Enzo Bianchi: le vie dell’unità

A margine di una conferenza tenutasi presso la chiesa luterana tedesca di Roma, organizzata dal pastore Martin Kruse, l’ex priore della comunità di Bose traccia tre vie per il cammino ecumenico. I gesti valgono più delle parole.

Una lunga esperienza ecumenica nel monastero di Bose, in provincia di Biella, in Piemonte, che ha fondato nel 1968. Preghiera, studi, vita di comunione tra 80 membri di 5 nazionalità che indicano una via concreta verso l’unità tra le chiese cristiane. Oltre che a Bose, la comunità è presente anche a Gerusalemme (Israele), Ostuni (BR), Assisi (PG), Cellole-San Gimignano (SI) e Civitella San Paolo (RM). Enzo Bianchi è stato priore della comunità dalla fondazione fino al 25 gennaio 2017. Ogni anno solo dalla Svizzera e dalla Francia giungono a Bose tra i 500 e i 700 pastori delle chiese riformate per svolgere i loro esercizi spirituali.

I gesti più che le parole sono oggi i segni profetici per l’ecumenismo e papa Francesco indica la via a Cuba, Lesbo, Lund «perché – spiega Enzo Bianchi − oggi di più non si può pretendere. Le chiese sono lente, anche a convertirsi, ma i segni profetici restano».

Il gesto di Paolo VI che si inginocchiò di fronte al teologo Melantone ha aperto il cuore agli ortodossi. «Da allora – ricorda Enzo Bianchi – gli ortodossi non hanno più paura dei cattolici. I documenti, gli approfondimenti teologici, i dialoghi bilaterali vanno fatti, ma solo i gesti apriranno al popolo cristiano una via per la riconciliazione. Quando ho cominciato ad essere cattolico cosciente il Signore mi ha dato papa Giovanni XXIII, adesso che me ne vado ho papa Francesco. Avere avuto due primavere è molto per un cattolico che sovente vive di lunghi inverni e primavere con gelate repentine».

Tra i nodi del dialogo teologico con le altre chiese cristiane resta il problema dell’Eucaristia. Con gli ortodossi non è praticata l’ospitalità eucaristica, la reciprocità di poter accedere al Sacramento nell’una o nell’altra chiesa, nonostante si condivida la stessa visione.  Permangono le chiusure. «Cosa ho imparato? – commenta Enzo Bianchi – . Dove ci sono situazioni di persecuzioni, di minoranza, come in Siria, la chiesa siriaca ortodossa permette l’accesso all’Eucarestia in altre chiese se i suoi membri non trovano una loro chiesa. Nella nostra comunità di Bose abbiamo un copto ortodosso e il suo Patriarca, è, però, una persona eccezionale, gli ha permesso di accedere all’Eucaristia cattolica».

Nel cammino dell’unità con i riformati ha avuto molta importanza il cammino del Bem, una commissione di cattolici e riformati su tre temi fondamentali: Battesimo, Eucarestia, Ministero. «A leggere quel testo – interviene Bianchi – si potrebbe dire che la visione dell’Eucaristia tra riformati e cattolici è sostanzialmente la stessa. Però quel testo, più di 20 anni fa, che ricezione ha avuto in molte chiese? Ha avuto un effetto a macchia di leopardo, soprattutto nelle chiese riformate, dove manca un’autorità centrale».

Collegato al problema dell’Eucaristia è il nodo del significato del Ministero perché «la successione apostolica va intesa come per la Chiesa cattolica o c’è una successione che pur è testimoniata in alcune delle chiese della riforma?». Un interrogativo ancora aperto, ma al di là delle diverse interpretazioni, «le chiese luterane hanno conservato la tradizione cattolica sulla fede eucaristica, il vero problema è il Ministero».

Sono tre per Enzo Bianchi le sfide, i rischi che diventano anche delle opportunità nel cammino ecumenico.

«L’Eucaristia non è un premio per i giusti, ma una medicina per i peccatori». Più volte papa Francesco ha ripetuto questa frase riprendendola da Benedetto XVI che cita i padri della Chiesa. Anche se diventa un atto d’accusa solo contro papa Francesco. L’Eucaristia è la prima via che Bianchi indica, anche se faticosa e ardua.

«Chi deve essere escluso? – si chiede Bianchi -. I peccatori? Ma chi è il peccatore che può dire ad un altro peccatore “io ho un peccato per cui vado” e “tu hai un peccato per cui non sei ammesso”. Tutto questo richiede un discernimento e papa Francesco sta tracciando una via, non cambia nulla della dottrina, ma si tratta solo di trovare un cammino per cui l’Eucaristia sia inclusiva senza leggerezze, mantenendo una disciplina per conservare la consapevolezza del Sacramento per poter accedere al di là di alcune situazioni oggettive che glielo impedirebbero».

La seconda via è il matrimonio tra coniugi appartenenti a diverse chiese cristiane. Perché, invece di vedere la famiglia solo come luogo di fragilità, non si possa intravedere in questo tipo di coppie un luogo profetico per aprire delle nuove strade? «Perché non è possibile, sempre ascoltando i teologi, che una coppia che ha una fede in Cristo, ha in comune l’unico Battesimo e il Sacramento del Matrimonio, accedere ad una comune Eucaristia solo in alcuni momenti dell’anno liturgico? Vivono già nell’unico Corpo di Cristo e al momento dell’Eucaristia si separano?».

La terza via è evitare che l’Eucaristia diventi un distintivo confessionale. «Ci vuole la disciplina – conclude Bianchi −, non è per tutti l’Eucaristia,  ma non diventi un sigillo perché si ritorna a quando ero piccolo quando di diceva che noi cattolici avevamo l’Eucaristia, la Madonna e il papa. E i protestanti non li avevano. Questa era la condizione del popolo cristiano. Sono tre vie non facili e non si tratta di interrompere le prassi delle chiese, ma una parola di chiarezza deve esserci perché solo nella chiarezza si può fare un cammino e trovare dei discernimenti per aprire strade per non ignorare l’altro nei suoi desideri».

 

 

 

 

 

 

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