalle guerre, anche le più terribili, sono spesso nati soprassalti morali inattesi ed energie insospettabili. E forse la provvidenza divina talvolta si serve di situazioni di distruzione provocate dalla libertà dell’uomo per costruire ex novo ciò che è necessario per “ridare fiato” all’umanità, per inventare la pace», scriveva Chiara Lubich nel 2003, e forse anche oggi riscriverebbe lo stesso invitandoci ad aggiungere alle guerre, la parola pandemia e spingendoci ad essere gli inventori di un mondo di pace, post Covid .

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