Giordani servo di Dio

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L’emozione ti prende, a pensare che gli sei stato vicino per anni ed hai parlato con lui e fatto qualcosa al suo fianco, lo hai accolto in casa almeno una volta con la signora Mya, ed ora familiarizzi coi suoi quattro figli. E a lungo, dopo la partenza di lui per il cielo, hai frugato fra le sue carte e nella sua vita, per conoscerlo un po’ più dentro. Ma oggi trepida è la penna nel fissare su righe terrene qualche balbettio intorno alla nuova luce ch’emana dalle profondità della sua anima. Le istituzioni della chiesa, infatti, stanno parlando esplicitamente del riconoscere la santità di Igino. Certe anime elette – sacerdoti, religiosi, religiose, laici e laiche – oggi si analizzano e si venerano come “i santi dell’ordinario”, fioriti dall’eroico praticare, ciascuno nel proprio stato, le virtù quotidiane; lo hanno detto in questi giorni anche di un papa, Giovanni Paolo I, celebrandone in cattedrale a Belluno l’avvio della causa di beatificazione. Per il nostro amico – con l’editto qui a fianco pubblicato possiamo chiamarlo servo di Dio – lo storico non può annotare di certo eventi prodigiosi. Trova però che è di livello davvero eccezionale il cielo del suo quotidiano, denso di vita interiore, realtà sorgiva e qualificante di un assiduo, appassionato agire ecclesiale, culturale, sociale. E lo storico può registrare di lui non solo comportamenti esemplari in ambienti circoscritti, ma anche un ruolo apostolico non comune, una vera, alta missione su ampi orizzonti, all’interno e sulle frontiere della chiesa. Il nostro Giordani ha potuto realizzare tale ampiezza grazie al vivere con anima di fuoco la sua vocazione di scrittore, la fondamentale tra le professioni e attività da lui esercitate: insegnante, bibliotecario, articolista – e talvolta direttore – di giornali e riviste, traduttore, conferenziere e, per pochi anni, politico. Egli ha considerato lo scrivere come “la più alta forma di sacerdozio regale”; e di lui padre Mondrone poteva affermare: “Si è dedicato alla penna come un eletto di Dio si dedica al sacerdozio”. Scrittore. E pensatore creativo: ha comunicato sempre “pensieri pensati” – per usare una sua espressione. Studiosissimo di storia del cristianesimo, dottrine sociali, filosofia, letterature di varie lingue (ne possedeva sei, oltre le due classiche), lo è stato anche – per conoscere e soprattutto meditare – del Nuovo Testamento e dei Padri della chiesa; s’è nutrito della della teologia ed ecclesiologia di questi, ma ancor più dell’ardore e robustezza del loro cristianesimo, che ha voluto attualizzare per i cristiani d’oggi (a cominciare da sé). Entrato come bibliotecario alla Vaticana (1928), e avuto in mano il mensile vaticano Fides, nato per contrastare la propaganda dei “protestanti”, apportava vere novità nell’ecumenismo, riscoprendo gli altri cristiani come “fratelli” e anticipando negli anni Trenta alcune linee che saranno tipiche di Giovanni XXIII. Per lo spessore culturale e spirituale dei suoi scritti – apologetica, mistica, ecclesiologia, teologia sociale, agiografie, perfino romanzi – e delle conferenze che gli chiedevano in tutta Italia, il nostro Igino poté svolgere negli anni Trenta e Quaranta alta funzione di formatore nella chiesa. I suoi volumi e articoli erano letti dai sacerdoti e religiosi, e giravano nei seminari e studentati. Con la penna e con la parola agiva così nell’intimo anche dei consacrati, tanto che molti di essi riconoscono con gratitudine l’incidenza da lui esercitata nella loro formazione, fino a salvare, in qualche caso, la stessa vocazione. Indicativo può considerarsi anche quanto testimonia padre Bartolomeo Sorge sul contributo offertogli per la propria scelta vocazionale dalla lettura della vita di sant’Ignazio scritta da Giordani. Identica azione svolgeva per i laici dell’Azione cattolica e della Fuci, sì che dagli storici viene annoverato tra i formatori della nuova classe dirigente dell’Italia del secondo dopoguerra. E qualcuno ricorda che il suo influsso s’è esteso anche al di là della Penisola per molti suoi scritti tradotti in Europa e nei continenti, dagli Usa e Argentina al Giappone. Svolgeva azione formativa anche fuori delle istituzioni ecclesiali: sollecitava gli scrittori credenti a un più coraggioso “ruolo dell’intelligenza” per l’animazione cristiana della cultura. Ed esortava gli intellettuali di ogni sponda a non subire l’estetica del Croce ed a vivere la cultura come “servizio sociale”, necessario per l’uomo contemporaneo bisognoso di aiuto profondo di fronte al “disumanesimo ” dell’oppressione politica (i totalitarismi del Novecento) e dello sfruttamento economico (capitalismo selvaggio e marxismo). È stato lo stesso amore per l’uomo che lo ha indotto a due esperienze d’impegno per la polis, condotte con serietà cristiana. Nel partito di don Sturzo degli anni Venti aveva curato l’aspetto culturale con scritti storicopolitici; fra le risse e le violenze della dittatura si sosteneva con la preghiera e col vivere la politica come “apostolato e penitenza” (“non sono i partiti il nostro cilicio?”). Con De Gasperi nel secondo dopo-guerra veniva eletto deputato; e si poneva subito quesiti sulla possibilità di santità per un politico. Nell’incontro con Chiara Lubich (settembre 1948) trovava la risposta e cominciava col diventare un deputato che amava anche i “nemici”. Nell’apprendere dalla giovane di Trento i princìpi della “spiritualità dell’unità”, Igino intuiva di trovarsi davanti ad un fenomeno spirituale di eccezionale altezza. Vi scorgeva la possibilità di realizzare quel che aveva sognato sulle pagine del Crisostomo: vivere come monaco nel mondo, tranne il celibato. E quale terziario domenicano, pensava di ripetere l’esperienza dei caterinati, al seguito di una vergine. Aderiva perciò con totalità di intelligenza e fiamma d’amore – fu chiamato “Foco” – al Movimento dei focolari; e otteneva di consacrarsi anch’egli a Gesù abbandonato e di entrare in comunione con i vergini, coniugato “verginizzato dall’amore”. Igino era così il primo focolarino sposato. E apriva la strada ad una schiera di focolarini sposati in tutto il mondo e a movimenti specifici per le famiglie e per la rianimazione evangelica delle varie attività umane: sì che dalla stessa Chiara viene considerato “confondatore”. Come vita interiore, da un cammino di tensione individuale alla santità, il nostro Igino s’è allargato a una spiritualità di comunione con nuova presenza di Gesù in mezzo ai fratelli. E il suo tenace impegno ascetico imboccava le vie della mistica, con belle esperienze di prove dell’anima (“oscuramento di Dio”) e forti presenze del divino in lui fino al ritorno al Padre avvenuto il 18 aprile 1980. La fondatrice del movimento ed altri che lo hanno conosciuto molto da vicino, alla sua partenza hanno testimoniato che la sua vita è stata “tutta un volo in Dio”; ed hanno visto in lui “l’uomo delle beatitudini”. DIOCESI SUBURBICARIA DI FRASCATI EDITTO Causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio Igino Giordani, laico Il giorno 18 aprile 1980, presso il Centro internazionale del Movimento dei focolari in Rocca di Papa, concludeva santamente nella pace del suo Signore la propria giornata terrena il consacrato laico Igino Giordani. Egli, in maniera generosa e definitiva, aveva contribuito alla fondazione e allo sviluppo della realtà ecclesiale “focolarina”, nella quale si riconosceva al punto da volersi in essa coinvolgere anche nel nome di “Foco”, vivendone un pecualiare carisma di consacrazione. Uomo dotato dalla Provvidenza di doti non comuni, di raffinata esperienza intellettuale e di convinto impegno politico cattolico, solo nella sequela di Cristo e nella filiale fiducia nei confronti della chiesa trovò le motivazioni profonde per un’esistenza illuminata dall’intelligenza e dalla fede. Il di lui impegno ed esempio sono così diventati di orientamento religioso e culturale per innumerevoli persone. Essendo andata vieppiù aumentando, col passare degli anni, la sua fama di santità ed essendo stato formalmente richiesto di dare inizio alla causa di beatificazione e canonizzazione del servo di Dio, nel portarne a conoscenza la comunità ecclesiale, invitiamo tutti e singoli i fedeli a comunicarci direttamente o a far pervenire al tribunale incaricato dell’inchiesta canonica presso questa nostra curia diocesana (via Paolo II, 10 – 00044 Frascati) tutte quelle notizie dalle quali si possa in qualche modo arguire contro la fama di santità del detto servo di Dio. Dovendosi, inoltre, raccogliere, a norma delle disposizioni di legge, tutti gli scritti a lui attribuiti, ordiniamo, col presente Editto, a quanti ne fossero in possesso, di rimettere con debita sollecitudine al medesimo tribunale qualsiasi scritto che abbia come autore il servo di Dio, qualora non sia già stato consegnato alla postulazione della causa. Ricordiamo che col nome di scritti non s’intendono soltanto le opere stampate, che peraltro sono già state raccolte,ma anche i manoscritti, i diari, le lettere ed ogni altro scritto privato del servo di Dio, e coloro che gradissero conservarne gli originali potranno presentarne copia debitamente autenticata. Stabiliamo, infine, che il presente Editto rimanga affisso per la durata di due mesi all’ingresso della nostra cattedrale e della curia diocesana, nonché delle singole sedi del Movimento dei focolari, e che, inoltre, venga pubblicato sulla rivista diocesana e sulla rivista del medesimo Movimento dei focolari. Dato in Frascati, dalla nostra curia diocesana, il 21 novembre 2003, festa della Presentazione della B.V. Maria. † Giuseppe Matarrese, vescovo Don Raffaello Torelli, cancelliere

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