Ekklesía n. 17: Partecipazione – Autorità – Leadership

Nel nuovo appuntamento la rivista analizza il cammino del popolo cristiano nella sinergia dei suoi tre concetti chiave
Ekklesìa

Il numero 17 di Ekklesía, in uscita in questi giorni, si articola attorno a tre parole-chiave: partecipazione – autorità – leadership.

Innanzi tutto, l’emergere di una crescente prassi di partecipazione nel cammino del Popolo di Dio. Si basa su un’istanza fondamentale del Concilio Vaticano II: l’uguale dignità dei battezzati e il ruolo attivo dei laici nella missione della Chiesa – una prospettiva del Magistero in buona parte ancora da realizzare. Eppure, non si tratta di un profilo della Chiesa che solo in questo nostro tempo viene alla ribalta. Nei primi tempi del cristianesimo, ricorda Carlos García Andrade in una panoramica storica, era vivissimo il ruolo dei laici e decisivo per la stessa diffusione dell’annuncio evangelico.

Tale dinamismo di partecipazione, che con l’attuale processo sinodale mondiale è entrato in una nuova tappa, non abolisce la dimensione dell’autorità. Con un’efficace immagine Matteo Visioli, nel suo articolo fondamentale, paragona il ruolo dell’autorità e quello dell’intera comunità ai due punti focali del colonnato di Piazza San Pietro: non si possono ridurre l’uno all’altro né privilegiare l’uno rispetto all’altro. Sta qui una discriminante della sinodalità rispetto alla semplice democrazia: essa non prescinde dall’autorità ma vi rinvia. E viceversa! Una presa di coscienza emersa pure nel dialogo anglicano-cattolico come illustra una breve nota di Callan Slipper e che fa riflettere Piero Coda sull’ipotesi di un ruolo anche deliberativo degli organi di comunione.

Terza parola-chiave è il termine leadership che necessita di adeguati distinguo quando adoperato in ambito ecclesiale. Si tratta di sviluppare uno stile di guida che non sostituisca e mortifichi la partecipazione bensì la favorisca, anzi la sprigioni e la valorizzi. Una leadership «di comunione», come spiega Jesús Morán, che non può essere identica a quella in atto in altre organizzazioni ma deve essere costitutivamente «al servizio» delle persone e dell’ideale evangelico, sottolineano Eva Gullo e Alberto Frassineti.

Perché, nella Chiesa e oltre (cf. l’articolo di Lucia Fronza Crepaz), si possa sempre più realizzare una simile leadership, ci sono atteggiamenti e linee d’azione da apprendere (da qui una precisa istanza di formazione!). Ne trattano i contributi di Tiziana Merletti e di Christian Hennecke, ma anche testimonianze di esperienze in atto: il vescovo filippino Gerard Alminaza, don Paolo Comba, parroco nella cinta di Torino, e Giulia Iotti – Roberto Ruini a proposito di un’unità pastorale nell’Emilia Romagna.

Tutto ciò si colloca in un orizzonte che non può mai mancare e deve dare l’indirizzo a tutto: la missione. Partecipazione, autorità, leadership non sono fine a sé stesse e non si possono esaurire all’interno della comunità ecclesiale. Il Vangelo non può rimanere affidato alla testimonianza e all’annuncio di pochi “professionisti”, ma deve vedere soggetto tutti i componenti del Popolo di Dio nella quotidianità e in tutti gli ambiti del vivere umano. È quanto viene in rilievo, fra l’altro, nella sezione “Testimoni” che ci porta in Germania, Myanmar, Argentina

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