Fondare la fraternità

 

Oggi si parla molto di fraternità. È diventata postulato antropologico, esigenza etica e urgenza esistenziale nelle circostanze odierne, con una pandemia che pare non avere fine.

La fraternità, come categoria, sta recuperando terreno nelle scienze sociali e anche nella politica. Da “principio dimenticato”, come spesso si è affermato, è diventata oggetto di studio e di approfondimenti a tutto campo, svelando, in questa linea, delle potenzialità prima sconosciute o pigramente ignorate. Dal suo ingiusto relegamento nell’ambito dei rapporti interpersonali più o meno dettati da motivazioni moralistiche e di carattere esortativo, questa categoria ha fatto un salto di qualità. Per entrare non solo nel campo accademico, ma anche nel mondo del pensiero come una delle tracce fondamentali di “umanesimo rigenerato” (E. Morin).

Il Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato da papa Francesco e dal grande Imam di Al-Azar, Ahmad Al-Tayyedb nel febbraio del 2019, ha segnato una tappa fondamentale non solo nel campo del dialogo interreligioso, ma anche nel cammino dell’umanità, come autorevole prospettiva di futuro. La categoria della fraternità (o fratellanza) può infatti accomunare un ampio spettro di persone, che trovano in essa spazio fecondo di pensiero e azione, al di là di ogni differenza di religione, etnia o cultura.

Ma affinché questa categoria – destinata a diventare stile di vita – dia il massimo, ognuno di noi, ogni cultura, ogni forma di pensiero e ogni religione, deve offrire senza timore ciò che gli è più congeniale e specifico. Da questo punto di vista, il cristianesimo, come visione dell’uomo e della realtà, porge un orizzonte unico, al quale non può rinunciare.

Lo esprime a chiare lettere papa Francesco nella sua recente enciclica, Fratelli tutti: «Come credenti pensiamo che, senza un’apertura al Padre di tutti, non ci possono essere ragioni solide e stabili per l’appello alla fraternità. […] Perché “la ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità”».

“Fondare la fraternità”, di questo si tratta. È la domanda con la quale il cristianesimo interpella la cultura contemporanea: è possibile una fraternità senza il Padre? E potremmo dire, senza la Madre?

Il cristianesimo si svuota di senso e diventa culturalmente insignificante se abdica dal porre, con coraggio, questa domanda. Nel farlo, il cristiano non si allontana dai suoi compagni di viaggio nella storia, diversamente credenti o non credenti, ma dona senza imposizioni ciò che costituisce il suo tesoro più prezioso: una trascendenza dal volto personale, che fonda in profondità tutto l’umano.

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