Editoriale: Sul “luogo” del pensare

 

Fascicolo monografico: Sul “luogo” del pensare

Il pensare – e che cos’è mai il pensare? non in astratto, quando lo si riduce di fatto a un semplice esercizio di “ragione”, ma quando lo si vive come risposta al desiderio che ci abita e ci proietta, da subito, fuori e al-di-là di chi siamo…dove? Non si può forse arguire che, se così è, il pensare altro non è che il gratuito e arrischiato attraversamento della soglia che introduce nel luogo ove il mistero dell’E/essere è infine accolto e restituito per quel che è, nel suo stesso darsi: grazie al farsi libertà, nel gioco di tale reciproca dedizione, dell’essere che così noi stessi siamo?

Certo è che, se da quando la scintilla del pensare è scoccata nell’accendersi della coscienza umana quest’interrogarsi non s’è più spento e da quand’è nata la filosofia s’è persino fatto consapevole sapere che ha segnato, per tanti versi, la storia della cultura e della società, almeno in Occidente, c’è però qualcosa d’inedito e urgente che lo rimette oggi in primo piano: come da tempo, ormai, più non capitava. E anche se molte cose sembrano o vogliono far sembrare – ma, c’è da chiedersi, per quale occulto interesse? – proprio il contrario.

Ma la traditio del pensare in Occidente è quella e solo quella che il “nuovo pensiero” è chiamato a superare? o c’è dell’altro? c’è anzi un’eredità che si accredita originale, imperdibile, pregna ancora d’im-prevedibili e preziosi sviluppi? che ne è, in questa peculiare traditio, del luogo del pensare che ne decide il tenore, la qualità, lo stile? È ciò che nel presente fascicolo di «Sophia» si propone di cominciare a vagliare grazie ad alcuni colpi di sonda lanciati nella direzione di altrettanti momenti significativi del suo percorso.

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