Energia, produrre o risparmiare?

Un alternativa a nuove centrali è l'utilizzo più intelligente di ciò che già produciamo. Il punto di vista di un ingegnere energetico

Parlando non solo di energia dal nucleare, ma di fabbisogno energetico in senso più largo, può essere utile approcciare la questione da un punto di vista diverso: e se l’energia che produrrebbero le centrali progettate – in questo caso quelle nucleari – la volessimo invece risparmiare?

 

Secondo i dati dell’Istituto di ricerche ambiente Italia, nel 2007 sono state riciclate nel nostro Paese 40 milioni di tonnellate di materiali come metalli, vetro, plastica, carta, legno. L’energia risparmiata, ossia quella non più necessaria alla loro rifabbricazione meno quella spesa per riciclarli, corrisponde all’8 per cento del nostro fabbisogno energetico totale (15 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), o al 38 per cento dei consumi del comparto industriale. Si tratta dell’energia prodotta in un anno da 16 centrali nucleari “virtuali” di potenza pari a quelle di cui stiamo parlando (1600 MW). Se invece avessimo destinato lo stesso materiale agli inceneritori o alle discariche ne avremmo accesa meno di mezza, senza contare il rischio di subappalti alla criminalità, la diminuzione di dieci volte i posti di lavoro nella filiera e l’aumento dei costi di gestione e di impianto almeno sei volte. Nel nostro Paese però, unici in Europa, incentiviamo l’incenerimento come produttore di energia “rinnovabile”, quando in realtà secondo questi dati ce ne fa perdere (per il mancato riciclo) 15 volte di più di quella che produce. Gli incentivi (Cip 6) destinati alle rinnovabili infatti vengono dirottati per il 71 per cento a incenerimento e scarti di raffinerie (33 miliardi di euro su 46 negli ultimi dieci anni, dati GSE 2009) grazie ad una legge molto ambigua.

 

Anche ciò che passa nel nostro piatto è parte della nostra personale politica energetica. Secondo la ricerca “Life cycle analysis” dell’Università di Viterbo, produrre un kg di carne costa alla filiera una media di 39 megajoule, ossia circa un kg di petrolio per ogni kg di carne. Significa che se riducessimo il nostro consumo (o forse anche solo gli sprechi) pro capite (98 kg/anno, secondo Federcarni) da 1 kg ogni 4 giorni ad 1kg ogni 5 avremmo acceso un’altra centrale nucleare. Bizzarro, no?

 

Cosa risaputa, poi, è la questione degli standby degli elettrodomestici: se li spegnessimo tutti, calcolando un consumo medio annuo di 472 kwh per ciascuna dei 22 milioni di famiglie italiane (dati del progetto europeo EURECO), avremmo risparmiato poco meno della produzione di una di queste centrali.

 

Insomma, usando bene anche solo i bidoni della differenziata e gli elettrodomestici e facendo attenzione a ciò che mangiamo questi sono i risultati; per non parlare delle ben note questioni dell’isolamento energetico delle abitazioni, dell’efficienza degli elettrodomestici e del preferire il trasporto su rotaia a quello su gomma. Le politiche energetiche dipendono da noi, se sapremo scegliere uno stile di vita sostenibile e chiedere le cose giuste ai nostri amministratori. In cambio dei sacrifici c’è denaro risparmiato, posti di lavoro, un futuro più sereno, e probabilmente lo spazio a tante politiche sociali che essendo in “passivo” attendono risparmi dove ora ci sono degli sprechi. Insomma, un benessere più vero.

 

Nemmeno il fatto che il nostro fabbisogno energetico, in previsione, continuerà a crescere, deve farci credere che tutto sia inutile. È sufficiente un dato su tutti: se il nostro consumo energetico dal 1970 fosse cresciuto senza l’efficienza che possiede ora, sarebbe maggiore del 63 per cento (dati Ocse). Quindi i risultati li sappiamo ottenere. I Paesi emergenti stanno aspettando le nostre tecnologie avanzate per fare altrettanto: non dobbiamo esserne troppo gelosi, se vogliamo un futuro sostenibile per tutti.

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