Filosofia e teologia

Dall'Accademia di Platone all'avvento del cristianesimo, il cammino della riflessione umana alla ricerca della verità.
Mosaici

L’attualità del tema concernente il rapporto tra filosofia e teologia mi induce ad offrire alcuni spunti al fine di delineare il compito che, a mio avviso, spetta oggi al filosofo cristiano.

Vorrei ripensare tale rapporto attraverso una sua sintetica rivisitazione storica, a partire dagli albori del pensiero filosofico nella Grecia del VI secolo a.C.

È lì che la filosofia sorge come visione del mondo e della vita, e non tanto come disciplina scientifica volta alla risoluzione di problemi accademici. Fare filosofia consiste nel vivere filosoficamente.

Così è nei primi pensatori greci, significativamente chiamati teologi, proprio per il loro esercizio della filosofia, che Aristotele chiamerà «divina», perché, oltre a condurre a conoscere Dio, essa ha quei caratteri che deve avere la stessa scienza che possiede Dio, cioè la disinteressata, libera, totale contemplazione della verità.

 

Ma soprattutto così è nella scuola di Socrate, nell’Accademia di Platone, nel Liceo di Aristotele, luoghi ove, peraltro, la filosofia raggiunse il suo maggior vigore speculativo. Forse, fra queste, l’espressione più compiuta e più alta ci è offerta dall’Accademia di Platone, vero cenacolo di vita spirituale, di vita di pensiero, diremmo di vita teologica.

È Platone stesso a descriverci, nel noto brano della Lettera VII, questa originaria esperienza che è tensione alla verità, in uno stile di comunanza di vita cui la stessa Verità si offre come dono di illuminazione, e che per questo non è assimilabile ad altre esperienze conoscitive.

Scrive Platone: «Dopo molte discussioni fatte su queste cose, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende da una scintilla che si sprigiona, essa nasce nell’anima e da sé stessa si alimenta». Il convivere genera dunque un filosofare che è essenzialmente un esistere e che per questo concerne l’uomo nella sua interezza e nel suo senso più vero. La filosofia si fa perciò religione e metafisica, matematica e arte.

Non meraviglia che simili scuole abbiano prodotto geni completi, scopritori di verità profonde di cui ancora oggi siamo imbevuti e viviamo.

 

Ma una novità sconvolgente si affaccia nella storia dell’umanità con l’avvento del cristianesimo.

Gesù, il Verbo di Dio che s’incarna, la luce che squarcia ogni tenebra, è anche il maestro. Con lui nasce la scuola nuova, dinanzi alla quale tutte le filosofie precedenti, pur con le loro ardite ed alte concezioni di vita, si dissolvono. Da lui nasce una sintesi completamente nuova di esistenza e pensiero, frutto della Rivelazione che spiega all’uomo ciò che egli veramente è, il significato del dolore e della morte e perfino del suo futuro di risurrezione.

Da allora il cristianesimo si pone come ineludibile punto di riferimento per una filosofia che voglia dirsi tale in conformità alle sue origini, recuperando, al contempo, il senso più profondo del suo essere teologia.

Ne danno testimonianza i grandi filosofi cristiani dei primi secoli – dai Padri della Chiesa d’Oriente a sant’Agostino – e, più tardi, san Tommaso, Duns Scoto, san Bonaventura, il cui intento non è mai stato di elaborare una filosofia cristiana, ma piuttosto di dar vita ad un pensare cristiano, cioè ad una teologia inclusiva della nuova Weltanschauung apportata dal cristianesimo.

 

Il cristianesimo si presenta quindi come una esistenza pensata o come un pensiero che determina una forma particolare di esistenza. Un pensiero, però, che si lascia interiormente penetrare dalla verità rivelata, sì che la conoscenza se ne illumina, sebbene il mistero non si disveli del tutto e continui a richiedere la nostra adesione di fede: intelligenza oscura mediante la quale si percepisce la realtà immensa che è a fondamento della verità rivelata, e perciò capace anch’essa, a suo modo, di illuminare la conoscenza.

I primi grandi pensatori, della Chiesa sia d’Oriente che d’Occidente, ricchi del patrimonio di verità scoperte dalla ragione umana e imbevuti delle verità rivelate, operano in sé stessi un singolare incontro fra grecità e cristianesimo, che è come un trasfondersi dell’una nell’altro. È da qui che si origina una filosofia nuova, profonda, completa, unitaria, la quale sempre più penetra il significato del messaggio portato da Gesù, ponendosi a risposta dei problemi sollevati dalla riflessione umana. E di tale nuova filosofia essi stessi sono l’espressione esistenziale.

(continua)

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