Draghi all’ONU: determinati contro l’autocrazia di Putin

Il presidente del Consiglio ha riaffermato con fermezza la scelta di sostenere militarmente l’Ucraina come «unica scelta coerente con gli ideali di giustizia e fratellanza che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite». Forte invito alla Russia a non violare ulteriormente il diritto internazionale con l’indizione del referendum d’annessione dei territori contesi con l’Ucraina, spinta all’escalation del conflitto. Le parole su crisi climatica, migranti e riforma dell'Onu
Mario Draghi (AP Photo/Jason DeCrow)

Mario Draghi è intervenuto all’Assemblea delle Nazioni Unite con un discorso che sintetizza con grande chiarezza la sua visione politica internazionale, con l’attenzione mirata sulla guerra in Ucraina.

Probabilmente si tratta dell’ultimo grande discorso da presidente del Consiglio nell’imminenza delle elezioni politiche del 25 settembre, ma la gestione ordinaria del governo ancora in carica sta avvenendo in tempi straordinari e lo chiamerà in causa su diversi fronti, considerando la nuova mobilitazione lanciata dal presidente russo Putin in vista del referendum indetto entro il 27 settembre sull’annessione dei territori contesi con l’Ucraina e cioè le autoproclamate repubbliche autonome di Donbass, Lugansk e Donetsk, e le aree degli oblast di Kherson e Zaporizhia.

L’intervento di Draghi è perciò una vera e propria summa della visione occidentale espressa dal presidente del Consiglio, riconosciuto come “statista dell’anno”, in una cerimonia organizzata il 19 settembre dalla Fondazione interreligiosa statunitense Appeal of Conscience.

Per l’ex governatore della Bce chiamato a guidare un governo di emergenza nazionale in Italia, «aiutare l’Ucraina a proteggersi non è stata soltanto la scelta corretta da compiere. È stata l’unica scelta coerente con gli ideali di giustizia e fratellanza che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite e delle risoluzioni che questa Assemblea ha adottato dall’inizio del conflitto».

Draghi è entrato nel dettaglio delle operazioni militari e delle corrispondenti sanzioni economiche impartite alla Russia per fiaccarne la capacità bellica, ribadendo ad ogni modo che «il nostro obiettivo è la pace. Una pace che sia ritenuta accettabile dall’Ucraina, la sola che può essere duratura e sostenibile».

Draghi dopo aver ribadito che la Russia non ha dimostrato di volere la fine del conflitto, ha affermato con nettezza che «i referendum per l’indipendenza nel Donbass sono un’ulteriore violazione del diritto internazionale che condanniamo con fermezza».

L’annessione dei territori da parte russa comporterebbe infatti, come ognuno può capire, l’ulteriore escalation del conflitto bellico considerando, da parte di Mosca, ogni attacco armato verso quei territori come diretto contro la Russia stessa, con effetti ritorsivi a catena non controllabili.

Va letto, perciò, con grande attenzione il discorso che Draghi ha tenuto per ringraziare la fondazione interreligiosa che lo ha premiato dopo una laudatio eseguita dal quasi centenario Henry Kissinger, segretario di Stato dell’era Nixon: «La questione di come affrontiamo le autocrazie – ha detto Draghi – definirà la nostra capacità di modellare il nostro futuro comune per molti anni a venire. La soluzione risiede in una combinazione di franchezza, coerenza e impegno. Dobbiamo essere chiari ed espliciti sui valori fondanti delle nostre società. Mi riferisco alla nostra fede nella democrazia e nello Stato di diritto, al nostro rispetto dei diritti umani, al nostro impegno per la solidarietà globale.

Questi ideali dovrebbero guidare la nostra politica estera in maniera chiara e prevedibile, e sottolineo prevedibile. Quando tracciamo una linea rossa, dobbiamo farla rispettare».

Un intervento diretto e preciso, in stile anglosassone e senza fronzoli, come quello espresso poi in quell’assemblea generale dell’Onu che, come riconosciuto da Draghi «è il luogo in cui il mondo si apre al dialogo e al confronto, elementi essenziali per una coesistenza pacifica fra Paesi».

Le Nazioni Unite restano perciò ancora il luogo del dialogo anche se, come tutti sanno, minato alle fondamenta dai veti del Consiglio di sicurezza.

Draghi ha sostenuto la necessità di una riforma dell’Onu, rivendicando il contributo offerto dall’Italia, «Siamo il principale contributore di Caschi Blu tra i Paesi europei», e ricordando l’azione mediatrice nello sbloccare i carichi di grano dai porti ucraini minati, senza dimenticare di citare il ruolo avuto dal Segretario Generale Guterres e dalla Turchia.

Draghi ha accennato a vari argomenti, dall’impegno contro il riscaldamento climatico («la crisi ambientale ci coinvolge tutti, e dobbiamo uscirne tutti insieme») alla questione epocale delle migrazioni («dobbiamo avere un approccio responsabile, umano, condiviso»), alla riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite («per renderlo più rappresentativo, efficiente, trasparente»), ma il fulcro del suo intervento è stato, e non poteva essere altrimenti, il sostegno all’Ucraina: «Abbiamo risposto alle richieste del presidente Zelensky, perché un’invasione militare pianificata per mesi e su più fronti non si ferma soltanto con le parole. Abbiamo imposto sanzioni senza precedenti alla Russia, per indebolirne l’apparato militare e convincere il presidente Putin a sedersi al tavolo dei negoziati».

Draghi ha ribadito che «i soldati ucraini hanno obbligato la Russia a un conflitto più lungo e logorante, grazie anche alla nostra assistenza militare», tanto da poter dire che «l’esito del conflitto resta ancora imprevedibile, ma Kiev sembra avere acquisito un vantaggio strategico importante».

In tale contesto va letta perciò l’assicurazione finale del discorso dove Draghi ha affermato che «l’Italia continuerà a essere protagonista della vita europea, vicina agli alleati della Nato, aperta all’ascolto e al dialogo, determinata a contribuire alla pace e alla sicurezza internazionale».

Una certezza di continuità e affidabilità in politica estera che già questa estate Draghi ha detto di vedere per qualsiasi tipo di maggioranza che lo sostituirà, tra pochi giorni, nel governo del Paese.

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