Francesco, le parole della vocazione

Ogni vocazione, nel matrimonio come nella vita consacrata,  comporta impegno, fatica, ma il Signore vuole rendere ciascuno come Pietro, capace di camminare sulle acque, capace di prendere in mano la propria vita per metterla ogni giorno a servizio del Vangelo
Papa Francesco ha istituito una task force per l'emergenza Covid 19, foto LaPresse

«Oggi ci siamo dati appuntamento, tutti i cristiani del mondo, per pregare insieme il Padre Nostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato. Come figli fiduciosi ci rivolgiamo al Padre».

Così papa Francesco ha introdotto, il 25 marzo 2020, il breve momento di preghiera per chiedere al Signore la fine della pandemia, per pregare per i malati, le loro famiglie, gli operatori sanitari, le forze dell’ordine, il mondo, attraversato da questa emergenza.

Nel giorno in cui molti cristiani celebrano l’Incarnazione del Verbo e l’umile “eccomi” di Maria, «anche noi ci affidiamo con piena fiducia alle mani di Dio e con un cuore solo e un’anima sola preghiamo», ha detto il papa, che venerdì 27 marzo presiederà un momento di preghiera sul sagrato della Basilica di San Pietro.

«Eccomi» è la parola che scandisce e caratterizza tante storie di eroismo quotidiano in tempi di crisi: sacerdoti che celebrano le  messe sopra i tetti delle parrocchie o le trasmettono in streaming per raggiungere i fedeli, preti con la laurea in medicina che tornano in corsia, cappellani degli ospedali che instancabilmente vivono, insieme ai malati e alle loro famiglie, il dolore di questi giorni così difficili; consacrati e consacrate in prima linea accanto ai poveri, ai senzatetto; mamme e papà che, lavorando a casa, gestiscono la crisi cercando di costruire spazi di serenità per il loro figli; medici e infermieri che si prendono cura degli altri togliendo tempo alla vita privata e familiare.

Vocazioni che diventano risposta alle urgenze del momento attuale, durante l’emergenza del Coronavirus, testimonianze credibili per i tanti giovani a cui papa Francesco rivolge il Messaggio per la 57ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.

Il papa sceglie l’icona della notte di tempesta sul lago di Tiberiade (cf. Mt 14,22-33), metafora del viaggio della vita che, tra dubbi, paure e venti contrari, cerca un approdo felice. La vocazione è un viaggio in cui si deve avere il coraggio di osare, di lasciare la riva, di affrontare tempeste, smarrimenti e momenti difficili. «Il Vangelo ci dice, però, che nell’avventura di questo non facile viaggio non siamo soli – rassicura il papa -. Il Signore, quasi forzando l’aurora nel cuore della notte, cammina sulle acque agitate e raggiunge i discepoli, invita Pietro ad andargli incontro sulle onde, lo salva quando lo vede affondare, e infine sale sulla barca e fa cessare il vento».

A fare da bussola in questo viaggio sono quattro parole: gratitudine, coraggio, fatica, lode.

La vocazione è la risposta ad una chiamata fatta da Dio. È Lui che da’ il coraggio di salire sulla barca, che indica la rotta giusta da seguire, è il timoniere che guida, preserva dal pericolo rende «capaci perfino di camminare sulle acque agitate».

Quando il cuore si apre alla gratitudine e riesce a cogliere il passaggio di Dio, si riesce a comprendere la propria chiamata, spiega il papa mettendo in guardia sui fantasmi che spesso agitano il cuore e impediscono di compiere una scelta: «Quando siamo chiamati a lasciare la nostra riva sicura e abbracciare uno stato di vita – come il matrimonio, il sacerdozio ordinato, la vita consacrata –, la prima reazione è spesso rappresentata dal “fantasma dell’incredulità”: non è possibile che questa vocazione sia per me; si tratta davvero della strada giusta? Il Signore chiede questo proprio a me?». Perciò, la seconda parola è “coraggio”. Coraggio quando le giustificazioni e i calcoli fanno perdere lo slancio, portano confusione, paralizzano; coraggio quando si crede di avere sbagliato tutto, di non essere all’altezza.

Ogni vocazione comporta impegno, fatica, ma il Signore vuole rendere ciascuno come Pietro, capace di camminare sulle acque, capace di prendere in mano la propria vita per metterla ogni giorno a servizio del Vangelo. «Se ci lasciamo travolgere dal pensiero delle responsabilità che ci attendono – nella vita matrimoniale o nel ministero sacerdotale – o delle avversità che si presenteranno, allora distoglieremo presto lo sguardo da Gesù e, come Pietro, rischieremo di affondare. Al contrario, pur nelle nostre fragilità e povertà, la fede ci permette di camminare incontro al Signore Risorto e di vincere anche le tempeste».

Quando Gesù sale sulla barca, infatti, il vento cessa e le onde si placano, perché Egli comanda ai venti contrari di tacere e la paura, la rassegnazione non hanno più potere. In ogni vocazione le difficoltà possono indebolire, stancare: «Penso – dice il papa – a coloro che assumono importanti compiti nella società civile, agli sposi che non a caso mi piace definire “i coraggiosi”, e specialmente a coloro che abbracciano la vita consacrata e il sacerdozio. Conosco la vostra fatica, le solitudini che a volte appesantiscono il cuore, il rischio dell’abitudine che pian piano spegne il fuoco ardente della chiamata, il fardello dell’incertezza e della precarietà dei nostri tempi, la paura del futuro. Coraggio, non abbiate paura!».

Anche in mezzo a tante difficoltà, quindi, la vita si può aprire alla lode. È un atteggiamento da coltivare e vivere sull’esempio di Maria che, grata «per lo per lo sguardo di Dio che si è posato su di lei, consegnando nella fede le paure e i turbamenti» ha fatto della sua vita un canto di lode.

 

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